Quando ho iniziato ad andare al cinema regolarmente e seriamente (si fa per dire…) mi è stato insegnato che bisogna vedere i titoli di coda. Perché? Perché a) fanno parte del film b) è una forma di rispetto a tutte le persone che vi hanno lavorato.
La cosa mi è sempre stata abbastanza bene, tanto più che aggiungo a quei due sacrosanti motivi il fatto che in alcuni film c’è il pezzettino dopo i titoli di coda che a volte è un controfinale o un’aggiunta (I Pirati dei Caraibi, Il giorno degli zombi, Wayne’s World), e, molto più importante, permette di distinguersi dal popolo bue che sente il dovere di correre via come topolini appena si accendono le luci (è più forte di me…).
Ultimamente, però, sto diventando un po’ insofferente a quest’abitudine a causa dell’eccessiva verbosità dei titoli di coda. La mia opinione è che questo accada per due ragioni: prima, la spregevole ed imbecille abitudine di far scorrere i titoli di testa al contrario alla fine del film. Inizia con una parvenza di logica per le prime due-tre schermate: “Pirati dei Caraibi” “Diretto da Gore Verbinski”. Segue poi gente relativamente meno interessante (direttore della fotografia, montatore etc.), gli attori minori e infine gli attori maggiori. Non ha senso! Tanto più che i nomi degli attori maggiori vengono ripetuti subito dopo all’inizio dei titoli di coda veri e propri. E ora parliamo di questi. Mi sta bene che si citino tutti gli attori comprese le comparse, tutti i revisori della sceneggiatura, tutti i tecnici ivi inclusi i best boy. Ma mi ribello quando mi segnalano chi ha fatto il catering, i falegnami, i programmatori dei software di effetti speciali, le segretarie. Non sono artisti che hanno lavorato al film, si tratta di gente che fa un altro mestiere e che per caso ha avuto una produzione cinematografica come cliente. La differenza è ancor più evidente se si pensa che questi riconoscimenti non sono tributati in nessun altro tipo di lavoro, nemmeno in ambito artistico-creativo. Avete mai trovato i revisori delle bozze in un libro? O avete mai visto una targa in una casa che reciti “I muratori hanno mangiato la focaccia di Mario”? O ancora, più semplicemente, i nomi dei programmatori di un software senza ricorrere ad easter eggs? Ecco, un’eccezione credo possa essere costituita dai videogiochi, ma in questa forma di intrattenimento la convergenza col cinema è sempre più evidente.
Io vado al cinema di solito al primo spettacolo e mangio dopo. Alle 22 ho quindi fame, il culo piatto e mi scappa la pipì. Se volete che rimanga a vedere i vostri nomi, cari lavoratori nell’industria cinematografica, selezionateli meglio.
Pour Luca
Approximativement
Lewis Trondheim
(o quel che c’è scritto nella sua firma. Ci vuole poco per far felice un bimbo!)
(Haiku, breve composizione poetica giapponese in tre versi da 5, 7 e 5 sillabe. Deve contenere un riferimento ad una stagione e deve succedere qualcosa. )
Come i miei affezionati lettori sanno, esiste una rara specie di scimmia che compone haiku; in particolare la scimmia Sbomballa è specializzata nel comporre haiku da utilizzare nella vita di tutti i giorni. Il vostro eroe, arrampicandosi sul suo albero e schivando i proiettili di cacca, ne ha rubato alcuni esempi.
Comprare il pane
Cala il freddo,
la dispensa è vuota.
Due biove, prego.
Inveire contro un automobilista indisciplinato
La meretrice
che fornicò d’estate
è la tu’ mamma.
Svignarsela dalla visita a casa della zia Mariolina
Guarda su il cielo:
le rondini migrano.
E così pur io.
Invitare i colleghi a prendere un caffè alla macchinetta
La neve copre
i pensieri, letargo
bianco. Un caffè?
Sgridare proprio figlio per un insufficienza a scuola
Fiume leggiadro
mormora. Un ramo si
muove. Su di te.
Chiedere dov’è la farmacia più vicina ad un passante
Gelo di marzo.
Messer, l’ossa dolgono,
dove il rimedio?
Se non vi piacciono, prendetevela con Sbomballa.
E ora qualcosa di completamente diverso, qualcosa di cui non si sentiva affatto la mancanza: domande e risposte semiserie su questo sito, la maggior parte delle quali non sono mai venute in mente a nessuno. Questo articolo sarà linkato permanentemente in alto a sinistra sotto il Pinguino e aggiornato se necessario.
Domande generiche
Da dove viene il titolo del blog?
Leggi qua il primo post, nel lontano ottobre 2004. Lì spiego tutto.
Non ne ho voglia. C’entra Linux? C’entra Evangelion? C’entra l’ornitologia antartica?
No.
E allora da dove viene?
Ma vattelo a leggere e non rompere!
Uffa. Certo che è un titolo davvero imbecille, eh.
Non sarò io a negarlo.
Ma tu sei di Ventimiglia?
No, mi chiamo Ventimiglia.
E quelli di Ventimiglia non si arrabbiano?
Secondo me quelli di xxmiglia.net mi detestano. Ma se mi volessero pagare abbastanza, potrei anche cedere loro il dominio.
Perché scrivi così poco? Gli altri blogger fanno almeno un articolo al giorno!
Sì, e poi raccontano che ieri sera sono andati a mangiare la pizza. Io prediligo la qualità alla quantità, e visto che la qualità è così bassa, la quantità dev’essere minima. Però è regolare!
Ma perché il rosa? Di’ la verità, sei un po’ ricchione.
No, almeno, non che io sappia. Il rosa è però il mio colore preferito.
Perché viviamo?
Per amarci gli uni con gli altri e costruire un mondo migliore. Ma perché lo chiedi a me?
Così, mi è venuto in mente.
Ah, allora va bene.
Il tuo sito funziona male col mio browser!
Fai in modo che il tuo browser, risoluzione del monitor e sistema operativo corrispondano ai miei (Firefox 2.0, 1280×1024, Ubuntu 7.04). Oppure scrivimelo e può darsi che io provi a risolvere.
Sezioni del sito
L’Enciclopedia Stronza mi fa cagare!
A te e a metà dei lettori del sito. L’altra metà invece la adora. A me piace, quindi va avanti.
Quanti Misteri della vita farai?
Finché non finisco le idee, il numero è solo per fare fico.
E perché ci metti il numero romano?
Perché fa più fico. Oh, insomma, devo proprio dirti tutto?
Come faccio a proporre/commissionare un Mistero della vita?
Questo è un Mistero della vita. No, dai, scrivilo nei commenti o in mail privata a me e se lo ritengo degno lo rielaborerò e lo pubblicherò. C’è già un precedente proposto da Serir.
Perché non escono più gli articoli della serie Odia gli stupidi?
Per più ragioni, ma se vuoi una capra espiatoria prenditela con Amuzani. Comunque prima o poi credo che qualcos’altro arriverà ancora.
E la categoria Pinguini nel salotto cosa mi rappresenta?
In origine era destinata strettamente al concetto omonimo, cioè all’osservazione con occhi nuovi di quello che mi circonda, ma poi è finita per essere una specie di jolly, di categoria “tutto quello che non va nelle altre categorie”.
Ma allora perché non fai una categoria jolly apposita?
Fatti i cazzi tuoi.
Perché hai così pochi link?
Perché linko praticamente solo i siti degli amici che conosco dal vivo, e pochi di loro hanno un sito. Inoltre, perché sono un misantropo.
E perché nessuno ti linka?
Perché io non linko nessuno.
Perché gli aneddoti inconcludenti riguardano solo la tua infanzia?
Cito da un mio vecchio post:
“Suppongo qualche aneddoto inconcludente degno di essere raccontato ci sia anche nei diciotto anni successivi al conseguimento della licenza media. Ma sono eventi dai colori brillanti, privi di quella patina di ingiallimento e di relativa nostalgia agrodolce che me li rende più gustosi da raccontare. E’ sostanzialmente roba un po’ contro lo spirito con cui racconto i miei aneddoti: non ho ancora (e non so se mai l’avrò) rimpianto per gli anni del liceo e dell’università, e poi è roba troppo, troppo fresca.”
Detto in soldoni, fanno meno ridere.
Quindi non racconterai mai che ieri sera sei andato a mangiare la pizza?
Potrei cambiare idea. In fondo gli aneddoti dell’infanzia sono limitati, prima o poi finiranno. Anzi, son già finiti. Ieri sera ho preso una prosciutto e funghi.
Commenti
Il mostrillo che campeggia accanto ai miei commenti è orrendo! Voglio un avatar personalizzato!
Hai due possibilità: ti crei un “globally recognized avatar” (gravatar) in questo sito, cosa che dovrebbe permetterti di avere un avatar qua e in un bel po’ di blog, oppure mi mandi via mail un’immaginina più o meno della dimensione giusta (50×50 pixel) e appena ho tempo la metto su. Comunque il tuo mostrillo è bello.
Come faccio a commentare?
Clicca su “Commenti” per accedere alla pagina apposita o sulla nuvoletta pei commenti pop-up. Dai, ci potevi anche arrivare da solo.
Ma perché dovrei commentare?
In effetti non c’è nessuna buona ragione. Non commentare.
Perché quasi tutti i vecchi post sono privi di commenti?
Perché a gennaio 2006 ho cambiato piattaforma di blogging (da plog – no, non lo conosci – a wordpress), e non ho avuto voglia di migrare anche i commenti. Comunque credimi, erano pochi e poco significativi (e con questo mi son attirato l’ira dei miei commentatori di vecchia data).
Non è comparso un mio commento!
Se hai messo quattro o più link dentro viene trattenuto come sospetto spam e devo processarlo io a mano, e se sono andato a trovare la zia Luigina magari lo faccio solo il giorno dopo. Oppure ho deciso che non mi piacciono i tuoi commenti e allora ti impedisco di scrivere qui.
Cos’è ‘sta storia? Qui possono commentare solo i tuoi amici?
No, chiunque è il benvenuto, ma è comunque casa mia. Se qualcuno si comporta male, aizzo il mio cane da guardia e sono guai! Mordi, Quick, mordi! No, Quick, non è ora di cena. Stupido cane…
A cosa servono gli ultimi commenti e le varie statistiche di commenti?
E’ un bieco trucco per far commentare di più la gente. E funziona!
Ma si vince qualcosa ad essere il top commentatore?
Si suol dire che che non esistono domande stupide, ma solo risposte stupide. Beh, non è vero: questa è una domanda stupida.
Hai finito di sparare cazzate?
Per ora sì.
Dopo la pipa e la barzelletta pelosa, a voi un’altra barzelletta orrenda. Anch’essa proviene da qualche momento oscuro della mia infanzia, ma purtroppo non riesco a ricordarne il responsabile; ho qualche sospetto sull’amico sassellino Marco B., detto Il pamparotto, ma non potrei giurarlo. Ma ora si spengano le luci, si zittiscano i cellulari e si ascolti attentamente “Il pappagallo insolente“.
Allora, c’è una signora che va a comprare un pappagallo. Il negoziante le dice: “Stia attenta, signora, che questo pappagallo ripete tutto quello che sente”. “No, va bene, va bene, non c’è problema”. Mentre lo porta a casa dal negozio, si mette a piovere e un signore che passava di lì dice “Minchia, piove!”. Poco dopo incrociano un tizio con un carro trainato da un cavallo che ad un certo punto crolla dalla fatica. Un passante suggerisce al padrone del cavallo: “Schiacciagli le palle che si rialza!”
Però , una volta a casa, il pappagallo continua a stare muto, tanto che la signora si preoccupa e decide di farlo benedire. Chiama il prete che viene a casa della signora e cosparge l’uccello di acqua santa, al che il pappagallo esclama: “Minchia, piove!”. Il prete allora sviene e il pappagallo dice “Schiacciagli le balle che si rialza”.
Appena smettete di ridere analizziamo la storiella. Nel frattempo canticchio un po’.
Firulì, firulà. Lallallerò lallallà. Puffa una canzon.
Su, ora basta ridere! L’introduzione della barzelletta è debole, manca della verve necessaria ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Mi è stata raccontata così, ma si potrebbe aggiungere qualche dettaglio. Ad esempio, potrebbe essere un pappagallo in svendita perché troppo insolente. Oppure la signora potrebbe cercare qualcosa di economico e gli viene rifilato quello. E’ invece ovvio che uno compra un pappagallo perché parla (almeno, nel mondo delle barzellette). A che serve quindi l’avviso del pappagallivendolo?
Della seconda scena, quella del tragitto verso casa, mi piace la scena del cavallo sfiancato, a metà strada tra Tex (“Ehi amigo, schiaccia le palle a quel mustang!”) e Cuore (“Vedi, Enrico, i patrioti del Risorgimento soffrirono molto più di quel cavallo, ma il nobile sentimento dell’Italia Unita fece come se venissero loro schiacciate le palle”), e apprezzo del senso pratico del passante che non si fa i cazzi suoi. Visto che pioveva, però, il cavallo poteva essersi rinfrescato.
L’apoteosi dell’imbecillità sta nella terza scena. Il pappagallo non parla, e la signora che fa? Lo riporta indietro al negozio? Si rivolge ad un veterinario? Tenta qualche tecnica logopedistica? Ne è felice perché non le rompe i marroni? No, niente di tutto questo: chiama un prete! Alla faccia dell’oscurantismo!Il personaggio del prete forse è ancora più surreale di quello della signora o del pappagallo: un uomo di chiesa che evidentemente non ha di meglio da fare che accorrere a benedire pappagalli che non parlano, usando per di più l’acqua santa (la cosa tra l’altro mi puzza un po’ di blasfemo…) e che soprattutto sviene quando sente una parolaccia. Io amo quest’uomo, lo voglio come zio!
Il difetto primario della barzelletta sta a questo punto nel finale: lo svenimento del prete crea una situazione surreale, e la prima frase pronunciata dal pappagallo prelude al finale in modo troppo plateale, e quindi il climax è anticipato. Una delle regole di base delle barzellette è che il finale deve essere in crescendo. E’ come se ne finale della barzelletta del Fantasma Formaggino si aggiungesse: “E il fantasma rimase con un palmo di naso”. Una chiusura in calare deve essere tagliata e se non è possibile, come nel caso della barzelletta oggetto dell’analisi, allora è un’antibarzelletta. Insomma, per che cacchio ridevate prima?
Il mio dinosauro preferito è il diplodoco, perchè è stupidamente magro e perché non finisce per -sauro.
La mia formaggetta spalmabile preferita è il classico Philadelphia, anche se per ragioni dietetiche tendo a mangiarne le versioni Light o Balance.
Il mio colore preferito è il rosa, seguito dal viola. Però mi vesto sempre di blu, perché sono un pusillanime.
Il mio pezzo del pollo preferito è il petto. Amo prenderlo con l’ala attaccata, che è l’antipodo del petto.
Il mio gusto di gelato preferito è il cioccolato. Quando prendo un cono, di solito scelgo due tipi di creme una delle quali è inevitabilmente il cioccolato.
La mia ora preferita va dalle nove alle dieci di mattina. E’ il momento della giornata con la luce più bella e in cui sono più efficiente.
La mia pizza preferita è la quattro formaggi rossa. La pizza ai wrustrer, la napoletana e il calzone però insediano da vicino il primato.
Il mio numero preferito è e^(pi*i)+1 (questa brutta gag la capiscono solo i nerd matematici).
Il mio gioco di Windows preferito è il classico Solitario, immutato dai tempi di Windows 3.1. Campo minato mi ha sempre snervato.
Il mio sapone preferito è quello di Marsiglia, serio e spartano.
Il mio fastfood preferito è il McDonald. Tanto malvagio quanto buono.
Il mio dito preferito è il pollice destro. Non c’è nessuna ragione particolare, mi è solo più simpatico di tutti gli altri.
Il mio classico Disney preferito è Lilli e il vagabondo. Pur essendo conscio che ha parecchi difetti dei Disney barocchi, tocca alcune corde per me irresistibili.
Il mio shampoo preferito è l’Ultradolce di Garnier all’hennè e aceto di mora per capelli scuri. Mi piace come odora e mi attrae la stupidità di fare un aceto con le more.
Il mio posto preferito in treno è quello vicino al corridoio, così posso allungare le gambe.
Il mio animale preferito è il maiale. Da mangiare, ovviamente.
Il mio mezzo di trasporto preferito è la motoretta. Questa era troppo facile.
Le mie parti del corpo preferite (del mio corpo, intendo) sono le ciglia e le cosce. Le prime sono lunghe e folte (c’è chi ha pensato che io mi truccassi), le seconde forti e ben tornite.
La mia lettera preferita è la T. Mi piace come suona e come si scrive.
Il mio fiore preferito non c’è. E’ una branca dell’estetica che non ho ancora affrontato.