Quando avevo circa 12 anni, c’è stato un periodo in cui mi sono cimentato come Pescatore di Polpi in Apnea. Partivo dalla spiaggia di Alassio armato di pinne, fucile ed occhiali, tranne che il fucile era un semplice tridente senza possibilità di spararlo perché in effetti fa brutto andare in mezzo ai bagnanti armato (per tacer del fatto che ci vuole qualche permesso, suppongo). E poi già mi son fatto male col tridentino così, facendomi un taglio sul polpaccio destro di cui porto ancora la cicatrice, figuriamoci sparando! Mi piccavo di essere un ottimo subacqueo, sostenendo di scendere “a otto metri”. In realtà non ho la minima idea di quale fosse le profondità a cui scendessi, ma una volta che impari a compensare, è solo questione di avere un pochetto di fiato, quindi non c’è molto da pavoneggiarsi.
E così andavo a caccia di polpi. Alassio ha una spiaggia di sabbia molto fine, e anche andando verso il largo il paesaggio sottomarino è piuttosto uniforme (e un po’ palloso per chi volesse fare snorkeling, diciamolo!). Il vantaggio di questa morfologia è però che le occasionali rocce o relitti (bidoni, tronchi d’alberto…) che si trovano sott’acqua sono i soli posti dove i polpi possono fare la tana. La strategia di caccia è quindi presto fatta: si va a zonzo in superficie finché non si scorge un luogo papabile per un polpo; lì ci si immerge e si verifica se c’è un polpo; se c’è, lo si infilza, altrimenti si passa alla roccia/relitto successivo (l’istinto dell’informatico ha trasformato la pesca al polpo in un algoritmo!).
Un giorno, il cielo era quasi completamente coperto e io, fischiettando sotto il pelo dell’acqua la canzone dei Puffi, stavo cercando cefalopodi. All’improvviso, le nuvole si aprirono e un raggio di luce filtrò, penetrando sott’acqua e illuminando una roccia subacquea poco lontana che mi era sfuggita. Non poteva essere altro che un segno divino, lì sotto ci sarà per forza una Piovra Gigante con cui sfamerò l’Etiopia! Scesi, e come sicuramente avete immaginato non c’era una ceppa.
Da allora, se vedo sul muro una macchia di umidità a forma di Padre Pio chiamo il condominio, non i giornali. Ripensandoci, forse è questo il vero miracolo.