Alassio, 1989
E’ un gran giorno, oggi. Il quattorquindicenne Luca andrà in televisione. E non una televisione qualsiasi, ma addirittura Tele Tril, Tele Radio Indipendente Ligure: Tele perché è una televisione, Radio perché trasmette attraverso le onde radio, Indipendente perché non è la Rai, Ligure perché la sede è in Liguria, nelle alture dietro Ceriale. A casa mia c’è ricezione per Tele Tril; si tratta di uno di quei canali privati che mi hanno allietato l’infanzia trasmettendo caterve di cartoni animati giapponesi intervallati da un sacco di pubblicità di Aiazzone e Rotowash. Tra parentesi, un applauso alla lungimiranza dei programmatori della pubblicità che durante i cartoni animati bombardavano i bambini con mobili e attrezzi per la pulizia. Sono serio: trent’anni dopo, quando ho dovuto scegliere i mobili per casa mia, non ho potuto fare a meno di passare da Aiazzone ed esitare un attimo, nonostante fossero mobili orrendi. E tuttora desidero verificare se Rotowash fa proprio quello che dice.
Ma torniamo a Luca in televisione. Non si trattava, come avrebbe dovuto essere, di un programma dedicato proprio a me, ma di una trasmissione collettiva: avevano invitato l’intera Scuola Tennis di Alassio, di cui ero membro, nell’ambito di un ciclo relativo allo sport per ragazzi nella provincia di Savona. Ci portarono negli studi, e rimasi colpito da quanto fossero piccoli e spogli: una telecamera, qualche gradinata per il pubblico, due sedie e un tavolo. Ma come! La tv è così?!? Io non aprii bocca, un untuoso presentatore intervistò a lungo il maestro Mario P., sosia di Phil Collins, nonché, più brevemente, qualcuno dei giovani tennisti più dotati, tra le cui fila io non militavo, ahimé. Il maestro, anche durante queste interviste, faceva lo spiritoso da fuori campo.
Tuttavia, venni nominato: tutti i membri del Tennis Club furono inquadrati e il loro nome pronunciato ad alta voce. E quello fu il mio primo momento di celebrità televisiva. Ne ebbi un secondo: mentre il maestro pontificava, la telecamera ogni tanto vagava sui giovani atleti, e io fui inquadrato una seconda volta. Siccome dalla mia postazione potevo sbirciare il monitor, seppi che ero in onda, alzai la manina e salutai. Il cameraman si staccò dalla sua macchina, alzò lo sguardo e mi fissò come per dire “Ma sei scemo?!?”. Ok, non lo faccio più. E infatti da allora non ho mai più salutato quando inquadrato dalla telecamera.