Anche se è già passata, ho un sacco di cose da dire sull’Epifania, una meno interessante dell’altra. Vi vedo già fregarvi le mani per potermi deridere.
C’è da raccontare l’aneddoto sul carbone dolce. Mi spiedo, come dice il pollo: a casa XXmiglia non si portano i regali ai bambini per la Befana, ma solo i dolci nella calza, e con una condizione: solo se sono stati buoni! Ai bambini cattivi, quella vecchia zoccola della befana che non sa farsi i cazzi suoi porta il carbone. Un anno si decise di fare un simpatico scherzo ai bambini: nascondere caramelle e cioccolatini e mettere nella calza del carbone di zucchero, un prodotto probabilmente escogitato appositamente per simili goliardate. Curiosamente non ricordo come reagii io, ma ricordo invece che mia sorella era inconsolabile: “Sono stata buona! Perché ho avuto il carbone?”, singhiozzava tra le lagrime. “Ma no, sì che sei stata buona, non vedi? E’ carbone dolce!”, cercavano di rimediare i grandi. Eh, ma il carbone è carbone, che sia dolce o amaro. Le regole della Befana non lo specificano, quindi eravamo stati cattivi. Che disdetta.
C’è comunque da stigmatizzare la seconda dose di regali che i bambini più viziati ricevevano o ricevono oggi. Sì, sto parlando proprio con te. Vergognati!
C’è da commentare la strana usanza che si sta diffondendo di fare gli auguri alle donne per la Befana. Mi dà l’idea di qualcosa nata come ironia da parte degli uomini, o ancor di più autoironia da parte delle donne, e poi sia un po’ sfuggita di mano e abbia perso la sua valenza originaria per diventare un’abitudine. Oggi, il sei gennaio si fanno gli auguri alle donne e non si pensa molto al fatto che la ricorrenza è data da vecchia una signora repellente con un sacco di bubboni.
C’è da narrare l’aneddoto sull’ultimo pranzo delle feste del Piccolo Luca. Questa è veloce: a casa XXmiglia/Bielli e dintorni nelle feste di Natale erano previsti sei pranzoni/cenoni. Il 24 dicembre sera, in occasione dell’apertura dei regali, era la cena dei bambini, a base di pizzette, cocacola, salatini e panini al latte farciti. Il 25 a pranzo era il pranzone di Natale, a base di carne: agnolotti, stracotto, salumi. Il 26 il pranzo di Santo Stefano era parimenti abbondante e a base di pesce: salmone, cozze, spaghetti ai frutti di mare, scampi. Qualche giorno di pausa, e si arriva al cenone del veglione, a casa della nonna coi suoi amici. Non paghi, il pranzo dell’1 era anche più rigoglioso (nonché detestato quand’ero più grandicello e facevo bisboccia a capodanno). E infine, quando le panze erano già stroncate, c’era l’ultimo colpo di grazia per salutare le feste (e il fegato) all’Epifania.
E infine c’è da esegesizzare la ben nota filastrocca:
La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il vestito alla romana
viva viva la befana
Tutti, suppongo, si son sempre chiesti in cosa diavolo consista un vestito alla romana. Forse sarà come gli gnocchi alla romana, quindi fatto di semolino. Però probabilmente solo io mi son chiesto perché bisogna festeggiare una di cui conosciamo solo le abitudini notturne, la vetustà delle calzature (che diamine, invece di portare il carbone ai bimbi cattivi vendilo e comprati un paio di crocs verde smeraldo nuove!), e l’abbigliamento fatto di semolino. Boh. Viva viva lo stesso.
Beh…buona befana (in ritardo) a tutte!