Pinguini in cucina – Pinguini nel salotto https://pinguini.xxmiglia.com Un blog di cui vergognarsi Wed, 12 Dec 2012 10:35:54 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.2.2 Pinguini in cucina IX: Maiale alle mele facile e poetico https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/12/pinguini-in-cucina-ix-maiale-alle-mele-facile-e-poetico/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/12/pinguini-in-cucina-ix-maiale-alle-mele-facile-e-poetico/#comments Wed, 12 Dec 2012 10:35:54 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1418 Con le mele un bel maiale
piace a tutti e non fa male,
è per questo che zio Luca
ve lo impara, e non dà buca.

Cominciam con gl’ingredienti,
ve lo giuro, non son venti.
Una lonza di quattr’etti,
mela e mezza ma a pezzetti,
una bionda gran cipolla,
dell’aceto, che sia in bolla,
sale e pepe, come godo,
olio EVO e un po’ di brodo.

Cominciam con l’affettare
tutto il nostro buon mangiare.
“Grunt” faceva quel porcello,
fallo a pezzi col coltello,
pezzettoni medio-grandi,
come il naso di quel Gandhi.
La cipolla e i frutti gialli
sbuccia tosto e a pezzi falli,
prendi quindi un bel padello
dove metti l’ex-porcello.

Un po’ d’olio, grande fuoco,
sfrigolar lo faccio un poco.
Quando sembra rosolato
ecco aggiungo il trifolato,
ma perché ciò non si bruci
è l’aceto or che scuci,
anzi no, mi son sbagliato,
prima il brodo va ficcato.
Sala e pepa a tuo piacere,
e tre calci nel sedere,
se non giri tutto quanto
e ne meni un giusto vanto.

Se il suino appare pronto,
te lo dico ché sei tonto,
con un poco di pazienza,
tu lo estrai, ne farai senza.
Cuoci ancora tutto il resto,
alla fin sarà assai pesto,
Il fu Gimmi allor rimetti:
scalda ancor quei bei tocchetti.

Ecco fatto, puoi mangiare,
e alla fine sputtano la metrica.

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Pinguini in cucina VIII: Pasta del Compagnone https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/05/pinguini-in-cucina-viii-pasta-del-compagnone/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/05/pinguini-in-cucina-viii-pasta-del-compagnone/#comments Wed, 09 May 2012 06:35:49 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1248 Innanzitutto: donne, pussate via. Oggi cuciniamo un piatto molto semplice, ma che si addice solo ai maschietti. I più sempliciotti potranno chiamarla “pasta con fave e piselli”, ma chiamarla Pasta del Compagnone fa più ridere perché, ora vi spiego, “fava” e “pisello” sono due modi per indicare il membro virile. Siccome solo i maschi lo posseggono,  e il compagnone è un maschio, ecco fatto il calembour.

Prepararsi
Nessuna donna in vista? Ottimo. Ora chiamate il vostro amico compagnone Pierdomenico, detto Gus (pronunciato all’inglese, chiamato così perché emette un sacco di gas) perché vi intrattenga e indossate il vostro grembiule con le donne nude sopra. Cucina virile, ricordate!
Raduniamo gli ingredienti per due persone. Se volete farlo  per una sola, dividete per due. Se non vi ricordate come si divide per due, ripetete la terza elementare.

Abbisognerete di:
– fave fresche, circa 600 g con la buccia
– piselli surgelati, circa 200 g (un attimo, perché le fave fresche e i piselli surgelati? Perché così vuole la tradizione. Vorrete mica cambiare la ricetta?)
– pasta corta, 200 g o anche un po’ di più, se avete fame. E, anche se vi verrà la tentazione visto il tema, non usate le minchiette. Son di cattivo gusto.
– olio extravergine di oliva
– un terzo di cipolla
– (facoltativo) qualche dadino di pancetta dolce, ma non troppa. Diciamo 30g.
– sale
– pepe. Usate quello da macinare al momento, è tutta un’altra cosa.
– grana/parmigiano

E l’attrezzatura:
– una padella col suo coperchio
– un cucchiaio di legno
– pentola + scolapasta
– coltello e tagliere

Cucinare
Avete preso tutta l’attrezzatura? Bene, mettetela da parte, perché prima bisogna sbucciare le fave. Sarebbe un lavoro noiosino, se non ci fosse Pierdomenico detto Gus per discutere di cose da uomini. Per iniziare parlerete di motori. Fate pure l’elenco delle macchine sportive che vi piacerebbe comprare, ma poi rilevate che consumano un sacco, e la benzina costa. Entrate pure nel dettaglio tecnico su particolari come il numero di cavalli o lo spazio di frenata. Tempo di arrivare a discutere della scelta dei pneumatici e vualà! le fave sono state sbucciate. Se siete un po’ schizzinosi, potete togliere lo strano più esterno delle fave più grosse, che risulta più duro, ma, guardatemi, non vi pare una cosa poco virile da fare?
Preparate ora il soffritto. Tagliate finemente la cipolla  sul tagliere, e mettetela nella padella con olio e, se vi va, con la pancetta. Fate appassire a fuoco lento la cipolla e la pancetta per qualche minuto girandola col cucchiaio (nel frattempo, se vi va, potete intrattenere Pierdomenico detto Gus dissertando sulla vostra marca di lamette da barba preferita), e poi aggiungete le fave e i piselli. Aggiungete un po’ d’acqua, salate, rimescolate, coprite, e aspettate che si cuociano. Ci vorrà una mezzoretta abbondante: ogni tanto controllate, rigirate e, se vi pare asciutta, aggiungete ancora acqua.

Durante la cottura E’ giunto il momento di parlare di figa con Pierdomenico detto Gus. Raccontate delle bocce della cameriera di quel pub e di tutto quello che le fareste. Esagerate pure un pochino. Proseguite raccontando qualche aneddoto di quella volta che avete rimorchiato una tedesca in spiaggia. Esagerate pure un pochino. Deviate poi sui particolari anatomici delle femmine che preferite. Qui avete abbastanza libertà, ma per essere virili dovete amare le tette grosse. Esagerate pure un pochino. Se, per qualche strana ragione, la conversazione sulla figa non riuscisse a occupare tutto il tempo, parlate di fucili da caccia.

Forse i legumi non sono ancora completamente cotti (assaggiate, non siate timidi! la timidezza non è da Veri Uomini), ma è comunque ora di mettere su la pasta. Sapete come fare, vero? Ne abbiamo già parlato, e poi non siete mica nati ieri. Siete uomini di mondo.
Cuocete per il tempo indicato sulla confezione della pasta. Avrete una decina di minuti di tempo da dedicare al calcio. Non avete ancora parlato di calcio! Che uomini siete? Prendete in giro bonariamente Pierdomenico detto Gus per le sconfitte della sua squadra del cuore, e offendetevi quando lui farà lo stesso. Litigate un po’, ma alla fine convenite entrambi che la Juve ruba e tornate amici.

La pasta è cotta, scolatela e versatela nella padella dei legumi. Rimescolate ben bene a fuoco alto, poi spegnetelo, aggiungete un filo di olio crudo e una spolverata di pepe. Servite in tavola e, se vi piace, aggiungete il formaggio grattato. Ora potete mangiare in santa pace e iniziare a parlare di smalti, borsette e peli superflui.

Bere, varianti e impatto anale
E’ un bel dilemma l’accompagnamento. Nonostante quel che dice Hannibal Lecter, io con le fave vedo meglio un bianco un po’ corposo rispetto a un Chianti. E’ però vero che il vino bianco è meno mascolino del rosso, quindi, ok, andate di Chianti. Niente fegato umano, però, se possibile.
Le varianti possibili sono diverse. Innanzitutto, se togliete la pancetta e il formaggio, viene un piatto vegano. Ma essere vegani è l’antitesi della virilità, quindi, se non vi piace il formaggio sulla pasta e non avete pancetta, come minimo metteteci un po’ di burro. Una variante molto popolare è combinare con fave e piselli anche i carciofi:  la preparazione qui però si complica un po’, e si sa che la cucina complicata è roba da donnicciuole. Infine, molti trovano che il prezzemolo si sposi benissimo con fave & piselli, ma, secondo me, sta poco bene col pepe, e il pepe è da Uomini Veri. Se volete perdere qualche punto-uomo, quindi, potete sostituire il pepe col prezzemolo.
L’impatto anale è abbastanza basso, si digerisce facilmente ma siccome si tratta di legumi, il vostro amico Pierdomenico detto Gus potrà tener fede al suo nome. E i peti, ricordiamolo, sono cose da uomini.

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Pinguini in cucina VII: Fajitas di pollo eterodosse alle tre salse https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2011/03/pinguini-in-cucina-vii-fajitas-di-pollo-eterodosse-alle-tre-salse/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2011/03/pinguini-in-cucina-vii-fajitas-di-pollo-eterodosse-alle-tre-salse/#comments Tue, 15 Mar 2011 08:10:17 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=939 Continuano le ricette esotiche da queste parti, questa volta su ispirazione del mio cuoco pseudo-iberico prefrito Serir. E siccome egli sta in Spagna e in Spagna parlano spagnolo, mi ha passato una ricetta messicana: i più attenti ricorderanno infatti che anche in Messico si parla spagnolo, ma, attenzione!, il Messico non è in Spagna. Confusi? Anch’io. La base della ricetta è quindi di Serir, a cui rendo omaggio, ma è stata elaborata e migliorata da me. Ad esempio, eliminando ogni traccia d’aglio.

Quindi oggi faremo le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse. Eterodosse perché non sono certamente quelle canoniche che mangiate al ristorante messicano, e che sono pur pregevoli; di pollo perché c’è il pollo e alle tre salse perché metteremo su ben tre condimenti per il vostro delizioso piatto.  Siete pronti? Ottimo!

Prepararsi

Per fortuna stasera Ignazio è andato a cagare il cazio a qualcun altro, e Clarabella aveva il suo torneo di canasta marinara. Quindi, per tenerci compagnia, invece di accendere MTV, oggi canteremo.  Musica italiana, su, che siamo in periodo di anniversari. Scaldiamoci l’ugola con Alla fiera dell’est di Angelo Branduardi. Non siate timidi, su con quelle corde vocali! Per due soldi, un topolino mio padre comprò. Forza, non siate timidi!

Ingredienti per due persone abbondanti, o una persona per due volte, abbondanti anch’esse:
– tortillas: le stesse del chili con carne. Andate per documentarvi, ma poi tornate qua. Per queste dosi ve ne servono otto.
– un petto di pollo intero, non a fette. Circa 400 g, se è più grosso surgelate il surplus, altrimenti poi mi ingrassate.
– un peperone rosso e uno giallo, che fa più colore
– funghi sciampignoni, freschi o surgelati, circa 50 g (ma anche di più o di meno a seconda dei vostri gusti)
– una birra da battaglia. Ma non esagerate con la tirchieria, non scendete sotto la Moretti. La Dreher no, pietà!
– una scatola piccola di fagioli in scatola (rossi o neri, se li trovate, altrimenti anche borlotti). Per “piccola” intendo una di quelle che vendono in blocchi da tre. Le altre due le mangerete un’altra volta.
– formaggio tipo Galbanino, grattugiabile ma dal sapore non troppo deciso. Oh, insomma, Galbanino e basta. Circa 50 g.
– una cipolla media e una grossa. O due cipolle medie e una piccola. O due cipolle grosse e ne avanzate un po’.
– un avvocato maturo. Fate pure, se volete, battute sui professionisti brizzolati.
– succo di limone. Come per la ricetta dell’insalata brasiliana
– olio EVO: non è strafico poter dire EVO come i professionisti?
-sale
-pepe
-zenzero in polvere
-paprica
-origano
-peperoncino

Per quanto riguarda l’attrezzatura avrete bisogno di:

– un padellone gigante e dai bordi anche un po’ alti
– uno scodellone per marinare
– coltellino affilato e tagliere
– due  o tre scodelline da servizio: su, tirate fuori quelle buone, altrimenti rimangono lì nell’armadio a prendere polvere per sempre.
– un piatto fondo
– forchette e coltelli assortiti
– cucchiaio di legno
– un fornello
– frullatore (sì, andiamo sul difficile…)
– una grattugia
– il vostro amato grembiule

Pronti? via!

Cucinare

Innanzitutto, mariniamo e cantiamo Piccolo grande amore di Claudio Baglioni. Prendete il petto di pollo e tagliatelo a cubetti abbastanza piccoli, diciamo 1 cm di spigolo. Metteteli nella scodella da marinatura e versatevi la lattina di birra da battaglia insieme a origano e peperoncino. Qui va anche un po’ a vostro gusto, potete sbizzarrirvi nelle marinate: tequila, altre spezie, banane, guano di pipistrello, gattini, smeraldi . Vedete un po’ voi, io uso solo birra, origano e peperoncino (manco troppo). Deve marinare almeno una mezzoretta, quindi fatelo per primo. Ma io questa cosa qui,  mica l’ho mai creduta…

Passiamo ora alla prima delle tre salse, il guacamole. Vi ho già detto che non amavo l’avvocato, ma ora l’ho scoperto e sono un uomo più ricco? Bene. Allora, innanzitutto lasciate stare l’avvocato e tagliate finemente la cipolla media, più finemente possibile. Vi concedo anche l’uso del frullatore, se volete. Ora sì, potete prendere l’avvocato maturo; sbucciatelo e tagliatelo a pezzettini, mettendoli in un piatto fondo, e bagnatelo subito con un poco di succo di limone altrimenti diventa nero e poi il vostro ospite vi lascia con un palmo di naso.  Schiacciatelo con una forchetta e con un po’ di pazienza, ci vorrà qualche minuto in modo che sia amalgamato il più possibile, poi aggiungete la cipolla tritata e un pizzico di sale. Contemplate la vostra opera e cantate Azzurro. Se siete persone di classe, metterete il guacamole così fatto in una delle scodelline da portare in tavola, se invece, come me, siete delle persone orribili, porterete in tavola il piatto fondo.

Prima di fare le altre due salse, che sono facili, imbastiamo la parte forte del piatto, che chiameremo il Mescolone. Per prima cosa, tagliamo la cipolla grossa, a pezzettoni generosi, e i peperoni, a pezzi normali. Non c’è il leone, chissà dov’è. Li mettiamo nel padellone con dell’olio come si deve, li saliamo immediatamente acciocché caccino via l’acqua, e li facciamo andare a fuoco basso. I funghi per ora no, ma se li avete presi interi, lavateli e tagliateli a lamelle ora. Li aggiungerete più tardi, ora fate i bravi e passate a La solitudine di Laura Pausini.

Ci vorrà un pochino, perché, come sapete a me i peperoni piacciono ben cotti, quindi nel frattempo potete preparare le altre due salse. Scolate parzialmente i fagioli in scatole, e toglietene circa un quarto.  Questi li fate asciugare bene, mentre i rimanenti tre quarti li frullate col loro brodino. Vrrrrr! Chissà se tu mi penserai, se con i tuoi non parli mai. Vrrr! Oh, che disdetta, il frullatore ha coperto la Pausini. Mettete la crema così ottenuta  in una delle  scodellina da servizio e aggiungete i fagioli interi. Schiacciateli un pochino, ma lasciate qualche pezzettone, fidatevi che va bene così. Ed ecco fatta la fagiolada.

Infine, il formaggio. Prendete il galbanino, e con pazienza grattatelo con la grattugia. Inveirete un pochino perché è mollo e vi si sbriciola in mano, ma voi intanto state cantanto Dieci ragazze di Lucio Battisti e il mondo vi sorride: Mat-to! Quello è proprio matto perché, forse non sa… Ottimo, il formaggio così ottenuto va nella terza scodellina da servizio. Non siete fieri di voi? Purtroppo, mentre preparavate il formaggio vi ha telefonato Ignazio per farvi notare che questa non è tecnicamente una salsa, quindi dovreste chiamare la ricetta “fajitas di pollo eterodosse alle due salse più Galbanino grattuggiato”, ma fortunatamente voi cantavate troppo forte e non avete sentito il telefono.

Nel frattempo i peperoni e la cipolla si sono cotti a metà, e potete aggiungere i funghi. Salate ancora un pochino e fate andare a fuoco medio-basso finché non si sono ammorbiditi. L’operazione verrà allietata da quella gran bella canzone che è Felicità di Al Bano e Romina Power. Un bicchiere di vino con un panino è la felicità. Ci avviciniamo alla fine: torniamo alla marinata e la scoliamo bene. No, quella birra non la potete bere. Mi raccomando a non lasciare troppa birra residua, altrimenti ci metterà un’eternità ad asciugarsi e poi fa un po’ troppo pappone. Alziamo il fuoco a manetta e aggiungiamo quindi al mescolone globale il pollo sussurrando le immortali parole del Lucio Dalla di Disperato, erotico stomp: Sono molto preoccupato, il silenzio mi ingrossava la cappella. Aggiungete al mescolone le spezie rimanenti: paprika, pepe, ancora un po’ di peperoncino (non esagerate!) e zenzero. Mi raccomando lo zenzero: dà il tocco vincente al piatto, credetemi. Salate ancora un pochino se è il caso (assaggiatelo, dai!) e poi fate consumare il liquido in eccesso.

Mangiare, bere e impatto anale

Le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse si servono con le tortillas. Dateci una scaldata veloce in forno, padella o microonde (appena appena, mi raccomando, non fatemele divenire croccanti). Poi ogni commensale (o solo voi se siete da soli. D’altronde, dopo avervi sentito cantare nessuno si stupisce se siete soli soletti) si mette una tortilla nel piatto e ci spalma sopra le salse che preferisce.  Ci stanno bene anche tutte e tre insieme, ma se preferite ne potete utilizzare anche due  o addirittura una alla volta. Tuttavia il senso del piatto è il mischiaggio globale, quindi è meglio se ci mettete un po’ di tutto. Metteteci poi una cucchiaiata o due di mescolone, e avvolgete. I più audaci mangeranno con le mani, e si sporcheranno non poco. Niente di male, in questo, ma io preferisco usare coltello e forchetta. Gnam.

L’accompagnamento più naturale del piatto è la birra, possibilmente di tipo fresco e leggero. Non storcete il naso, se volete sbronzarvi basta berne qualcuna di più, dov’è il problema? Non riesco proprio a immaginare nessuna bevanda differente, quindi, se non bevete alcolici, zitti e acqua.

L’impatto anale è piuttosto pesante. Il guacamole contiene cipolla cruda, e l’avvocato stesso non è mica leggerissimo; nel mescolone ci sono un sacco di cipolle e di peperoni; avete mangiato poi fagioli e formaggio, e un sacco di spezie strane; e poi scommetto che siccome la birra era leggera ne avete bevute un sacco. Beh, ecco le buone notizie per voi: vi rimarrà tutto sullo stomaco, suderete, farete puzzette, probabilmente avrete anche l’alito cattivo e le cipolle trasuderanno dalla pelle. Quindi, se volete sconfiggere le tentazioni della carne, le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse sono il vostro migliore alleato!

Ancora un grazie di cuore a zio Serir per la ricetta originale, anche se la sua era meno buona perché c’era l’aglio.

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Pinguini in cucina VI: Insalata di riso alla brasiliana https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2011/01/pinguini-in-cucina-vi-insalata-di-riso-alla-brasiliana/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2011/01/pinguini-in-cucina-vi-insalata-di-riso-alla-brasiliana/#comments Thu, 27 Jan 2011 07:35:05 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=877
Purtroppo, oggi in cucina con voi c’è il cugino Ignazio, detto “il cagacazio”, che vi farà le pulci su ogni cosa. I commenti di Ignazio sono in blè.

Ancora roba etnica da queste parti, gente, e ancora una roba che potete usare per la pausa pranzo. D’altronde, se volete i ravioli della nonna li chiedete alla nonna, non vi rivolgete mica a Pinguini in cucina.

La nonna non ha mai fatto i ravioli, al massimo gli agnolotti. E poi non ho capito, con tutta la roba buona che c’è in Italia perché dobbiamo andare a fare le cose straniere?

Ma andiamo con ordine. Non son mica tanto sicuro che questa ricetta abbia qualcosa a che fare con il Brasile, ma nel libro di ricette che mi è stato regalato a Natale la spacciavano come tale. Io l’ho provata, mi è piaciata, l’ho modificata leggermente (come sempre,  ho la presunzione di saperla più lunga del redattore delle ricette ), l’ho rifatta e ve la propongo.

Lo sanno tutti che le ricette vanno seguite passo per passo, se cambi qualcosa poi non viene bene.

Che poi a me il Brasile non è mai stato simpaticissimo, se devo confessare, come già dissi in Razzismo. Mi ripeto e rincaro la dose: ci hanno i calciatori che vogliono tutti giocare in attacco, ci hanno l’Amazzonia che tutti chiamano il Polmone Verde e l’immagine mi fa un po’ schifino, ci hanno il Carnevale che è una festa che mi è proprio antipatica, e soprattutto ci hanno i ragni più grossi del mondo, quindi in Brasile non ci voglio andare. Però l’insalata di riso alla brasiliana è un sacco buona. Fatela anche voi, è facile.

Ma non ti vergogni a dire tutte queste sciocchezze? Il Brasile è un paese ricco di storia e di cultura.

Prepararsi

Vi darò la ricetta per una sola persona. L’insalata di riso brasiliana è un piatto triste che va consumato davanti a un monitor (vedi sotto “mangiare”).  Eccone gli ingredienti:

75 g di riso. Io uso il basmati, mi pare che ci stia benissimo.

“Mi pare”…la ricetta cosa diceva? E ti pare che in Brasile usano il basmati? Usa il riso brasiliano, vedrai che viene meglio!

30g di piselli surgelati. Risparmiate e prendete quelli di marca-supermercato. Sono buoni lo stesso.

I piselli devono essere freschissimi e sgranati con le vostre mani, altrimenti il piatto viene uno schifo.

75g di gamberi sgusciati. Io, che sono un morto di fame e che non amo maneggiare il pesce crudo, compro quelli surgelati dai negozi di pesce surgelato. In tal caso, pesatene 100 g, o anche qualcosina di più, e scongelateli prima: qualche minuto nel microonde sarà sufficiente.

Non so nemmeno da che parte cominciare per dirti tutte le cose sbagliate…gamberi freschissimi, e se costano meno di 60 € al kg non vanno bene.

mezza mela: la Melinda è perfetta, ma una volta che avevo solo le mie amate Pink Lady ho usato una di queste, e evviamente il piatto è venuto ottimo. Consiglio solo di evitare mele farinose, devono essere croccanti.

E allora facciamo le cose a caso, sperimentiamo con quello che ci pare!

il succo di mezzo limone: confesso che io uso quello già spremuto che intanto si conserva un sacco.

Si conserva un sacco perché ci ha i conservanti. E poi come faccio a sapere quant’è il succo di mezzo limone? Ci sono limoni più e meno succosi!

mezzo avvocato: la gag del giorno è chiamare “avvocato” quelli che i non-spiritosi chiamano “avocado”. Che sia maturo al punto giusto, mi raccomando.

Intanto l’avvocato è una professione dignitosissima che non deve essere presa in giro, e poi se si chiama “avocado” perché devi chiamarlo con un altro nome? E poi, dell’altro mezzo che me ne faccio?

Sale, pepe, acqua

E l’attrezzatura:

Una pentola bassa e larga col suo coperchio

Un cucchiaio di legno

Un coltello

Un fornello

(facoltativo) Un forno a microonde

(No, non è che Ignazio non abbia nulla a che ridire su tutto questo, ma l’ho mandato a prendere l’aceto di banane in cantina. Anche se non mi servirà, almeno sto un pochino in pace…)

Eccomi! Ma a che ti serve l’aceto di banane?

Basta! E’ una ricetta che chiede davvero poco!

E allora non sarà mica tanto buona…

Cucinare

Intanto metto le mani avanti: il modo in cui vi farò preparare il riso non a tutti piace. Io sono nemico di coloro che, per fare l’insalata di riso (o di pasta) passano il riso (o la pasta) sotto l’acqua fredda dopo la scolatura per fermare la cottura. A me piace che si senta l’amido e non mi disturba il riso colloso, anzi, forse mi piace anche di più, mentre trovo che lavandolo dopo la cottura finisca per non sapere di niente. E’ per questo che vi faccio preparare il riso a mo’ di risotto semplificato, invece che con la tradizionale cottura e scolatura. Se siete contrari a questo approccio, probabilmente siete belgi o aglioti o Ignazi.

Secondo me è meglio lavarlo, ma che te lo dico a fare, intanto fai come ti pare…

Una parola prima di iniziare, ché vi conosco che voi iniziate a cucinare prima di aver letto tutto e poi vi ritrovate nei guai:  se usate i gamberi surgelati e non avete un forno a microonde, metteteli a scongelare prima. Non ci vorrà molto, un’oretta o poco più, ma i gamberi vanno scongelati.

E se li prendete freschi, non c’è bisogno di scongelarli. Uff, si stanca avere sempre ragione.

Mettete nella pentola il riso con i piselli ancora surgelati e copritelo d’acqua, appena sopra la superficie del riso. Salate, ma, attenzione, meno di come salereste l’acqua per la cottura tradizionale. Qualche chicco di sale grosso e poco più. Accendete il fuoco basso basso, mescolate e coprite. Ogni tanto sollevate il coperchio, girate il riso e, se si è asciugato troppo, aggiungete acqua.

Con la normale cottura in tanta acqua non hai questi problemi. Butti il riso e non ci pensi più.

Mentre che il riso cuoce,  se non avete ancora scongelato i gamberi, fatelo ora. Quando il riso è vicino alla cottura (a seconda della qualità, ci metterà dai 10 ai 15 minuti), aggiungete i gamberi e fateli cuocere insieme al riso e i piselli. E’ il momento più delicato: i gamberi devono cuocere giusto un paio di minuti, altrimenti poi si striminziscono. Quindi, metteteli al momento giusto.

Dieci o quindici minuti?!? Insomma, qui non c’è precisione, la cucina è un’arte di precisione!

A questo punto assaggiate  il riso per vedere se è cotto ma non i gamberi, dai, ce ne saranno cinque o sei, se li mangiate ora poi non ve ne rimangono più abbastanza! Quando è cotto a vostro gusto, spengete il fuoco e fatelo raffreddare. Notare che quest’approccio alla cottura vi fa anche risparmiare di sporcare lo scolapasta e lo snervamento dei chicchi di riso che vanno dappertutto quando scoli.

Ma che discorso è?!? Si cucina in base al gusto, alla tradizione, alla joie de vivre, non in base a quante pentole si sporcano!

Il riso deve raffreddarsi, e ci metterà circa 20 minuti. In questo periodo, fate qualcos’altro. Magari guardate una puntata di una sit-com. A me piacciono un sacco le sit-com.

A me le sit-com fanno schifo perché ci hanno le risate registrate. Guardate piuttosto un telegiornale.

Quando appaiono i titoli di coda, attaccate con gli altri ingredienti. Sbucciate e tagliate a cubetti la mela, e aggiungetela al riso. Poi passate all”avvocato… anzi, prima di passare all’avvocato mi dilungherò un pochino su questo frutto. Ho scoperto che mi piace solo di recente, grazie a una ricetta di fajitas non canoniche passatami da Seriruccio (che probabilmente arriverà anche qui prima o poi) che prevedeva il guacamole, salsa a base di avvocato. In precedenza non mi piaceva perché l’avevo assaggiato da piccolo quando zio Attilio, che lavorava e risiede tuttora in Africa, portò a Sassello un campione di diversi frutti tropicali, che allora (metà anni ’80) erano introvabili. Mi piacquero il mango e la papaia, ma risultai disgustato dall’avvocato…perché lo mangiammo come frutto, e non come verdura (a cui è più assimilabile). E mangiato da solo a morsi, burroso com’è, in effetti non fa un po’ schifino. Ma per fortuna l’ho riscoperto di recente, e ora sono un pochino più ricco.

Ma…ma…e tutto questo cosa c’entra con la ricetta? Io ora ho perso il filo!

Eravamo rimasti alla preparazione dell’avvocato. Tagliatelo a metà per il lungo, scartate il nocciuolo che non è buono da mangiare, sbucciatelo e tagliatene a dadini metà. Aggiungete i cubetti alla sbobba e mettete subito il limone, subito subito!, altrimenti l’avvocato diventa nero, come lo zio di Willy il Principe di Bel Air. Per completare, pepate e mescolate il tutto.

Sì, ma non mi hai ancora detto che farne dell’altra metà dell’avocado.

Questa volta era tutto più facile del solito, vero?

Sì, ma io ho un mezzo avocado che mi avanza.

Mangiare, bere e impatto anale

Come un po’ tutte le insalate di riso, questo piatto non è pensato per essere mangiato in casa. Io mi sentirei scemo a mangiarlo in un piatto su una tavola correttamente apparecchiato : se proprio non mangiate in ufficio (magari perché avete la mensa, o andate al bar, o magari perché non lavorate in ufficio) e non avete voglia di aspettare il tiepido aprile  per un picnic, come minimo sbattete il riso in un contenitore da asporto e mangiatelo davanti alla televisione. Per favore.

Anche se me lo chiedi per favore, il rispetto per se stessi e la buona creanza impongono di apparecchiare la tavola con tutti i crismi e di mangiare con la tv spenta.

Pultroppo, se mangiate in ufficio non potrete berci un granché insieme: e nonostante sia già un caleidoscopio di sapori, vi proibisco di berci sopra Cocacola. Quindi, acqua. Se invece avete la possibilità di sbevazzare qualcosa di serio, consiglio un bianco bello fresco, magari un Gewurztraminer.

Il vino è un dono d’Iddio, ma va bevuto con molta moderazione.

Tra tutti i piatti che ho presentato, probabilmente questo è quello con l’impatto anale più innocuo. E’ vero che c’è l’avvocato che è un frutto molto grasso, ma è pur sempre un frutto; riso, piselli, quattro gamberetti…il resto è tutto leggero leggero. Se lo mangiate in pausa pranzo, nel pomeriggio sarete belli produttivi.

Io non posso essere produttivo senza sapere cosa me ne faccio del mezzo avocado avanzato! Ehi, che fai con quel minipimer? Gulp! Gasp! Aiut!

(finale splatter)

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Pinguini in cucina V: bis di torte salate https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/11/pinguini-in-cucina-v-bis-di-torte-salate/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/11/pinguini-in-cucina-v-bis-di-torte-salate/#comments Fri, 19 Nov 2010 11:05:43 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=830 Adesso che finalmente avete digerito il maiale in agrodolce, possiamo passare al livello successivo. Oggi parliamo di torte salate. Ma come, e di torte dolci non parli mai? Non sono un grande fan dei dolci e fanno ingrassare un sacco, quindi non ho molti stimoli a cucinarne. Se volete dolci, andate da Nonna Pina. Ah, no, quella fa le tagliatelle. Allora andate dalla Peppina. Ah, no, quella fa il caffè. Insomma, compratevi un Mars e non rompete!

Dicevamo, torte salate.  Due, perché sono il tipico piatto che porti in quanto ospite (cioè ospitato da un ospite, non ospite che ospita un ospite), e con una sola fai brutta figura. “Ah, hai portato una quiche? Oh, che idea originale! Mettila là!”, e poi c’è Carlomaria a cui non piace mai niente, quindi con due torte aumenti le probabilità di far felici tutti (tranne Carlomaria, a cui non piace mai niente). Infine, le due torte verranno fatte contemporaneamente, in modo da aumentare il grado di difficoltà, visto che ormai siete degli ometti. Ovviamente se ne farete una sola non manderò Golosino a picchiarvi a casa, ma per complicarvi la vita vi do ingredienti e procedura tutto mescolato, in modo che dobbiate inveire non poco per farne una sola. Nessuno aveva mai detto che sarebbe stato facile.

Prepararsi

Ma veniamo a noi. Le due torte salate in questione sono la canonica quiche lorraine (con qualche piccola variante rispetto alla ricetta standard) e una torta a base di porri e speck. Sappiate che i porri sono come la cipolla, ma più delicati.

Avrete bisogno di questi ingredienti:

  • Mezzo litro di latte intero. Fresco, dai, ma non quello alta qualità o alta digeribilità che non sono altro che  trucchi per fregare i gonzi.
  • 120 g di fontina. A differenza della tartiflette che richiede quella genuina, non sarò rigoroso, quindi potete anche prendere quella del supermercato. E se non la trovate, l’asiago andrà bene lo stesso. Ma non l’emmental della ricetta originale. Quello non mi piace un granché.
  • Un rotolo di pasta brisè. Se siete volonterosi, fatevela in casa. A me non è passato per la testa nemmeno per un secondo.
  • Un rotolo di pasta sfoglia. Se siete volonterosi, fatevela in casa. A me non è passato per la testa nemmeno per un secondo.
  • 200 g di ricotta vaccina. Fate voi per la qualità: secondo me confezionata del supermercato va benone, ma se la trovate fresca è meglio.
  • 3 uova. Mi raccomando, da allevamento a terra. Il vostro karma ne guadagnerà.
  • 2 porri, che sono come la cipolla, ma più delicati.
  • un membro della famiglia Bone. In mancanza di esso, 120 g di pancetta affumicata a dadini.
  • 100g di speck a dadini o listarelle.
  • olio extravergine d’oliva
  • un tocchetto di burro, oppure della carta da forno
  • acqua
  • sale
  • pepe
  • noce moscata

E necessiterete di questo equipaggiamento:

  • due teglie rotonde di dimensione compatibile con quella dei rotoli di pasta (intorno ai 30-35 cm, direi)
  • un padellone col suo coperchio
  • un padellino più piccolo
  • una scodella
  • due cucchiai di legno
  • un tagliere
  • un coltello affilato
  • due fornelli e un forno
  • il vostro grembiule. Lavatelo, ogni tanto!

Il bis di torte per sua natura richiama i pettegolezzi. Quindi, mentre cucinate, invitate la vostra amica più pettegola, l’equivalente di Clarabella, e fatevi raccontare tutte le ultime novità.

Ma lo sapevi che l’ex di Mariapetarda ora vive in una comune di rastafani?

Cucinare

Iniziamo! Innanzitutto i porri. Vi dirò un segreto: sono come la cipolla, ma più delicati, e in quanto tali vanno preparati. Sapete come si preparano i porri? No, eh? Ne ero certo! Allora, mondatene la capa: si iniziano a utilizzare a partire da quando sono bianchi e non più verdi. Va tagliata anche la parte opposta (il “culetto”) e gli strati più esterni, come se fossero cipolle. Infatti i porri sono come la cipolla, ma più delicati. Fatte queste operazioni, prendete il tagliere e il coltello fico e tagliateli a fettine sottili sottili. Sbattete i due porri così ottenuti in padella con un po’ di olio. Li fate dorare un attimo, poi allungate con dell’acqua, li coprite col coperchio e li fate stufare per una mezzoretta, girando ogni tanto ed eventualmente allungando con acqua. Non siate tirchi con la cottura: i porri, se rimangono crudi, rischiano di essere un po’ troppo pesanti, esattamente come le cipolle, a cui sono simili, pur essendo più delicati.

Non so con che coraggio Gianpistillo si possa far vedere alle feste del Circolo Alpini dopo quello che ha combinato a Capodanno.

Mentre che i porri (verdure che hanno molto in comune con le cipolle, ma risultano più delicati) si stufano, passiamo alla quiche. Sono abbastanza sicuro che non siate riusciti a trovare membri della famiglia Bone, rattodonti che non siete altro, quindi avrete ripiegato sulla pancetta. Va bene lo stesso, tranquilli! Prendete il padellino, versatevi la pancetta e fatela saltare a fuoco medio girandola ogni tanto col secondo cucchiaio di legno. Dai, non potete usare quello dei porri!

Non solo Annapariglia è stata a letto con tutta la squadra di bocce levitanti, ma ha avuto la sfrontatezza di vantarsene su Facebook!

Visto che siete così bravi, aggiungo un terzo task contemporaneo ai due attivi: prepariamo il ripieno della quiche. Nella scodella versate il latte, le uova (…senza il guscio…scemini!), sale, pepe e noce moscata (non esagerate con nessuno dei tre, mi raccomando! La pancetta sala non poco, e troppe spezie rovinano l’equilibrio; se avete dubbi, mettetene di meno, giusto un pizzico) e il formaggio. Per quest’ultimo, va un po’ a vostri gusti: se vi piace che tutto sia amalgamato e non siete pigri, grattugiatelo o tagliatelo a pezzi piccini picciò. Se, come me, siete un po’ sfaticati e vi nascondete dietro il fatto che i blocchetti di formaggio semifuso sono un sacco buoni, tagliatelo a dadini di dimensioni simili a quelli della pancetta. Nel frattempo, la pancetta sarà pronta. Fatela raffreddare qualche minuto perché non cuocia il composto e poi versatela dentro la scodella col resto. Mescolate meglio che potete.

Piercanaro ha messo sua mamma in ospizio, dopo tutto quello che quella santa donna ha fatto per lui. Ah, ma ora voglio vedere chi gli stira le camicie! Quel soprammobile di Giannauncinata? Non penso proooprio!

Torniamo ai porri (come la cipolla, ma più delicati). Dovrebbero essere ormai a buon punto; aggiungete ad essi lo speck e fate terminare la cottura. Quando vi sembrano pronti, spengete e fate raffreddare. Se non siete sicuri di quando siano pronti, contate mezz’ora sul fuoco.

Uuuuh, devo fare la pipì! Torno subito!

Round-robin sulla quiche. Accendete il forno a 200° e prendete la prima teglia. Rendetela inattaccabile all’attaccamento ungendola col burro o stendendo la carta da forno, e poi sistemate la pasta brisé. Versatevi sopra tutto il ripieno; se la pasta sborda, ripiegatela verso l’interno. Non preoccupatevi se il ripieno, che è liquido, tocca i bordi, quando è cotta non ne se accorge nessuno. Quando il forno è caldo, potete infornare, e ci vorranno circa 20′. Non preoccupatevi se vi sembra ancora un po’ liquida dopo questo tempo, raffreddando poi finisce di rapprendersi. Se avete il forno ventilato, usatelo pure, aiuterà.

…e poi Cristacchina le ha risposto: “Tesoro, perché non ti guardi un po’ allo specchio?”

Mentre che la quiche quoche (o la cuice cuoce, vedete voi) terminiamo la preparazione della sua negletta gemella. Aggiungete la ricotta alla combinazione di porri (affini alle cipolle, ma con maggior grado di delicatezza) e di speck , sempre in padella ma col fuoco spento. Salate e pepate (con maggior foga rispetto alla quiche) ma non nocemoscate, qui non ci va. Amalgamate tutto e preparate la seconda teglia in modo simile alla prima, ma con la pasta sfoglia. Il ripieno, in questo caso, sarà assai meno voluminoso: sistematelo in mezzo e ripegate la pasta. Se siete bravi, potrete dargli la forma di una specie di fiore.

A proposito di fiori, sai che Grubbaberto ha portato delle rose rosse a sua moglie? Peccato che gliene ha portate quattro! Quell’uomo vive fuori dal mondo!

Pultroppo la modalità di cottura di questa seconda torta è differente dalla quiche, quindi per infornarla dovrete aspettare che la prima sia cotta. Intanto spettegolate. Drin! Quiche cotta! Abbassate la temperatura a 180°, niente ventilatura e 30′ di cottura. Il ripieno ci mette un’attimo,  è la pasta che deve cuocere.

Al supermercato poi ho incontrato Mariobaleno, e nel carrello in mezzo a zucchini latte e biscotti aveva una scatola di preservativi. Quello va a zoccole, dammi retta!

Mangiare, bere e impatto anale

Ho sempre mangiato entrambe le torte  a temperatura ambiente; ho il sospetto che se scaldate si ammollino troppo, quindi adeguatevi. Anzi, portatele in ufficio, farete bella figura e conquisterete la bella collega con le tette grosse o il bel collega coi mustacchi. Pultroppo, in ufficio non si bevono alcolici, quindi vi toccherà bere Fanta, Coca e Sprite. Sì, solo roba della The Coca Cola Company, mi hanno pagato. Se proprio doveste mangiare queste delizie a casa, suggerisco un rosso non troppo corposo. Il canonico Morellino andrà benissimo.

L’impatto anale è da non trascurare. Non tutti sanno che i porri sono come la cipolla: anche se più delicati, sono comunque pesanti. Voi avrete seguito le mie istruzioni e li avrete cotti adeguatamente, ma è possibile che risultino lo stesso di digestione difficoltosa. Preparatevi. La quiche è spessissima, ricca di grassi e di gioia (le due cose vanno di pari passo), ma come tale un po’ faticosa da assimilare. Nel contesto dell’ufficio, quindi, passerete un pigro pomeriggio a commentare Pinguini nel Salotto, perché pultroppo Facebook ve l’hanno bloccato.

Parliamo delle possibili varianti. Se avete la sventura di essere vegetariani, potete escludere lo speck dalla torta di porri: perderà qualcosa ma risulterà comunque accettabile. Se invece siete vegani, pussate via di qua o chiamo Goldrake. La quiche, nella ricetta originale, prevede la panna al posto del latte, ma per me è davvero eccessivo. Se ve la sentite, però, probabilmente potrebbe venire più soda (e più grassa, ça va sans dire). Dal lato opposto, se la volete più leggera, sostituite la pancetta con il prosciutto cotto a dadini; in tal caso, occhio ad aggiustare col sale.

PS: dalle “vecchiette”, uno dei nostri locali da pranzo preferiti di Annecy, fanno una quiche di porri, crasi del vostro lavoro di oggi. Stupide vecchiette.

E poi sai che…
Oh, insomma, Clarabella, fatti un po’ i cazzi tuoi!

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Pinguini in cucina IV: Maiale in agrodolce https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/10/pinguini-in-cucina-iv-maiale-in-agrodolce/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/10/pinguini-in-cucina-iv-maiale-in-agrodolce/#comments Tue, 05 Oct 2010 07:06:24 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=788 E che non si dica che io non mantengo le promesse, perdiana! Vi ho fatto sospirare il maiale in agrodolce di cui vi parlai tanto tanto tempo fa, ma finalmente eccolo qua. Signori, rimboccatevi le maniche e mettiamoci al lavoro! Sappiate però che  questo piatto è più difficile degli altri che ho descritto finora. Non tanto per la manualità e l’esperienza necessarie, ma piuttosto per la laboriosità, il tempo richiesto e l’abilità di sincronizzare i tempi. Ma non vi agitate, io come sempre vi tratto come degli scemi, leggete tutto con calma, memorizzate e poi vi interrogo.

Prepararsi

Il maiale in agrodolce è un piatto cinese, ma io non l’ho mai cucinato in atmosfera cinese ed è sempre venuto benissimo. Quindi fate come me, accendete la tv della cucina e guardate MTV scuotendo la testa per la povertà della musica d’oggigiorno. E poi mettetevi il solito grembiule, vi servirà.
Passiamo agli ingredienti; sono parecchi e li separo per area tematica corrispondente più o meno alle fasi della preparazione.

La peperonata:

  • 1 peperone: giallo, rosso o verde, a vostro gusto. Se vi piace “fare colore” fate mezzo e mezzo.
  • olio extravergine d’oliva: ormai siete bravi e posso dire “cubì”, per quanto riguarda la quantità
  • 1 cipolla di medie dimensioni

La salsa:

  • Fecola di patate, 2 cucchiai: ricette simili a questa a volte prevedono la maizena, la quale è simile per l’effetto amalgamante ma ha un nome più buffo. Se ve la sentite di rischiare, probabilmente il piatto verrà uguale ma con un fattore di buffità maggiore.
  • Acqua, 4 cucchiai: quella del rubinetto.
  • Succo d’ananas, 4 cucchiai: più sotto vedrete che è richiesto anche dell’ananas. Voi comprate una scatola di ananas a fette, e utilizzatene il sugo qua e le fette là.
  • Aceto, 3 cucchiai: bianco o rosso va bene lo stesso. Probabilmente con quello di riso è ancora meglio, ma io non ce l’ho.
  • Zucchero, 4 cucchiai
  • Salsa di soia, 2 cucchiai: fate in modo di averne una boccetta piena, vi servirà.
  • Ketchup, 2 cucchiai: ketchup? sì, ketchup!
  • Salsa worcester 1.5 cucchiai: salsa worcester? sì, salsa worcester. Vi dirò sottovoce che sono ragionevolmente convinto che senza di essa il piatto venga abbastanza uguale, ma non potrei giurarlo. Decidete voi se vale la pena rischiare.

(piccola digressione sul concetto di “cucchiaio”, che è una misurazione apparentemente piuttosto imprecisa: come faccio a sapere se il mio cucchiaio è grosso quanto il tuo? e si intende “raso” o riempito finché posso? Non preoccupatevi troppo, i cucchiai sono in fondo abbastanza simili e l’importante, in questo caso, sono le proporzioni: i cucchiai di roba in polvere devono quindi corrispondere a quelli di liquidi, che quindi sono poco sopra il livello del cucchiaio. Se preferite essere precisi, contate 20 ml per cucchiaio)

Il maiale vero e proprio:

  • Maiale, 450 g: andrà tagliato a pezzettini. Se trovate un pezzo unico di lonza, secondo me è l’ideale, altrimenti vanno anche bene fette un po’ spesse di lonza o coppada tagliuzzare. Che non sia grasso, e in tal caso eliminate le parti grasse.
  • Farina: servirà a infarinare il maiale, diciamo che ve ne servirà un pugno
  • Olio di semi: di semi?!? Perché non quello di oliva? Perché nella cucina orientale non si usa. Ho fatto un’eccezione per i peperoni.
  • Ananas, 4 fette: vengono dalla scatola di cui sopra, ricordate?
  • salsa di soia: viene dalla boccetta di cui sopra, ricordate? Belin che memoria corta…
  • 1 uovo
  • sale

Il contorno di riso:

  • riso basmati 150 g: altre varietà simili potrebbero andar bene, ma l’importante è che siano aromatiche e profumate e adatte come contorno.
  • acqua
  • sale

E dopo gli ingredienti l’attrezzatura:

  • un padellone molto grosso, o, se l’avete, un wok. Io non ho il wok e mi accontento del padellone.
  • una padella più piccola per i peperoni, col suo coperchio
  • una pentola bassa e larga per il riso, anch’essa col suo coperchio
  • due ciotole, una per il maiale e una per la salsa (potrebbe bastare anche un piatto fondo se un po’ grosso)
  • due fornelli
  • un cucchiaio di legno
  • una spatola, di legno o di plastica
  • un frullatore (opzionale) per la cipolla, altrimenti tagliere e coltello
  • un bel coltellaccio per tagliare il maiale
  • un cucchiaio per misurare le dosi e mescolare la salsa
  • una tv per guardare MTV e inveire contro i giovani d’oggi
  • il vostro grembiule

Cucinare

Fase 1: Popeye
Ovvero, marinare. Marinare è una parola piuttosto buffa. Si discuteva di questa parola nel film Kissing Jessica Stein, di cui ricordo solo questo e il fatto che una delle protagoniste aveva la faccia cricetosa. Comunque, prendete il porco e tagliatelo a cubetti, piccoli tanto quanto regge la vostra pazienza.  Un centimetro cubo o giù di lì andrà benissimo.
Agguantate una delle ciotole, e mescolateci dentro un uovo e abbastanza salsa di soia da ricoprire il maiale. Mescolate e metteteci il maiale a pezzettini. Mescolate ancora. Ci deve stare tre quarti d’ora, quindi nel frattempo faremo dell’altro.

Fase 2: Pizza Pepperoni
Premessa: a me i peperoni non piacciono molto al dente, li preferisco ben cotti. Quindi la mia strategia consiste nel cuocerli prima e aggiungerli insieme al resto della preparazione già pronti. Se voi li preferite più crudi, saltate pure questa sezione e mettete peperoni e cipolla direttamente nel Mescolone Globale di cui si parla sotto.
Siete ancora qui? Bravi ragazzi. Quegli altri, quelli che non preparano i peperoni a parte, sono malvagi. Noi li odiamo, probabilmente sono un po’ aglioti. Comunque, lavate i peperoni e tagliateli a pezzetti di circa un centimetro quadrato, togliendo tutti i semi. Sbucciate e tagliate finemente la cipolla (andrà bene anche il frullatore, una volta tanto) e spadellate il tutto a fuoco medio-basso con olio d’oliva cubì. Aggiungete acqua quando si asciuga, coprite con un coperchio e lasciate cuocere una mezzoretta. Nel frattempo, prepariamo la salsa.

Fase 3: salsa e merengue
Mentre il maiale marina e i peperoni cuociono (ogni tanto dateci una girata e verificate che non si asciughino troppo, mi raccomando), passiamo alla salsa. Per me questa salsa è una magia, perché la lista di ingredienti è davvero disgustosa, ma la loro combinazione funziona perfettamente. Non c’è molto da dire: mescolateli tutti e amalgamateli in un recipiente. L’unico piccolo accorgimento che posso suggerire è di mettere la fecola poco alla volta acciocché non faccia grumi. Ci metterete poco, e i peperoni e la marinatura non saranno ancora pronti. Passiamo al riso.

Fase 4: grasse risate
Il riso di contorno non si fa come la pasta, ma piuttosto come una versione semplificata del risotto. Mettete il riso nella pentola bassa e larga, copritelo di acqua salata e cuocete a fuoco basso col coperchio. Se l’acqua si consuma, aggiungetene e ogni tanto mescolate. Ci vorranno circa dieci minuti, magari un pochino di più a seconda della qualità di riso. Quando è pronto, spegnete il gas e lasciate coperto. Se foste in ritardo col resto, prima di servire aggiungete ancora un filo d’acqua e scaldate.
Mi raccomando, non dimenticatevi di questa fase. Sarebbe uno smacco enorme presentare il vostro piatto senza contorno. Per fortuna non mi è mai capitato.

Fase 5: il Mescolone Globale
Avevamo lasciato il porcellino a marinare. Scolatelo e infarinatelo allegramente, per quanto si possa essere allegri coi video di MTV che passano in televisione. Prendete il padellone e metteteci uno strato sottile ma diffuso di olio di semi, scaldandolo a fuoco vivo. Col cuore in gola per l’emozione, aggiungete sua maestà il maiale e fatelo rosolare, girandolo continuamente con la spatola. State attenti che il maiale è stato infarinato, e se vi fermate brucia subito. Un po’ di olio di gomito, su! Hop hop hop, forza con quella spatola! Dopo un minuto o due, quando non vedete più rosa da nessuna parte (a parte la vostra camicia), spegnete il fuoco, togliete il maiale e rimettetelo dove stava prima. Ma come? Dopo tutta ‘sta fatica devo toglierlo? Sì. Dura la vita. Riaccendete il fuoco lasciandolo medio-basso, e traferite i peperoni dall’altra padella in quella grossa, e poi aggiungeteci l’ananas tagliato a pezzettini (li potete tagliare direttamente mentre li mettete in padella) e successivamente la salsa. Amalgamate, e poi con gioia potete rimettere la carne. Salate, ma non troppo, e mescolate, mescolate, mescolate: se vedete che si asciuga troppo, ancora acqua. E mescolate, mescolate, il segreto del piatto sta nell’amalgamento degli ingredienti. Qualche minuto per terminare la cottura del maiale, e potete servire.

Mangiare,bere, varianti e impatto anale
Innanzitutti spegnete la tv, è un’ora che stiamo cucinando e un’ora di MTV friggerebbe il cervello a chiunque. E servite: se siete dei bravi ospiti, servirete con due piatti di portata appositi il maiale e il riso. Se, come me, siete dei poveracci, porterete le pentole in tavola. Sconsiglio di usare le bacchette, a meno che non vogliate mettere in difficoltà i vostri ospiti. In tal caso, tanto di cappello e fate pure.

Le bevande possono andare in due direzioni: birra, se volete fare un po’ come al ristorante cinese, o, meglio, un bianco aromatico, tipo un Gewurtztraminer. Se non bevete alcolici, acqua, le bevande tipo Coca o Sprite proprio sono una buona idea; piuttosto, sorbite del tè. Ma per una volta bevete un bicchierino di vino, ci sta.

Per quanto riguarda le varianti, la principale che mi sento di suggerire è di provare col pollo al posto del maiale. Credo che sia sostanzialmente identico, anzi, penso che la prossima volta ci proverò io stesso. La lista degli ingredienti può essere variata qua e là: ci si può dare un che di piccante con un po’ di peperoncino o salsa piccante, si può fare la malvagità e metterci l’aglio, si possono anche sostituire i peperoni coi pomodori (molti ristoranti cinesi fanno così). Però andateci cauti, il piatto funziona bene per l’equilibrio dei sapori: è facile rovinare tutto.

E infine, il temutissimo impatto anale. Il maiale in agrodolce è un piatto pesante, non lo nascondo. Cipolle, peperoni, maiale, il tutto pasticciatissimo e anche semi-fritto. Non esagerate con le porzioni,  o rassegnatevi ad avere una panza così, dormire male e avere gli incubi. In compenso, se non siete allergici a qualcuno degli ingredienti, il vostro intestino non farà una piega.

E così vi siete fatti il vostro maiale in agrodolce in casa. Se lo ordinavate al cinese sottocasa, spendevate 4 euri ed era uguale, magari anche più buono, e in quell’ora potevate fare qualcosa di meglio che guardare MTV mentre cucinavate. Non vi sentite un po’ scemi?

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Pinguini in cucina III: Spaghetti alla cremagliera https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/07/pinguini-in-cucina-iii-spaghetti-alla-cremagliera/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/07/pinguini-in-cucina-iii-spaghetti-alla-cremagliera/#comments Tue, 13 Jul 2010 09:49:39 +0000 http://www.xxmiglia.com/index.php/2010/07/pinguini-in-cucina-iii-spaghetti-alla-cremagliera/ golosino_spaghetti.jpgAlla cremagliera? E come saranno mai? E che relazione ci sarà con un ingranaggio lineare, piano o ad asta, che assieme ad una ruota dentata viene utilizzato in meccanica per convertire il moto rotatorio  in moto lineare continuo o viceversa? Leggete oltre e lo scoprirete!

I pomposissimi spaghetti alla cremagliera non sono altro che spaghetti con olio, acciughe e briciole di pane, e ovviamente non c’è nessuna relazione con l’ingranaggio lineare etc. Però mi mancava un nome sintetico per questo piatto, e invece che descriverlo con la lista dei suoi ingredienti ho deciso di battezzarlo con un nome a caso che suonasse bene(*). Come potete immaginare, è un piatto semplice e povero, ma ricco di gusto e di calorie (i Pinguini in Cucina non proporranno mai piatti dietetici, siatene certi!) e, soprattutto, autarchico.

(*) Avrei potuto azzardare forse “spaghetti alla Pollicino pescatore”, ma suona un po’ scemino e privo della sussiegosità del nome che ho scelto. La so proprio lunga!

Nella foto, a Golosino gli spaghetti alla cremagliera non sono piaciuti.

Prepararsi

Dopo un piatto messicano e uno francese, e in attesa di quello cinese che tutti attendono ma che io centellino, finalmente propongo un piatto italiano. Quindi, per festeggiare il Belpaese, dovreste:

  • mettere su un po’ di buona musica italiana, stile Minghi o Toto Cutugno o Pupo. Se avete nel mangiacassette le sigle di cartoni dell’altra volta, potete riciclarle.
  • suggerire al CT una formazione per la nazionale di calcio.
  • indossare calzini bianchi, mutande rosse e cappello verde. Un po’ come un elfo privo di gusto a capodanno.
  • suonare il mandolino.
  • inveire contro il governo senza muovere un dito per cambiare la situazione.
  • mangiare una fetta di Belpaese.

No, dai, seriamente: il Belpaese no, sa di plastica. Vi serviranno invece i seguenti ingredienti, questi per sul serio:

  • Spaghetti. Non esagerate, 100 g a testa o poco più. Casomai aveste ancora fame, c’è sempre il Belpaese da finire. Altri tipi di pasta, sia filiformi che di tipo corto, penso potranno andar bene, ma se io chiamo questo piatto “spaghetti alla cremagliera” e non “pasta alla cremagliera” è perché gli spaghetti sono meglio, no? Insomma, la finiamo di fare polemica? (sì, me le canto e me le suono)
  • Acciughe sott’olio o sotto sale: so che quelle sotto sale sono migliori, ma io ho sempre cucinato il piatto con quelle sott’olio, quindi non garantisco che venga identico (ma credo di sì). Vi serviranno 2-3 acciughe a persona.
  • Pane: non ne serve tantissimo, diciamo un 20-30 g a testa. A mio gusto, preferisco per questo piatto pane con molta mollica soda, quindi suggerisco di utilizzare pagnotte di grano duro fatte a fette. Attenzione a non commettere l’errore di sostituire le briciole di pane col pangrattato, non è la stessa cosa!
  • Olio: extra-vergine di oliva, più buono è meglio è, e ne serve anche una discreta quantità. Se, come me, siete dei morti di fame e volete risparmiare, io consiglio quello della Coop, di buona qualità, piuttosto economico e pure italiano (ricordate che stiamo preparando un piatto autarchico!).
  • Acqua
  • Sale grosso

E l’attrezzatura:

  • Fornelli, due: per la prima volta nella storia di Pinguini in Cucina dovrete cimentarvi con due fornelli contemporaneamente! Tremate!
  • Forno o tostapane per tostare il pane.
  • Pentola per la pasta col suo coperchio
  • Padella per il condimento
  • Scolapasta
  • Cucchiaio di legno
  • Grembiule

Nota bene: non l’ho mai detto esplicitamente, ma ingredienti e attrezzatura devono essere nuovi per ogni ricetta, compresi i fornelli, ma non il grembiule. Quello dev’essere sempre lo stesso.

Cucinare

Se sapete già come si fa la pasta, questo sarà il piatto più facile di Pinguini in Cucina. Se non lo sapete, invece, oltre ad avere la disapprovazione di tutto il pubblico ed essere radiato dall’albo degli italiani, sarà più laborioso, perché non posso mica insegnarvi quanto sale ci va (12 grammi ogni litro d’acqua), come buttare gli spaghetti (gli integralisti dicono di non spezzarli, io me ne frego e spezzo) o come girarli (appena buttata la pasta perché non attacchi, dopo non serve più) o come scolarli (rovesciando la pentola sopra uno scolapasta messo in un lavandino) o quando sono cotti (dopo il numero di minuti indicato sulla confezione, ma per i piatti come questo che vengono ripassati in padella è meglio tirarli via un minutino prima). Per queste cose ci va un minimo di esperienza, non posso mica dirvelo io! Vi dirò invece i seguenti passi:

1) Indossate il grembiule e mettete a bollire l’acqua per la pasta. Mettete il sale subito, dai, non fate quelli che “così bolle prima”. Ne abbiamo già parlato. Coprite invece col coperchio, ci mette parecchio di meno a bollire.

2) Mentre l’acqua si scalda, prendete la padella, e fateci sciogliere le acciughe. Per compiere quest’operazione che ha del miracoloso, metteteci una certa quantità d’olio (diciamo sufficiente a coprire la superficie della padella, ma che rimanga poco più di un velo) e le acciughe. A fuoco medio-basso, spezzettate i simpatici pescetti col cucchiaio di legno e vedrete che, come per magia, pian piano si scioglieranno. Io rimango sempre incantato di fronte a questo spettacolo. Quando sono sciolte, spegnete il fuoco, ma lasciate la bottiglia dell’olio accanto alla padella. Vi servirà, eccome se vi servirà!

3) Accendete il forno o il tostapane, ma attendete a metterci dentro il pane. L’acqua bolle? Bene, buttate la pasta, giratela e subito dopo mettete a tostare il pane. Quest’ultimo dovrà risultare bello croccante ma non bruciato, quindi tenetelo d’occhio.

4) Ora viene il bello. Scolate la pasta (come detto sopra, un po’ più al dente di quanto siate usi fare e riversatela in padella. Alzate il fuoco, e iniziate a sbriciolare a mano il pane. Sì, a mano, le briciole devono essere irregolari: concedevene alcune parecchio grosse, meritano. Usate pure sia la crosta che la mollica, in proporzioni secondo il vostro gusto. Contemporaneamente girate la pasta, e aggiungete olio. Il pane si “mangerà” una tonnellata di olio, quindi dovrete metterne ancora. E’ questo il segreto calorico degli Spaghetti alla Cremagliera, il fatto che ci sono un sacco di grassi ma non sembra. Quando tutto vi pare pregno d’olio, togliete dal fuoco. Guardandola, vi sembrerà che manchi qualcosa: sì, aggiungete ancora un po’ d’olio a crudo. Ci sta bene.

Facile, no?

Mangiare, bere, varianti e impatto anale

Servite in tavola con la padella, fa allegria. Occhio però che, come tutti i piatti a base di spaghetti che siano ben conditi, è facilissimo sporcarsi, quindi non fate i fighi col tovagliolo sulle ginocchia, vi ritroverete con una patacca gigante sulla camicia rosa. Potete tenere il grembiule, oppure, ancora meglio, indossare il tovagliolo come Poldo Sbaffini legandolo dietro il collo. Per quanto riguarda il vino, è palese che si tratti di un piatto che si accompagna a un bianco, magari un po’ deciso. Per campanilismo, non posso non suggerire un Pigato.

Ora, se parlate di questo piatto in giro, ci sarà chi dice è meglio con altri ingredienti. Troverete chi suggerisce il pangrattato, e voi li guarderete con compatimento perché non sanno cosa si perdono coi bricioloni imbevuti d’olio; chi asserisce che ci sta il prezzemolo, e voi sbufferete dicendo che magari sì, però è inutile; infine, e sono i più numerosi e i più malvagi, ci saranno coloro che sosterranno la necessità dell’aglio. Questi ultimi li prenderete a cartoni in faccia per la loro impudenza. Mi sembrano invece alternative sperimentabili (ma non sperimentate da me in prima persona) l’aggiunta di pinoli, o di formaggio grattato nel piatto, o una spolveratina di pepe o di peperoncino. Tra le tre, i pinoli è quella che mi ispira di più.

L’impatto anale è basso. Il piatto si digerisce bene, magari fa venire un pochino di sete ma intanto avete il vostro Pigato bello fresco, non dà alito cattivo (se non l’avete già per gli affari vostri) e la cacca sarà perfettamente normale, forse solo leggermente più facile per le quantità di olio che avrete usato. Ottimo piatto quindi per stupire la vostra futura dolce metà al primo appuntamento con le vostre doti culinarie: basta che vi ricordiate di mettervi il tovagliolo sulla camicia rosa.

Un buon appetito autarchico!

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Pinguini in cucina II: Tartiflette https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/06/pinguini-in-cucina-ii-tartiflette/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/06/pinguini-in-cucina-ii-tartiflette/#comments Tue, 08 Jun 2010 08:47:39 +0000 http://www.xxmiglia.com/index.php/2010/06/pinguini-in-cucina-ii-tartiflette/ tartiflette.jpg
Pinguini in cucina, la rubrica che dà dipendenza a Barbara!

Warning! High Calories dish!

Sì, lo so che aspettavate tutti la ricetta del nefasto maiale in agrodolce, ma, come i più informati sanno, questa è la settimana del Festival d’Animazione di Annecy 2010. Siccome per la prima volta dal 2003 sono assente, mal me ne colga, mi pare doveroso omaggiare la savoiarda cittadina col suo piatto da gustare almeno una volta durante il festival: la tartiflette.

(Come sarebbe a dire “Cos’è la tartiflette”? Non sosterrete mica di non aver letto con attenzione i miei dettagliatissimi resoconti dei festival dal 2005 a oggi?Ah! Mal ve ne colga!
Vabbè, leggete oltre, lo scoprirete)

Prepararsi

Innanzitutto, per gustare la tartiflette è necessario prepararsi psicologicamente. Non solo indossando il vostro grembiule preferito (che ormai do per scontato), ma entrando nello stato d’animo dell’amante dei cartoni animati: riguardatevi il vostro cartone preferito, e magari mentre cucinate mettete su un po’ di buone vecchie sigle anni ’80. La tartiflette non verrà più buona, ma voi sarete più contenti. Quindi via! (Coc-ci-nel-la chi non è d’accordo guai)

Ecco gli ingredienti per 3-4 porzioni:

  • 600 g di patate, del tipo che vi pare. Io prendo quelle per “uso generico”, se voi volete invecchiare meglio prendete quelle col selenio. Secondo me la salute non ne risentirà né nel bene né nel male, ma potrete bullarvi coi vostri compagni alla bocciofila.
  • 100 g di lardoni a dadini (cioè di pancetta, ma dire “lardoni” è assai più buffo): purtroppo spesso i lardoni vengono in confezioni da 120. E allora pazienza, che volete fare, buttarli via? Mettetene 120! Lardoni dolci o affumicati non pregiudicano la riuscita della ricetta, quindi usate quelli che preferite. Io preferisco gli affumicati. (Daigo la testa, la strategia)
  • 1 cipolla piccola: o anche un pochino di più, se vi piace. Ma non esagerate, non è un piatto a base di cipolla.
  • 200 g di reblochon: “di che”? Di reblochon, ovviamente, il formaggio della Haute Savoie che è la base della tartiflette! Sì, lo so che non è facile da trovare. Io stesso non ho mai fatto la tartiflette col reblochon: va benissimo la fontina, l’importante è che sia quella bella genuina, bella puzzona, non quei plasticumi che non sanno di niente e spacciano per fontina.
  • 2 cucchiai di panna da cucina: i veri cuochi dicono che la panna da cucina non esiste e che va evitata il più possibile. Io non sono un vero cuoco e non solo ve la faccio usare, ma vi faccio aprire una confezione per due soli cucchiai, e ora non sapete che farvene del resto. Tortellini alla panna, dai. (E’ un bosco tra le case di città)
  • un po’ di burro: vi ho sempre detto che la tartiflette ha dentro un sacco di burro. Vi ho sempre mentito: il burro serve solo per ungere la teglia, quindi ve ne basta un tocchetto.

E ora gli attrezzi:

  • una pentola per bollire le patate
  • una teglia: l’ideale sarebbe una teglia di ceramica di forma ovoidale dal lato lungo di circa 30 cm e quello corto di circa 15. Tuttavia andrà bene anche una rettangolare o una rotonda, persino di metallo. Su, non formalizziamoci troppo.
  • una padella medio-piccola per le cipolle e i lardoni
  • un cucchiaio di legno per girare le cipolle e i lardoni (C’era chi parlava al vento e alle stelle)
  • un coltello e un tagliere per la cipolla
  • un cucchiaio
  • fornelli
  • forno, possibilmente elettrico. Se avete quello a gas allargherò le braccia in segno di disappunto ma andrà bene lo stesso. Quello a microonde invece no, è pupù. Lo Sfornatutto Delonghi non saprei, se vi va sperimentate, ma intanto è noto che fa solo toast, pizzette e poi lo pulisco io.(Te no hira no soyokaze na…)
  • acqua
  • e il vostro amato grembiule

Cucinare

Come al solito, amici fessacchiotti, facciamolo a passi.

1) mettete a bollire le patate intere. Dai, prima date loro una sciacquata per togliere la terra, che poi fa schifino vedere l’acqua sporca. Ci metteranno almeno 15′, quindi nel frattempo, visto che siamo gente che non ha tempo da perdere, passiamo ad altro. (Il suo cuore ora sì, batte batte forte, forte, forte)

2) sbucciate e tagliate la cipolla. Secondo il mio gusto non va troppo fine, ma se volete risparmiare fatica e usare il frullatore  non mi opporrò. Però, dai, è una cipolla sola, e poi il frullatore non è nell’elenco dell’attrezzatura e quindi non l’avete a portata di mano. E poi sporcare tutta quella roba per una cipollina sola, che non fate manco in tempo a piangere?

3)  mettete i lardoni nella padella e fateli andare a fuoco vivo girandoli col cucchiaio di legno. Quando sono dorati da tutti i lati, abbassate il fuoco e aggiungete la cipolla in padella. Continuate a cuocere finché la cipolla non è ben morbida e amalgamata, ci vorranno un 5 minuti abbondanti. Spengete il fuoco.

4) Nel frattempo, le patate potrebbero essere cotte. Dipende da quanto sono grosse, voi pungetele con la forchetta per capire se sono pronte. Quando lo sono, sbucciatele. Inveirete non poco perché saranno caldissime ma insomma, nessuno vi aveva mai detto che sarebbe stata facile. Per non scottarmi troppo io mi aiuto con degli Scottex da cucina, voi non so. (E quell’amo è una calamita, impossibile cambiare strada)

5) Ungete col burro la teglia. Se noi fossimo salutisti potremmo utilizzare magari la carta da forno invece del burro, ma riguardate gli ingredienti: pensate davvero che cambi qualcosa nell’impatto calorico quel poco burro rispetto alle quantità di formaggio, lardoni e patate? E poi la carta forno fa tristezza… quindi zitti e imburrate. Vi sentirete anche un po’ Marlon Brando, vuoi mettere l’emozione?

6) Tagliate metà delle patate a fette spesse circa mezzo centimetro e stendetele in modo ordinato sulla teglia. Metteteci sopra metà della padellata di cipolle e lardoni, seguita da un ulteriore strato di patate tagliate a fette e dal rimanente delle cipolle e dei lardoni. Coprite il tutto con la panna. Come ultimo strato, il formaggio, tagliato a fettine. Quest’ultimo deve riposare in modo uniforme su tutta la teglia, quindi dovrete regolarvi con lo spessore delle fettine, ma non è un grosso problema: forse non ve ne rendete bene conto, ma due etti di fontina sono tanti.

7) Infornate a forno molto caldo, 220-250°. Su, mettetelo al massimo e non pensateci più. E’ quasi tutto già cotto, quindi non deve starci molto, diciamo circa 10′. Se vi va (e io ve lo consiglio nonostante lo sbattimento) ci sta anche una gratinata mettendo il grill, così da rendere croccante la parte superiore. (Non è possibile stare al mondo se non possiamo sbagliare mai)

Mangiare, bere e impatto anale

La tartiflette deve essere servita caldissima. Questo vuole la tradizione, anzi, nei ristoranti ti danno addirittura le teglie di ceramica monoporzione per tenerla calda mentre mangi. In realtà, nella mia esperienza, è buona anche non calda calda calda, io l’ho addirittura scaldata al mattino e portata al lavoro nella gavetta termica per mangiarla in pausa pranzo. Però voi non ditelo ai francesi. Ah, è anche buona riscaldata più volte, anche se mi rendo conto che l’idea di far sciogliere il formaggio ripetutamente possa suonare strano.

L’accompagnamento più naturale è il vino rosso, in quanto piatto a base di formaggio e salumi, eppure, per qualche ragione che non mi spiego, non lo vedo male nemmeno con un bianco un po’ deciso. Ciononostante, io consiglio un Teroldego o qualcosa di simile. (C’è la speranza che d’ora in poi un futuro avremo noi)

La tartiflette è un piatto impegnativo, non tanto per il tratto finale del vostro intestino quanto per quello iniziale. L’abbondanza di formaggio, coniugata alle cipolle e alla pancetta, lo rende un cibo dalla digestione piuttosto difficoltosa: se, per fare un esempio puramente ipotetico, andate a vedere un festival di animazione in Alta Savoia e la prima sera al ristorante ordinate sempre la  tartiflette e poi dormite male, non è per il materasso duro o per quello là che russa, ma per le conseguenze della vostra cena. Ah, e il giorno dopo andrete di corpo regolarmente, ma ci saranno un po’ di puzzette extra: a meno che la vostra dieta abituale non consista nel chili con carne, in tal caso ne farete di meno. E i vostri compagni di camera ne saranno lieti.

(In una foresta sto, e molti ami…CLICK!)

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Pinguini in cucina I: Chili con carne https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/05/pinguini-in-cucina-i-chili-con-carne/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2010/05/pinguini-in-cucina-i-chili-con-carne/#comments Tue, 11 May 2010 06:30:29 +0000 http://www.xxmiglia.com/index.php/2010/05/pinguini-in-cucina-i-chili-con-carne/ cocopazzo.jpgPenso che dovresti cmq fare pinguini in cucina come rubrica
Cementino, 3 maggio 2010, ore 16.06

Che diamine, perché non ci ho pensato prima? Parlo sempre di cibo con tutti, mi piace un sacco mangiare e il mio status di gtalk è un cibo diverso ogni giorno da tipo tre anni. Certo, rimane il fatto che sono un cuoco men che mediocre, ma questo non mi ferma dallo sperimentare e dal divertirmi a provarci. Se poi la roba viene buona, tanto di guadagnato. Pinguini in cucina sarà quindi una sorta di racconto in salsa pinguinosa di ricette come le faccio io, ovviamente con considerazioni idiote e trattando i miei interlocutori come imbecilli. Cosa che, in realtà, è quello che vorrei i libri di cucina facessero con me.

Iniziamo col botto (letteralmente, capirete perché) con la mia specialità, il chili con carne. Cucina etnica, yuhuu! E poi sta arrivando l’estate e nessuno avrà voglia di roba calda e piccante e così quando tornerà il freddo tutti se ne saranno dimenticati. La so lunga, vero?

Prepararsi

Per cucinare il chili con carne per 2 persone abbondanti (abbondante il chili, non la persona. O perlomeno, non è strettamente necessario) o per una persona che ci mangi due volte, armatevi dei seguenti ingredienti:

  • Carne tritata di manzo, circa 4 etti. Non deve essere troppo magra, ma nemmeno troppo grassa. Non serve che sia carne bonissima ma nemmeno ciappi. Io di solito faccio così: al supermercato, al banco frigo, normalmente ci sono tre categorie di carne trita: finissima (o di primissima scelta), fine e da sugo. Io prendo la fine. Se però voi siete gente raffinata potete anche andare dal macellaio di fiducia e spiegargli la situazione. Lui capirà, è il suo mestiere, poi prenderà il pezzo più costoso che ha e lo triterà per voi. E probabilmente sarà troppo magro.
  • Fagioli messicani: io qua la faccio facile e uso questi qua, quelli della Uncle Ben’s. Si trovano direi in tutti i supermercati, di solito nell’area “etnica” più che in quella “scatolame”. Se non li trovate (ma chiedete al commesso, dai, non vi mangia mica) o volete proprio farli freschi, sono cazzi vostri. Io non ne sono capace. Ve ne serve comunque una scatola intera.
  • Salsa di pomodoro: una scatola. A me piace la Mutti un po’ rustica, ma nessuno vi impedirà di usare un’altra marca, o la passata, o i pelati o financo i pomodori freshi. Certo, basta che poi non vi venite a lamentare con me se non viene uguale uguale al mio manicaretto.
  • Due cipolle: quelle normali, “bionde”, di dimensione media. Non ho mai provato con le rosse, secondo me non ci stanno bene.
  • Spezie: eeeh, qua va a gusti. A me piace metterci peperoncino, coriandolo e cumino. Se non li avete o non vi piacciono, van bene anche i misti per chili che si trovano in giro. Se poi vi piace altro, fate pure. Accetto persino suggerimenti, pensate un po’.
  • Olio d’oliva: un pochino. Extravergine, dai, non fate i morti di fame.
  • Sale: sale sale e non fa male. Veramente alle arterie e alla pressione il sale fa male.
  • Acqua: vi servirà ed è probabile che se cucinate abbiate un rubinetto a disposizione. Ma avevo promesso di trattarvi da imbecilli, no?
  • Tortillas: anche queste le trovate al supermercato, di solito accanto ai fagioli sopra citati. Se non le trovate, van bene anche le piadine romagnole sottili (quelle del Mulino Bianco sono accettabili), altrimenti potete farle in casa con la farina di mais, ma io non saprei da che parte iniziare. Contatene 4 a porzione. Siccome stiamo dando una ricetta per due porzioni, 8 tortillas. Devo proprio dirvi tutto?

E poi l’attrezzatura (questa è facile):

  • Cucchiaione di legno per girare la sbobba
  • Pentola, meglio se bassa e larga e magari antiaderente
  • Tagliere per tagliare la cipolla
  • Coltello per tagliare la cipolla (è impegnativa, questa qui…)
  • Padella (o in alternativa un forno) per scaldare le tortillas
  • Fornelli
  • Grembiule: non è obbligatorio ma a me piace metterlo perché mi sento buffo. Indosso alle donne poi è pure sexy.

Cucinare

Eccoci qua. Facciamola a passi, così è più facile anche per voi che siete un po’ tardi.

1) Indossate il grembiule e tirate fuori tutti gli ingredienti. La seconda condizione non è obbligatoria ma tutti i cuochi dicono di farlo e io mi appecoro.

2) Sbucciate e tagliate la cipolla: attenzione, non fatela troppo fine, i pezzettoni ci stanno bene. Niente frullatore o tritatutto, dai, andate di coltello. Piangerete un pochino, se non volete che le vostre lagrime vadano sprecate pensate ai bambini sudanesi venduti come schiavi e al vincitore di Annecy 2009.

3) Prendete la pentola,  metteteci un po’ d’olio (abbastanza da ungere il fondo, non esagerate, non dovete friggere), scaldatelo di brutto e poi metteteci tutta la carne. Giratela a fuoco vivo fin che non diventa tutta bella bruna, bella tostata. E’ un passo importante altrimenti la carne poi viene fuori tipo bollita e fa un po’ l’effetto Ciappi. Per fuoco vivo e olio caldo, intendo dire di prendere il fornello più grosso che avete e di metterlo al massimo.

4) Abbassate il fuoco e ficcate dentro tutti gli altri ingredienti, nell’ordine che vi pare. Cipolle, fagioli, pomodoro, spezie, sale, tutto dentro. No, le tortillas no. E la carne l’avete già messa, non ricordate? Beh,  tutto dentro, mescolate e lasciate cuocere a fuoco medio basso per circa 40 minuti.Per la quantità di sale e di spezie, vi abbandono a voi stessi. Vi tocca assaggiare. E non fate i maschi alfa, suvvia: non esagerate col peperoncino che poi sembra che non sappia di niente e per mangiarlo vi tocca mettervi la cera fusa sulla lingua.

5) Durante la cottura ogni tanto girate e se il composto vi pare troppo asciutto (può succedere se non mi avete ascoltato come dovevate e avete preso carne troppo magra) dateci dentro di olio. Aggiungete acqua ogni tanto se si consuma troppo e rischia di bruciarsi. Potreste usare pure un coperchio per far consumare di meno, ma siccome non l’ho elencato nelle attrezzature la strategia vi è preclusa.

6) Quando sembra pronto, arriva il trucco magico: il chili deve riposare. Non ho mai capito bene quale sia il principio fisico-chimico alla base di questa alchimia, ma se spegnete il fuoco e fate riposare il piatto almeno dieci minuti e poi ci date ancora una scaldata, risulta più amalgamato e cremoso. Dirò di più: se siete previdenti e lo fate la sera prima e resistete alla tentazione di mangiarlo, il giorno dopo è migliore.

7) Ci siamo quasi. Quando giudicate la mistura pronta, lasciatela al caldo e passate alla tortillas. Se usate la padella, basta una rapida passata per scaldarla, ma capisco che sporcare una padella solo per quelle stupide focaccette di mais è una bella menata, allora potete anche metterle in forno. Occhio però che non si secchino troppo, altrimenti poi non riesci ad arrotolarle e ti si rompono in mano, e poi dici le parolacce. Ti conosco.

Mangiare, bere ed effetti collaterali

Se non avete voglia di sporcare troppe stoviglie vi basterà un cucchiaio di portata per servire, anzi, addirttura anche il cucchiaio di legno che avete già sporcato. Io però un piatto a testa ve lo suggerisco caldamente, morti di fame che non siete altro. Su, che intanto lava la lavapiatti. Ogni commensale metterà una quantità decente di chili in mezzo a una tortilla (a proprio gusto), la arrotolerà e mangerà con le mani. Occhio a non macchiarvi, questa sbobba tende a sfuggire dalle tortillas: ed ecco che un piatto capita a fagiolo.

Come accompagnamento bevereccio, trovo che il chili sia molto tollerante: io prediligo il vino rosso, magari leggero o addirittura frizzante (un Buttafuoco o una Bonarda, direi), ma mi pare evidente che i messicani lo bevano con la birra (anch’essa leggera e possibilmente frizzante). Non vedo niente di male a berlo anche col vino bianco (leggero e magari frizzante), anche se non ho mai sperimentato di persona. Per chi non beve alcolici, sono convinto che la Cocacola ci stia bene, basta che sia frizzante. Altrimenti, alas, anche l’acqua. Quella però non frizzante, dai. L’acqua gasata è malvagia.

Infine, sappiate quello che i libri di ricette non dicono mai. Il chili si digerisce bene, nonostante la cipolla, perché cuoce un bel po’. Tuttavia se lo mangiate la sera farete un bel po’ di puzzette durante la notte per la combinazione di carne e fagiuoli, e il giorno dopo probabilmente farete anche la popò un po’ molla. Non è nemmeno escluso che vi bruci un po’ il sederino. Ma non spaventatevi, ne varrà la pena.

Nota finale

Qualcuno nel chili ci mette anche i peperoni. Non io. Qualcun altro mescola la carte di manzo con un po’ di salsiccia. Non fa per me. Infine, c’è anche chi ci mette i genitori dei propri nemici tritati. Se fate i bravi, non credo di farlo.

(caso mai ve lo chiedeste, l’immagine Cocopazzo è (c) Golosino 2010. Amo quest’uomo)

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