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Analisi della Settimana Enigmistica: terza parte

3. I rebus

Nonostante quello che i lettori più maliziosi potrebbero pensare, "L’antologia di Edipo" di pagina 10 non è una sfilata di persone che si vogliono trombare la propria mamma, ma il posto principe per i rebus nella Settimana Enigmistica. I rebus concettualmente sono molto simili alla categoria degli enigmi in versi, ma la palese differenza strutturale (cioè la presenza di un disegno) li distingue parzialmente, e fa sì che essi ricadano in due locazioni, all’interno della "Sfinge" (vedi il capitolo 2) ma anche in altri posti ad essi dedicati: nella citata "Antologia di Epido" e nelle variazioni "Stereoscopico" a pagina 40 e "Anarebus" a pagina 6. Come da tradizione dell’intera rivista, i rebus all’interno delle "Sfingi" verso l’inizio sono più facili di quelli verso la fine.
Un rebus è composto da una vignetta con alcune lettere poste sopra alcuni oggetti. Il disegno è sempre in stile realistico, ripassato a china al tratto e di qualità media piuttosto buona: magari non verrebbe accettato da Bonelli, ma è di solito meglio di gran parte dei disegni nei fumetti porno o di paninari. La composizione della vignetta inoltre deve prevedere la giustapposizione di diversi oggetti, quindi spesso è necessario studiarla con attenzione perché elementi di diverse proporzioni possano essere messi nel corretto ordine: la sovrapposizione dei piani prospettici a volte non è certamente elementare.

I rebus non sono di solito particolarmente ermetici nelle loro risoluzioni (ovvio, ci sono quelli facili e quelli difficili!), ma necessitano di un minimo di iniziazione. Personalmente, ho sempre saputo come funziona il meccanismo dei rebus ma più di una volta mi sono sorpreso nel dover illustrare i principi basilari della risoluzione dei rebus a persone insospettabili. Insomma, quello che a me pare lampante e di per sè evidente, la costruzione di frasi mediante lettere e parole desunte dalle immagini ricombinando la struttura dei termini in parole dal numero di lettere indicato in testata, forse così ovvio non è.

È pur vero che i rebus hanno alcune convenzioni che solo l’esperienza può insegnare, dal punto di vista strutturale e da quello lessicale.
Per quello strutturale, esistono alcune regole che vanno conosciute: ad esempio, i rebus si leggono da sinistra a destra e dall’alto in basso. Pare ovvio, ma è importante vedere che la posizione delle lettere rispetto all’oggetto a cui fanno riferimento può indicare anche se esse vanno prima o dopo la parola. Quando è esattamente sopra l’oggetto, in genere vanno poste prima se l’oggetto è all’inizio della frase, dopo altrimenti, ma non c’è una regola precisa.
Esistono poi alcune regole per le lettere: infatti un parametro per giudicare la qualità di un rebus è di valutare quante lettere sono presenti. Una buona soluzione deve averne poche, ma non troppo poche (almeno una per ogni oggetto). E per risparmiare lettere esistono alcuni trucchi: due lettere poste una accanto all’altra si leggono insieme (anche se possono essere ovviamente separate in due parole differenti) ma se sono separate da uno spazio si sottindende una congiunzione "e". Ad esempio "N S" diventa il gruppo "nes". Meno comune è l’espediente di scrivere una lettera piccola e rialzata rispetto ad un’altra, mimando un esponente: in tal caso si legge "a". Ad esempio "NS" diventa "nas". Per mimare la lettera "a", infine, si usa anche il poco ortodosso trucco di mettere un oggetto in mano ad una persona, sottintendendo il verbo avere "ha" che perde l’"h" nella costruzione della soluzione. Può far rabbrividire i puristi, ma è interessante notare che è uno dei pochissimi mezzi che si ha in italiano per giocare con le pronunce multiple, cosa che invece è la base dei rebus in inglese e in francese.

Dal punto di vista lessicale, alcuna parole ricorrono con maggiore frequenza di altre spesso nei loro sinonimi meno consueti. Il mondo dei rebus è un mondo popolato di altari sparsi in mezzo alla campagna, spesso in coppia (are), di armadi aperti o persiane spalancate (ante), di bugiardi matricolati o di bevande rinfrescanti (mente): questi tre elementi sono comunissimi perché compongono suffissi di vocaboli comuni in italiano (rispettivamente, verbi all’infinito o al participio presente e avverbi derivati da aggettivi).
Ma accanto a questi nel mondo dei rebus si trovano spesso donne con mani giunte e un rosario in mano (pie), bevande delle cinque del pomeriggio piazzate ovunque, quasi sempre della varietà "ceylon" chiaramente indicata (), panoramiche di Torino col fiume che lo attraversa in bella evidenza (Po), vecchiette o vecchietti (ave o avi), coltelli conficcati un po’ ovunque (lame).
Non mancano infine i riferimenti al mondo classico e operistico, con statue o manifesti di opere. In entrambi i casi, qualche indizio aiuta a capire di che si tratta: ad esempio, su una statua di Venere ci sarà scritto "La versione romana di Afrodite", o su un manifesto del Rigoletto il titolo sarà cancellato ma si scorgerà un gobbo chiosato da "Melodramma di Piave musica di G. Verdi" .
Inoltre, a differenza dei cruciverba, sono ammessi e sono comuni i verbi coniugati: una persona che compie una certa azione divente quel verbo alla terza persona singolare presente: un uomo che entra in un luogo è entra. In una variante dei rebus, gli "stereoscopici", si usa comunemente il passato remoto. Tali rebus, infatti, la cui definizione è curiosamente ripetuta ogni volta che compaiono ("Questo rebus è costituito da due vignette perché la sua soluzione deve essere determinata dal raffronto di esse"), prevedono che nella prima vignetta un personaggio compia un’azione, e nella seconda compaia di nuovo lo stesso personaggio a fare altro. Quasi sempre, la soluzione prevede che si usi il passato remoto delle prima azione in raffronto a quello che fa successivamente. La blanda relazione tra fumetti e rebus, esplicitata solamente nel concetto di costruzione della vignetta e nel senso di lettura, negli "stereoscopici" diventa più forte perché introduce il concetto di closure tra vignette.

I rebus hanno un aspetto comico: si provi ad osservare una vignetta senza considerarla come un enigma ma come se fosse un quadro. E allora si nota come, nella grande maggioranza dei casi, ci si trova di fronte a scene assurde in cui elementi palesemente incompatibili sono giustapposti solo in virtù di dover illustrare un enigma. Scene che rappresentano i soliti altari campestri accanto ai quali sostano delle iene, o gente che cala delle giare giù da una finestra,, o anziane torinesi in una campagna accanto al Po meditano di fronte ad una finestra aperta. Dev’essere brutto, vivere nel mondo dei rebus.
Tutti questi esempi sono rebus reali pubblicati sulla Settimana Enigmistica n. 3803. Vale la pena però analizzare a fondo il rebus 803138 (4,12,10) nello stesso numero come esempio globale di quasi tutto quello che è stato detto finora. Preferisco non includere l’immagine per questioni di copyright (tanto più che con quest’analisi della Settimana Enigmistica arrivano su questo sito non pochi googlatori enigmisti), quindi mi limito a descriverla.
Siamo in un bosco: su un sentiero camminano due donne con un velo in testa, le mani giunte, e ovviamente il rosario d’ordinanza. Campeggiano le due lettere TI su di esse. Accanto a loro, una scena bucolica: una famigliola fa un picnic. Le due figliole sono impegnate con uno scoiattolo. Una di esse, denominata S, è terrorizzata dall’animaletto tanto che dai brividi per la paura quasi non sta in piedi. L’altra, tanto anonima quanto stronza, ride. I genitori si accingono a preparare il pranzo: il papà si occupa dei beveraggi e, essendo un intenditore, ha deciso di pasteggiare con due enormi flaconi con su scritto "Piperita", contrassegnati dalle lettere IR, flaconi che tiene in braccio gelosamente. Il babbo si chiama S (come la figlia!). La mamma, anonima, è china su un cestino ricolmo di ogni ben di dio: un pollo, pane, salame. Tale abbondanza è LI.
Soluzione: TI pie S trema mente IR a S cibi LI; tipi estremamente irascibili. C’è di tutto, qui: le pie, le mente, il verbo alla terza persona, il verbo avere che bara, la scena ridicola. Sono quasi commosso!

PS: per chi se lo fosse chiesto…gli anarebus non sono i rebus anali. Sono i rebus anagrammati.