Dalla visione del film The Expendables ho imparato che i Veri Uomini:
– fumano il sigaro
– girano in moto, aereo o al massimo pickup (basta che sia corazzato)
– hanno i tatuaggi
– non si drogano, e pare che nemmeno bevano alcolici
– non mangiano
– non tradiscono i propri compagni
– non giocano a basket
– giocano a freccette coi coltelli
– possono o no avere una ragazza, non incide sulla Verouomitudine, ma non hanno una famiglia
– non muoiono
– e vabbè, sparano, menano e ammazzano, ma questo era fuori discussione
Da ciò posso dedurre che io non sono un Vero Uomo. Vi dirò, ne avevo il sospetto.
Pulizie d’autunno! No, tranquilli, non ho intenzione come in primavera di piazzare ai miei poveri lettori gli scarti degli articoli; oggi parliamo davvero di pulizie generali. Partiamo dall’abc: io abito da solo in una mansarda nel centro di Genova. Amo molto casa mia, ma ha un difetto innegabile: per la sua collocazione subito sotto il tetto risulta molto esposta alle intemperie, ed è fredda in inverno e torrida d’estate; è stata chiamata infatti “Casa dei pinguini” (guarda caso!) o “Fornace ardente” a seconda delle stagioni. Il freddo non lo soffro, fortifica il corpo e lo spirito, mentre invece il caldo mi fa patire un sacco. Per fortuna che, almeno in camera da letto, ho un ottimo condizionatore e dormo sereno. Prima o poi mi deciderò a condizionare anche il resto della casa, ma ancora quest’estate, quando ero in casa e la temperatura di sera era 34° (in casa!), vivevo in camera, mangiando, guardando la tv, usando il pc sempre lì, e uscendo solo per andare in bagno, cucinare o poco più.
La conseguenza inevitabile è stata l’accumulazione delle cose relative alla gestione della casa. Per fortuna per le pulizie pago una signora, ma gli oggetti sparsi e il disordine crescono un po’ alla volta. E, di ritorno dalle vacanze, quando la temperatura interna è finalmente 26° e, vedendo le condizioni dell’appartamento ti metti le mani nei capelli, ti rendi conto che è giunto un momento di rappel à l’ordre. E, già che ci sei, metti a posto anche cassetti, armadi e scaffali. Ma…quanta cazzo di roba ci ho? Abito qui da manco sei anni e ho accumulato tutte queste masserizie? Di solito si approfitta dei traslochi per sbarazzarsi di oggetti di dubbia utilità, ma io ho voluto darci dentro già da ora. Ma perché questi oggetti sono rimasti occultati in casa? Perché ho deciso di metterli in un armadio invece di gettarli via? Non è solo pigrizia, ma ci sono svariate casistiche, ben sei categorie di oggetti che sembrano un po’ uscite da Harry Potter. Spero che la Rowling non mi faccia causa. Quella donna è pazza.
– I nonsisamai: ovvero “magari potrebbero servire prima o poi”. E, presi uno per uno, effettivamente hanno un’utilità potenziale non nulla: tecnologie leggermente obsolete, oggetti di uso non quotidiano, acquisti fatti per eccesso di prudenza, duplicati o addirittura regali. Ritrovati in questi giorni, ad esempio: un cavo telefonico, un francobollo da 5 centesimi, due cavi miniUSB non in uso, un cd RW. Sono assai insidiosi perché effettivamente potrebbero essere utili, ma è molto improbabile e anzi, nel caso servissero, è difficile ricordarsi di averli ed è probabile che si finisca per riacquistarli. Alla faccia del consumismo, via, nella rumenta!
– I clandestini: ovvero “non sapevo di avere questa roba qui”. Ma da quando ho una guida di vini economici del 2007? (beh, dal 2007, probabilmente, ma da dove viene?) E questa palla rimbazina? In qualche raro caso può essere una bella scoperta da tenere (quella mappa della Francia chissà da dove viene, però in Francia ogni tanto ci vado e detesto i navigatori, quindi teniamola!), ma nella maggior parte dei casi si tratta di oggetti che sono stati dimenticati appunto perché inutili. Via!
– i ricorditi: ovvero “dai, non posso buttarlo via, è un ricordo”. Vecchie cartoline, biglietti di auguri, partecipazioni di matrimoni, bomboniere; variante: souvenir di vacanze o di viaggi. Sono i più difficili da buttare via, perché tra tutti gli oggetti inutili sono quelli che rappresentano qualcosa di più concreto in termini di affetto o di bei ricordi: li chiamo “ricorditi” appunto perché sono è facile personificarli e interpretarli come mostriciattoli. Il problema è che, buttando via la partecipazione di matrimonio dei miei carissimi amici a cui mi sono divertito un sacco, non sto buttando via loro: è questo che è difficile da capire. Però buttar via le borse dei vari Annecy (mai usate, mai le userò) è stato assai doloroso.
– gli invisibili: ovvero “ma davvero tu sei sempre stato qui?”. Ne ho un po’ già parlato, e sono parenti dei clandestini. Oggetti che sono rimasti in vista tanto di quel tempo che lo sguardo non li cattura più. Davvero sulla scrivania del pc c’è stata finora una spilla dell’anteprima di Igor vista 2-3 anni fa ad Annecy? E questa candela mezza consumata su una bottiglia di Ceres vuota da quant’è che è qui? Aaargh! Via!
– i burodonti: ovvero: “ma per quanto tempo devo conservarli?”. Qui è un po’ più delicato: i documenti ufficiali o semi-tali, per quanto tempo vanno tenuti o ha senso tenerli? Le ricevute delle multe pagate, o dei bolli auto, o delle assicurazioni, per quanto mi riguarda, per sempre. Non mi fido, anche per i mezzi di trasporto che non ho più. Per le bollette, in teoria, solo l’ultima, se è tutto a posto: c’è scritto che le precedenti sono state pagate, no? Fa fede quello! Gli estratti conto della banca o della carta di credito in teoria sono inutili, c’è tutto online e a che mi serve il cartaceo? E le garanzie! Ho trovato almeno una decina di garanzie scadute da cinque anni! Epperò c’è sempre il dubbietto che ti rosola nell’angolo della testa…”e se servissero”? Ciononostante, repulisti. Sono stato bravo.
– gli scassavecchiotti: ovvero “ehi, ho ancora questo? chissà se funziona!”. La tecnologia passa abbastanza veloce, e poi ogni tanto le cose si rompono, e ormai non conviene quasi mai aggiustarle. Finisce quindi che ogni tanto finiscono in un cassetto, magari funzionicchiando, con una certa sovrapposizione coi nonsisamai. Però se posso immaginare che magari in futuro il quinto cavo miniusb che ho trovato possa servire a qualcosa, sono certo che un videoregistratore non mi servirà mai. Se, casomai, dovessi trovare una VHS di qualcosa che al 100% non esiste in altri formati (magari un filmato amatoriale) e che devo assolutamente guardare mi rivolgerei a qualcuno che ne tiene uno, ne conosco diversi (ad esempio, me stesso ad Alassio!). E poi un mouse con la pallina (quante invettive prima che arrivassero gli infrarossi!), un lettore mp3 da 128 Mb (sic) che mi aveva regalato la mia amica Sara (ehi, un ricordita travestito!). Parenti degli scassavecchiotti sono i relativi imballaggi e manuali: quando si acquista qualcosa, ovviamente si tiene tutto perché per validare la garanzia serve restituire tutto. E i manuali magari qualche volta servono… Però il lettore dvd che ho preso nel 2004 funziona perfettamente e non credo di aver bisogno di un manuale che mi dica che devo schiacciare “on” per accenderlo. E le istruzioni del phon? Penso di potermela cavare!
Cinque sacchi pieni di carta, altri tre di oggetti sparsi. Casa mia adesso pesa la metà.
Questa non è l’attesa season premiere della settima stagione di Pinguini nel Salotto, ma solo una specie di segnalazione. Nei giorni scorsi sono stato in vacanza a Vienna e Bratislava e, non pago della mia impresa, ho messo su una selezione di foto sul mio Picasa, tutte adeguatamente commentate.
Se vi interessa:
- sapere perché la sorella di Belldandy e Skuld è interessata alle mie vacanze
- imparare qual è la differenza tra le cariatidi austriache e quelle bratislave
- vedere un sosia di Zack McKraken dal vivo completo di occhiali, baffi e nasone
- conoscere il pub dove a Bratislava danno da bere ai minorenni
- ammirare l’armatura di Bambeluc De’ Paperoni
- osservare il tenutario di questo blog fare lo scemo di fronte a una serie impressionante di attrazioni turistiche
- scoprire quale frutto è considerato spassoso in Slovacchia
- e soprattutto venire a conoscenza di cosa sto mangiando con un sorriso così gaio qui
…e mille altre meraviglie, allora venite qui!
(se avete un account google potete anche commentare)
Lo so, crediamo di averle viste tutte alla nausea le puntate della classica serie Holly e Benji due fuoriclasse (aka Captain Tsubasa aka Che Campioni Holly e Benji) : la prima, la seconda serie, gli OAV sulla nazionale e i remake. Ma non è così: la tv non ci ha detto tutto. Solo i più informati, infatti, hanno visto cinque puntate perdute. E io mi picco di essere uno di essi. Degli informati, cioè.
Il gemello perduto
La Newteam incontra ancora una volta la Hot Dog dei gemelli Derrick, ma la aspetta una sorpresa: Jim Derrick, il terzo gemello che finora era stato in Germania a studiare per diventare ispettore. Lo stupore si muta in sconcerto quando Jason, James e Jim sfoderano il nuovo tiro speciale: il Panino al Wurstel, omaggio alla propria squadra. Si tratta di una variante della Catapulta Infernale, in cui Jason e James agganciano contemporaneamente Jim coi piedi e lo scagliano velocissimo in avanti, permettendogli di andare a segnare di piede o di testa. La potenza è tale che vengono sollevate zolle d’erba, al che James commenta asciugandosi il moccio col dito: “Che panino al wurstel è senza insalata?”. Holly, dopo un attimo di sconforto, trova la soluzione piazzandosi coraggiosamente di fronte a Jim quando sta per essere scagliato, facendo in modo di farsi fare fallo. “Coi wurstel ci vanno i crauti, non l’insalata!” è il suo commento dopo la rimonta e la vittoria.
Rigore a porta vuota
Nel girone eliminatorio del Campionato Nazionale il sorteggio porta ancora una volta la Newteam di Holly Hutton e la Toho di Mark Lenders a confrontarsi. La partita finirà in un rocambolesco pareggio 3-3, quindi il primo posto nel girone verrà deciso dalla differenza reti. Entrambe le squadre devono ancora affrontare la Doner Kebab, ed entrambe si ritroveranno nella stessa situazione: viene assegnato un calcio di rigore alle due contendenti, e il portiere Peter Fries, spaventato dalla potenza di fuoco dei due numeri dieci, non osa mettersi in porta. Mark non avrà pietà e segnerà a porta vuota sfondando la rete, mentre Holly preferisce passare il pallone con dolcezza a Fries, per insegnargli che il pallone è il suo migliore amico. Come conseguenza sarà la Toho ad arrivare prima nel girone e la Newteam dovrà affrontare avversari assai più ostici nel suo cammino verso la finale.
Il tiro ipnotico
La Newteam affronta la Mandrake (pronunciato “Mandrache”), squadra nota per il famigerato “Tiro ipnotico” del capitano Gus Goldwing. Quest’ultimo è in grado di imprimere al pallone un tale effetto per cui tutti coloro che lo guardano rimangono paralizzati e impossibilitati a muoversi (durante l’ipnosi, ovviamente, ci sarà un florilegio di flashback). Il tiro è talmente efficace che nessun membro della Newteam è in grado di contrastarlo, e ogni azione di gioco si conclude con un gol. Per fortuna la Mandrake è assolutamente incapace in difesa, quindi i gol si accumulano fino all’incredibile risultato di 23-23. Allo scoccare dell’ultimo minuto, però, Bruce Harper ha un’idea: chiudere gli occhi quando il tiro viene scoccato. Giocando al buio e basandosi solo sul suono del pallone, Holly riuscirà a neutralizzare il Tiro Ipnotico e vincere 26-23.
Il mistero della Mythos
Anche la Flynet di Phillip Callaghan affronta un avversario inedito ed ostico: la Mythos, squadra famosa per essere particolarmente resistente. Nel secondo tempo, infatti, quando la fatica della partita si inizia a sentire, la Mythos è fresca come una rosa e, forte di un gioco basato sul movimento continuo dei giocatori, finisce per rimontare e fare polpette di tutti i suoi avversari. Il primo tempo finisce 2-0 per la Flynet, ma è nella ripresa che tutti sono col fiato sospeso: infatti la squadra di Hokkaido, nonostante la durezza dei suoi allenamenti nella neve, pian piano cede alla velocità e alla resistenza dei giocatori della Mythos e a pochi minuti dalla fine perde per 4-2. La manager della Flynet Mary Aircrosser, però, vedendo da vicino un avversario e notandone una cicatrice, ha un sospetto: si mette un paio di baffi finti e si introduce nello spogliatoio della Mythos dove scopre che questa squadra è composta da undici coppie di gemelli identici: un gemello gioca il primo tempo, mentre il secondo entra nella ripresa in modo da essere freschissimo. Mary corre, va dall’arbitro cercando di spiegargli la situazione ma a causa dei baffi finti non è riconosciuta dal direttore di gara, che fischia il termine dell’incontro ignorando le sue proteste. In seguito la situazione viene a galla, ma essendo ormai impossibile provare la condotta smargiassa della Mythos, la vittoria di quest’ultima viene confermata. Nel turno successivo, però, l’arbitro verificherà i giocatori mettendo loro dei braccialetti e la Mythos perderà con ignominia.
A piedi nudi dalle isole
E’ invece la Mambo di Julian Ross che affronta la Bossanova, proveniente da un’isola presso Okinawa. La Bossanova ha la caratteristica di giocare a piedi nudi: il regolamento del calcio per giovani virgulti infatti non richiede in Giappone l’uso di scarpe durante le partite. La grande sensibilità che deriva dal contatto diretto col pallone permette alla squadra del sud una grandissima precisione nei tiri, da cui deriva una strategia particolare e molto efficace, soprattutto contro la tattica del fuorigioco messa in atto dalla Mambo. Tutti i giocatori stanno in difesa, tranne le punte che stanno però sempre nella propria metà campo. Appena il pallone viene conquistato, viene scaraventato lontanissimo, verso la bandierina del calcio d’angolo, dove rimbalza e ritorna in mezzo all’area, con le suddette punte pronte a insaccare. L’incredibile strategia combinata alla strenua difesa della Bossanova la porteranno in vantaggio per 3-0. Ci vorrà tutta l’energia di Julian Ross (e un nuovo farmaco per il suo cuore malato sviluppato durante il secondo tempo dai Laboratori Eggfield) per ribaltare il risultato e vincere ai rigori.
(Tsuzuku?)
Non ricordo la prima volta in cui sono andato al cinema. E’ un po’ come se ci fossi sempre andato. Forse era una proiezione di Capitan Harlock, o un Disney, o un Bud Spencer, o Gli Ufo Robot contro gli invasori spaziali. Chissà.
Non mi sovviene più il volto della maestra d’asilo Suor Luciana. Poco male, era una suora quindi era brutta.
Ieri sera ho dimenticato di caricare l’iPod. Per fortuna non dovrei doverlo utilizzare e ce n’è ancora per un po’.
Non sono più in grado di dimostrare il teorema di Rolle. Di conseguenza, nemmeno quello di Lagrange che si appoggia a Rolle come lemma, almeno nella dimostrazione canonica.
Non ho memoria di quando sono andato all’estero la prima volta. Ma era in Francia.
Se cerco di elencare le province della Sicilia, me ne mancano sempre un paio. E dire che sono rimaste 9 come ai miei tempi….
Ma dove diavolo avrò messo quel pennarello indelebile che uso per scrivere sui pacchi da spedire? Mi tocca scrivere con la biro e non si legge bene!
Oggi devo fare la spesa, ho stilato una lista ma sono certo di aver tralasciato qualcosa. Cosa sarà mai? E poi vado alla Coop, che mi è fuori strada e ci vado raramente, speriamo non sia qualcosa che hanno solo lì…
Ho riscoperto la settimana scorsa l’esistenza della quarta declinazione neutra in latino. Confesserò che vivevo bene lo stesso.
Non so più dov’è il Lago dei Giardini a Sassello. Ma ne ho un sospetto: secondo me è quello dalla passerella di legno, la prima dopo il Lago del Mulino. D’altronde, la regione chiamata “I Giardini” è altrove.
Aiuto.
Non ho mai amato camminare, perlomeno in una specifica declinazione. Può infatti piacermi fare la tipica “passeggiata”, da quella postprandiale rilassata per digerire a quella per fare shopping a quella più impegnativa in montagna. Mi piace quindi camminare per il gusto di farlo, laddove detesto invece ferocemente andare a piedi per recarmi in un luogo specifico. Mi annoia, mi stanca, mi infastidisce. Quando mi capita perché ne sono costretto, scarpino velocissimo o addirittura corro in modo da ridurre al minimo l’agonia del tragitto, pensando: “Vi prego, datemi una motoretta, un autobus, un sidecar, una mongolfiera, una bicicletta! O almeno portatemi in spalla!”
Da bambino la pensavo già così, e quando ne avevo la possibilità correvo sempre, arrivando affannato e sudato a destinazione. Quando invece ero costretto a camminare, magari insieme alle vecchie zie che andavano pianin pianino e magari volevano persino il braccetto, sbavavo dalla rabbia e meditavo qualche soluzione. A parte l’ovvia risposta di prendere sempre la macchina, salutare abitudine, mi arrovellavo nell’inventare qualche stratagemma per camminare più rapidamente. Ero infatti convinto (e lo sono ancora!) che esista un modo per camminare più velocemente, ma non qualche tecnica strana tipo quella che usano gli atleti della marcia, quella buffa in cui si muove l’anca: piuttosto qualcosa di totalmente inaspettato e a cui, nella storia delle oltre dieci miliardi di persone mai vissute, nessuno abbia mai pensato, e che conduca ad aumenti di velocità proprio radicali. Qualcosa di rivoluzionario, talmente geniale nella sua semplicità che chiunque, dopo averlo sentito, possa dire “Ma perché non ci ho pensato io?”.
“Sì, bravo, ma cosa? Come vuoi migliorare qualcosa di così naturale e semplice come la camminata?” diranno i più rompiballe dei miei lettori (cioè tutti). Non lo so, per saturno! Se lo sapessi non solo andrei a piedi più rapidamente, ma brevetterei la mia Supercamminata Plus Plus Plus (ho anche già il nome pronto!) e sarei ricchissimo. E andrei in giro per il mondo a chiedere i soldi a tutti quelli che la usano, intanto camminando farei in fretta.