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Enciclopedia Stronza XXVI: Anatomia alternativa, Cranzo, Piccola Stefi

Anatomia alternativa: pseudobranca della medicina inventata dal signor Matteo Bancalegno di Roma nel 1983. Bancalegno non era un medico, ma essendo ipocondriaco era un avido lettore di enciclopedie mediche. Dato che non riusciva mai a comprendere i testi a causa dei nomi delle parti del corpo a suo dire “poco intuitivi”, decise di ridenominare completamente il corpo umano. Decise quindi, ad esempio, che l’aorta si doveva chiamare tubo grosso, che il nervo sciatico si sarebbe chiamato miccazello, che i testicoli avrebbero preso il nome di pentagalli e che la parte interna del gomito si sarebbe dovuta chiamare parte interna del gomito. Bancalegno morì nel 1987: resosi conto che stava avendo un attacco di cuore, irruppe al Pronto Soccorso gridando che aveva male al pipino (nome da lui scelto per il cuore), fu messo a priorità bassissima e morì.

Cranzo: versione italiana del popolarissimo brunch ideata da Attilio Infascelli, linguista di Bisceglie nostalgico del ventennio fascista. Infascelli, sostenendo in vari suoi scritti la necessità dell’autarchia linguistica, arrivò a proporre il termine “cranzo” per designare quel pasto che sta a metà tra la “colazione” e il “pranzo”. A chi gli faceva notare che esiste da tempo la parola “brunch” (unione di “breakfast” e “lunch”), il professor Infascelli ribatteva che una parola in inglese non può denotare alcunché in italiano, perché si tratta di lingue differenti. Quindi trascinò in tribunale tutti i locali della Penisola che proponevano brunch per “vilipendio della lingua italica”, in una causa dalle proporzioni epiche. Quando sul quotidiano La rinascita pugliese uscì un suo editoriale intitolato Il cranzo degli italiani, in cui chiedeva a gran voce l’istituzione del “Ministero del cranzo”, Infascelli fu legato a un trattore da ignoti e trascinato sul tratto di superstrada che va da Bisceglie a Trani, morendo scorticato contro l’asfalto.

Piccola Stefi: serie animata giapponese prodotta dalla Nippon Animation nel 1979, col titolo originale di E! Atashi wa Sayaka-chan!, e trasmessa in Italia nel circuito regionale a metà degli anni ’80. Si tratta di una serie che coniuga quattro macrofiloni dell’animazione seriale giapponese: i robot, le maghette, gli orfani e lo sport. Infatti Piccola Stefi (Sayaka-chan in originale) è una bimba orfana che crescendo diventa una giocatrice di pallavolo di gran talento, con l’obiettivo di vincere il Torneo degli Orfanotrofi. Tuttavia, il Grande Mago Piollà (Pikichi-sama) le ha dato il potere di trasformarsi in un enorme robot, il Valhalla F5, per combattere i cattivi della stella Mantikka, e spesso deve rinunciare a partite duramente preparate in allenamento per venire incontro al suo dovere di paladina dell’umanità. La serie è stata trasmessa una sola volta in Italia
perché il capo dei cattivi, un alieno polipoide di nome Garutto, aveva una vaga somiglianza con Bettino Craxi, cosa che però fu sufficiente a far imbestialire l’allora presidente del Consiglio e a fargli ordinare l’interruzione della trasmissione.

Chi ben comincia

La prima mail che ho mandato l’ho spedita nel 1996, dal mio indirizzo universitario (xxmiglia@educ.disi.unige.it) usando il comando Unix mail. Il destinatario era la trasmissione Target di Canale 5 (ai tempi condotta da Gaia de Laurentiis) e aveva un indirizzo complicatissimo, comprendente il nome del server pop, che mi ero scritto su un foglietto di carta. Il testo era il seguente, più o meno letterale:

Segnalo “Sportento” su RaiTre Liguria il lunedì sera.

E basta. Alla faccia della netiquette non mi firmai né tantomeno porsi il minimo saluto.
Sportento era una specie di editoriale umoristico sportivo condotto da Orlando Portento, quel signore che ha avuto i suoi quindici minuti di celebrità un paio di anni fa in seguito a non so quale sua piazzata in non so quale reality show (mi pare di ricordare la parola chiave cammellata). Il pezzo forte dei suoi interventi erano le sviolinate e le cannonate. Se il Genoa vinceva, proclamava “Sviolinata per il Genoa!” facendo finta di suonare un violino. Se la Sampdoria perdeva, proclamava “Cannonate per la Sampdoria!” e si tappava le orecchie mentre un poderoso effetto sonoro simulava un colpo di cannone e la telecamera, in un guizzo di fantasia, tremava per simulare l’esplosione (e lo stesso a squadre invertite, era una trasmissione bipartisan).

L’appuntamento del lunedì con Sportento era un cult immancabile per la casa di studentelli di Salita Inferiore della Noce, ancora di più da quando avevamo visto il buon Orlando fare la spesa al supermercato (uno dei momenti più intensi della mia gioventù). Mi ero sentito perciò in dovere di condividere l’informazione con la bionda Gaia, o chi per lei.

Non ho ricevuto risposta alla mia laconica mail. Un cattivo inizio.

Misteri della vita LXXIII: Barbarella e Giacomone

Domanda di cazzeggio attira-gonzi: che rapporto c’è tra Ken e Big Jim (ovvero, Giacomone)? Sono amici, nemici, o semplici conoscenti? Ok, prima che andiate su Wikipedia a cercare i dettagli vi dico che so che la risposta giusta è che sono due linee di giocattoli differenti, una dedicata alle bambine e una ai maschietti, e ovviamente non hanno nulla in comune.

Eppure non posso non pensare che due giocattoli della stessa casa produttrice, prodotti negli stessi anni e rappresentanti esseri umani nella stessa scala, non siano stati escogitati per interagire in qualche modo. Alcuni ritengono che si tratti della stessa persona, in versione borghese e in versione militare. I più pensano che Ken stia con Barbie ma che quest’ultima gli faccia le corna con Big Jim. I più maliziosi sospettano anche che Ken si vendichi in un rapporto morboso con Skipper (“Sì, B., tranqui, faccio io da babysitter a Skipper mentre tu vai al corso di uncinetto…ma non è la quarta volta questa settimana?”).

Ma la realtà è ben differente: Ken è omosessuale, e Barbie è la sua fag hag e la sua beard (si imparano un mucchio di cose sui gay vedendo Sex & the city e Ugly Betty!). Barbie fa coppia fissa con Big Jim, del quale Ken è innamorato senza speranza. Barbie lo sa, ma siccome è un po’ stronzetta se ne frega. E Skipper non c’entra niente, che cavolo, avrà quattordici anni! Un po’ di serietà, gente!

Concludo citando a sproposito una battuta delle mie battute preferite, ad opera di Gene Gnocchi: “Big Jim ha un fratello alcolista. Si chiama Big Gin”.

Un bagno di umiltà

Da piccolo mi capitava di leggere il settimanale Oggi, che mia nonna acquistava con regolarità e che io sfogliavo a casa sua. Non che mi interessasse particolarmente, ma quando da lei non c’era mai moltissimo da fare, quindi mi adattavo. Tra una vicenda dei Savoia e i consigli ai lettori di Susanna Agnelli, un giorno lessi in un titolo il nome di Donald Regan. “Che ignoranti!”, sbottai, “due errori in un solo nome: si chiama Ronald Reagan, non Donald Regan!” e mi affrettai a girare pagina, beandomi della mia saggezza. Da bambino mi gasavo assai quando scovavo gli errori altrui; ad esempio una volta corressi la maestra su una frase che aveva scritto alla lavagna: “Suora, non si usa la e con la virgola!”. Non ricordo la frase precisa che stava scrivendo, ma ovviamente se la “e” è usata per coordinare più frasi e non più termini di un elenco è ammesso usarla in congiunzione con la virgola. Ad esempio: “Io mangio il maiale, e ne vado fiero!” è corretta, mentre l’elenco “Mangio pollo, manzo, e maiale” suona piuttosto male. Ricordo che la maestra corresse la frase che stava scrivendo, probabilmente perché stava facendo matematica e non aveva voglia di andare fuori tema.

Beh, comunque, qualche tempo dopo scoprii che esisteva effettivamente un certo Donald Regan e, sorpresa!, non era Ronald Reagan! Arrossii e mi scusai mentalmente con il giornalista di Oggi. Però non persi il gusto nel correggere la gente, e questo è uno dei motivi per cui tutti mi odiano.

Enciclopedia Stronza XXV: Lethal Explosions, Retroculo, Partito delle Panchine

Lethal Explosions: pellicola del 1998 del regista Hector Strabone, con il defunto Max Rampage nel ruolo del protagonista. Lethal Explosions vanta il curioso record di ben 246 esplosioni in soli 84 minuti di film, contro appena 98 battute di dialogo, 65 delle quali sono “Aaah!” o “Dannazione!”. Il film è allo stesso tempo celebre perché Rampage morì sul set appena al secondo ciak, non a causa di un’esplosione ma per una nocciolina andatagli di traverso; per il resto delle riprese fu sostituito da un manichino doppiato da Strabone.

Retroculo: il retroculo (del metrò) è un montacarichi pieno di banane attaccato in fondo ai vagoni della metropolitana di Singapore. Quando passa emette il caratteristico rumore “glon glon”, poiché c’è sopra un uomo che suona un campanaccio.

Partito delle Panchine: Formazione politica creata nel 1996 da Augusto Bellantoni, pensionato di Malnate in Subbuglio (VA). Stanco della penuria di panchine nel suo paese natìo, impossibilitato a riposare all’ombra dei celebri salici di Malnate poiché gli unici posti pubblici dove sedersi erano costantemente occupati da immigrati nordafricani, Bellantoni decise di fondare un partito politico, il Partito delle Panchine, per ristabilire gli equilibri di una volta. Riuscito a farsi eleggere sindaco dopo un’agguerrita battaglia con Tano Santacroce, sfidante della Lega Nord, il pensionato mise immediatamente in atto il suo programma, che prevedeva il posizionamento obbligatorio di una panchina ogni dieci metri di strada e l’istituzione di una task force impegnata a controllare che tutti quelli che vi si siedono siano in possesso di regolare permesso di soggiorno. Per finanziare il suo ambizioso progetto, che prevedeva l’installazione di oltre millecinquecento panchine, il neoeletto sindaco tagliò i fondi alle scuole, agli ospedali e al trasporto pubblico di Malnate. Una volta attuato il suo programma politico, Bellantoni si ritirò a vita privata, passando il resto della sua vita comodamente seduto sulle panchine del suo paesello, che da allora vive un’insanabile crisi socioeconomica.

La bella lavanderina

Alassio, 1984 circa (ehi, ma pare che in quegli anni sia successa un mucchio di roba!)
Era un pomeriggio primaverile, ed ero solo in casa a farmi gli affari miei, probabilmente guardando cartoni animati in allegria dopo aver fatto i compiti. Io prima facevo i compiti, poi guardavo i cartoni animati, e per questo ero additato come esempio dalle mamme dei compagni di classe meno coscienziosi. Bando alle divagazioni, all’improvviso biiip! suonò il citofono. Oibò, chi sarà? Giacché abitavo in una villetta fuori città, esco di casa e mi appropinquiai al cancello a vedere chi fosse. Lì vidi una signorina sconosciuta, che mi apostrofò:

– Ciao, che ne diresti di comprare dei fazzoletti di carta?
– No, grazie.
– Ma dai, prendimi dei fazzoletti!
– No, davvero, non mi servono, mi dispiace
A questo punto la signorina in questione, smessa la faccia gentile di circastanza, sbottò:
– Ma insomma, se ti dispiacesse veramente mi compreresti qualcosa!, e se ne andò imprecando e insultandomi.

Io ci rimasi malissimo, perché, se non mi servivano dei fazzoletti di carta, non avrei mai immaginato di dover comprare dei fazzoletti di carta. Ci rimasi talmente male che la cosa mi segnò per sempre: da allora, quando vado a comprare qualcosa in un negozio, mi premuro di non scontentare il venditore, e spesso compro qualcosa di cui non ho realmente bisogno solo per non essere scortese. Se vado in panetteria, prenderò una scorta di pane per un mese. Se ho bisogno di un biglietto dell’autobus, ne prenderò almeno due, e magari pure un giornale.

Maledetta zoccola. Sicuramente vendeva fazzoletti per comprarsi la droga.

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