Due parole su quel che ho letto lo scorso weekend, spaparanzato sulla sdraio al sole. Dura la vita. Vediamo se avrò voglia di farne una rubrica regolare, ché qui si pisola troppo.
Di bello:
– Valentina Melaverde v.4, di Grazia Nidasio: Valentina Melaverde è meraviglioso. Le piccole grandi avventure di una tredicenne in una città negli anni ’70. Un fumetto splendidamente anni ’70, con lo spirito del tempo ma ancora moderno. E poi è proprio divertente e ben disegnato.
– L’appartement v.1, di Kung Full: un horror coreano che mi son procurato nell’edizione francese, dopo che in Italia la serie è stata iniziata e subito abbandonata. Un disoccupato scopre che ogni giorno, alle 21.56, in alcuni appartamenti si spegne la luce. Indaga la cosa e scoprirà questioni inquietanti. E poi cambia il punto di vista… Fa un sacco di paura ed è costruito davvero in modo entusiasmante. Non vedo l’ora di finirlo.
– Ralph Azam v.1-3 di Lewis Trondheim: il nuovo fantasy di Trondheim, dopo che ha, ahimé, abbandonato il Donjon, ne riprende lo spirito di follia, invenzioni e un po’ di sadismo nei confronti dei suoi personaggi. Si legge che è un piacere.
Di brutto:
– Deadpool v.1 di David Lapham e Kyle Baker: io i supereroi non li reggo più in nessuna forma, neppure in quelle revisioniste / sopra le righe/ postmoderne. Ho provato a concedere un’eccezione per questo per uno scrittore che mi piace con uno dei miei disegnatori preferiti, ma no. Supereroi, no.
– Io sono Legione di John Cassaday e Fabrien Nury: horror, fantastoria e spionaggio sono ingredienti che se mescolati hanno del potenziale, ma in questo caso son stati sfruttati proprio male. Trama confusissima, con personaggi che appaiono agire a casaccio e Dracula tirato fuori dal cappello (ma no? quando inizia una storia in Romania, si sa che finisce sempre lì). Pffff, ho fatto proprio fatica a finirrlo…
– Darwin di Paola Barbato e Luigi Piccatto: a me le storie apocalittiche piacciono un sacco, ma questa mi ha fatto proprio rizzare i capelli per la sciatteria, la confusione, la povertà dei dialoghi, la banalità dei personaggi e delle situazioni. Salvo solo l’idea, da quel che so inedita, di una Parigi post-apopocalittica (con inevitabile visita a Tour Eiffel e Louvre!) e i disegni di Piccatto.