E’ ben noto che XVII è anagramma di VIXI, in latino “ho vissuto” e quindi “sono morto”. Per il diciassettesimo tomo, i curatori dell”Enciclopedia Stronza colgono l’occasione e lo dedicano ai nostri simpatici ed ectoplasmici vicini fantasmi.
Fantasma del Sale: fantasma di Jacques Burreuse, noto chef francese di nizi ‘900, ucciso da un collega invidioso del suo successo. Il rivale narcotizzò Burreuse e lo chiuse in un pentolone, bollendolo a morte; lo servì poi stufato nel corso di una cena di gala, dimenticandosi però di aggiungere il sale. Come risultato, il piatto risultò insipidò non fu gradito agli ospiti. Da allora il fantasma di Jacques vaga per e cucine di Francia rovesciando il sale nelle pentole e padelle dei cuochi, rendendo i loro piatti immangiabili.
Fantasma delle Puzzette: fantasma di Gregorio Malfatti, che a causa di una mozzarella di bufala avariata fu colpito da un’orribile dissenteria proprio mentre, durante un black-out, era chiuso in un affollato ascensore. Per lo sforzo di trattenere i liquami il misero Gregorio esplose, e da allora infesta l’ascensore teatro della tragedia. Il Fantasma delle Puzzette si manifesta unicamente quando ci sono solo due persone: in tali frangenti emette un rumore di peto con relativo odore, e così entrambe le persone credono che l’altro sia il responsabile del misfatto. Non poche amicizie sono state guastate dal Fantasma delle Puzzette.
Fantasma della Saponetta: fantasma di Terrence O’ Connor, galeotto irlandese assassinato dai suoi due compagni di cella perché non si lavava mai: il poveretto fu insaponato fino allo scorticamento. Da quel tetro giorno, Terrence vaga come spettro nelle prigioni, facendo scivolare a terra le saponette ai carcerati nelle docce comuni, con esiti prevedibili.
Fantasma del Monopoli: il Fantasma del Monopoli è lo spettro dell’aviatore tedesco Rudolph Kaspoff, che morì paracadutandosi in un campo di cactus della Baviera meridionale. Da allora egli vaga per le case alla ricerca di partite di Monopoli in corso, e quando ne trova una in cui un giocatore fa uso del cactus come pedina scatta la sua vendetta. Lo sventurato monopolista infatti continuerà a finire su Tassa Patrimoniale, Bastioni Gran Sasso, “In prigione!” e Stazione Est. L’unico modo per liberarsi del Fantasma del Monopoli è tirare un doppio uno per tre volte di seguito.
Fantasma Morto: il Fantasma Morto è lo spirito di Cristophe Malloui, contadino belga morto di meningite sul finire del XIX secolo mentre controllava allo specchio il suo stato di salute. Lo spettro, trovatosi di colpo di fronte alla sua agghiacciante immagine riflessa, perì a sua volta per lo spavento. Da allora, in quanto defunto, non fa assolutamente niente. Poiché è quindi impossibile smentirne la presenza, è il preferito dai medium di tutto il mondo.
Fantasma dalle Mani Insanguinate: spirito di Ettore Frusciante, giornalista morto di stenti a causa del dilagare dei giornali gratuiti come Metro, Leggo e City e del conseguente fallimento della sua testata. Da allora, il fantasma di Ettore infesta le metropolitane, sbirciando dalle spalle dei passeggeri che leggono giornali gratuiti. Questi ovviamente non possono vedere chi sia l’impiccione, e rimangono così con la fastidiosa sensazione per la durata di tutto il tragitto.
Per la cronaca, lo spettro non ha affatto le mani insanguinate: il nome gli fu affibbiato da un cronista di City in cerca di un titolo spettacolare per il suo articolo sulla vicenda.
Fantasma delle Monetine: fantasma di Anna Velante, impiegata milanese. La signora Velante, caffeinomane, morì di infarto quando scoprì con rabbia che la macchinetta del caffè del suo ufficio non accettava monetine da uno o due centesimi, e che quindi non avrebbe potuto sorbire la sua amata bevanda nera. Da allora gira per case ed uffici cambiando tutte le monete che trova in un’orrenda cascata di spiccioli da 1 o 2 centesimi. Se il vostro borsellino vi appare all’improvviso pesante, è probabile che il Fantasma delle Monetine sia passato da voi.
Alassio, 1 luglio 2007, ore 22 circa
Se i weekend estivi della Riviera ligure di Levante sono funestati dalla presenza dei milanesi, quelli della Riviera di Ponente sono invece meta preferita dei torinesi. Accanto a quelli “falsi e cortesi” delle barzellette sbarcano anche maniche di giovinastri, che scendono in spiaggia a giocare a pallone con lo stereo tunz-tunz a tutto volume. Quattro di questi ultimi sono i protagonisti di questa storia.
E’ una domenica sera, il giorno dopo la mia festa di compleanno. Tutti gli invitati sono partiti o in procinto di partire, quand’ecco che accanto alla stazione di Alassio assisto ad una scena che mi colpisce assai. Un’automobile rossa, una Peugeot 106 o qualcosa di simile, è parcheggiata maluccio e ha il cofano aperto. Nella sue prossimità stazionano tre tamarri, vent’anni o poco più, e una tamarra. Un tamarro è seduto per terra con aria sconsolata. Un altro dice:
– Ma p**** ***, perché cazzo dovevi schiacciare quel bottone?
e il terzo risponde:
– Ma che cazzo ne sapevo io, *** p****!
La ragazza sta seduta in macchina e manda nervosamente un sms, probabilmente scrivendo alla Giusi “x colpa d qll stordito d Omar sm blokkati in qst paese d merda!”.
Non mi son attardato ad osservare ulteriormente, ma non ho cessato di pensare alla loro miseranda situazione. Troppo tardi per trovare un meccanico aperto o prendere un treno, probabilmente senza abbastanza soldi per il soccorso 24 ore o per un alberghetto per passare la notte. E domani come faccio ad andare a lavorare al centro commerciale/benzinaio/ parrucchiere? Non una situazione simpatica.
Infatti il mistero della vita che mi tormenterà per sempre è sapere come se la sono cavata quei quattro disgraziati, e soprattutto che cacchio era quel bottone che tamarro #2 ha schiacciato e che ha bloccato la zarromobile (io lo immagino come l’autodistruzione delle Time Bokan, un enorme bottone rosso al centro della plancia di comando). Tamarri in questione, se siete in ascolto battete un colpo.
Una cosa che mi ha sempre fatto ridere della comunità open source/free software/linuxari è l’abitudine di chiamare Windows col dispregiativo winsozz. [1] Non trovo il fatto risibile per una questione “etica”, cioè il problema per me non sta nel disprezzare un sistema operativo che innegabilmente ha i suoi beni e i suoi mali (pochi beni e molti mali, secondo Herr Starr qua accanto), ma nel fatto che è una battuta davvero brutta.
Winsozz. Win-sozz. Ma dai! Chi l’ha inventata, l’autore della barzelletta pelosa? O magari l’indimenticato Sergio Paoletti? Si può fare di meglio. Giocando con il nome, si può fare Losedows per dire che chi lo usa è un perdente. O magari, più forzato, Win-cunett invece di Win-doss (ok, questo fa cagare allo stesso modo, ma non si capisce perché sia meno popolare). No, no, deve esserci qualcosa di migliore.
E allora, visto che sono un ottimo critico di barzellette ma un pessimo battutista io stesso, indico qui il concorso “Inventa una storpiatura per Windows!”. Al vincitore, un abbonamento a Super Trottolino. Sorprendetemi. Ah, ovviamente le gag risultanti saranno coperte dalla licenza GPLv2.
[1] Va però detto che la pratica inizia ad essere scoraggiata in alcuni ambienti, ad esempio nel forum italiano di Ubuntu
Avevo ancora un paio di articoli mezzi pronti, ma siccome sono in mezza vacanza non vorrei che iniziasse qualche mezza discussione da lasciare poi a metà. Bella scusa per non dover fare lo sforzo di completare un articolo, vero?
Ci vediamo a fine mese con la Quarta Stagione di Pinguini nel Salotto, che prevederà:
- Cazzetti Awards 2006/2007
- Linux, linuxari e Herr Starr
- Analisi critica (seria!) della filmografia di Antonioni
- Quella volta che la maestra prese a calci nel sedere Alessandro perché sbagliava le divisioni
- Quella volta che la maestra chiuse la bocca di Emanuele con lo scotch da pacchi perché chiacchierava
- Quella volta che la maestra donò un acro di terra e un mulo a tutti gli scolari
- Ode alle spinacine di Gatto
- Un’invettiva poco originale contro il cartello di ricchioni
- Il ritorno di Odia gli stupidi con la sigla di Gloiser X
- Tecniche di sopravvivenza alla macchinetta del caffé
- Un nuovo layout ancora più rosa e altre classifiche per i commentatori ancora più anali di quelle esistenti
- …e un mucchio di cultura con l’Enciclopedia Stronza (due settimane a stretto contatto con Golosino porteranno i loro frutti!)
Non mancate!
(non tutti gli articoli potrebbero effettivamente corrispondere a realtà, essere stati pensati e tantomeno saranno mai pubblicati. Areare il locale prima di soggiornarvi nuovamente)
Esistono due modi per montare un rotolo di carta igienica: facendo in modo che il nuovo strappo “cada” dall’alto (tecnica cascata) o facendo in modo che sbuchi dal basso (tecnica topolino). E’ anni che mi arrovello per capire se una delle due strategie abbia dei vantaggi rispetto all’altra, ma non ho trovato soluzioni. Mi limito ad usare la cascata perché mi soddisfa di più esteticamente.
Albenga, gennaio 1989
In prima liceo avevo una professoressa di latino molto, per così dire, umorale. Non che fosse puramente malvagia, ma a volte, quando aveva le balle girate, riusciva in atti di sgarbo che non mancavano di sorprendere tutti. Capitavano quindi, in modo imprevedibile, scene del genere:
– Prof, ci ha portato i compiti in classe?
– Li porto quando mi pare e piace! Non devo mica rendere conto a voi del mio lavoro!
Nelle vacanze di Natale l’insegnante in questione aveva dato come compito a casa un esercizio lunghissimo e molto noioso. Era costituito da una serie di decine e decine di termini della terza declinazione declinati in qualche caso, dei quali bisognava trovare il nominativo e indicarne il significato (ad esempio: corpore, nominativo corpus, significato corpo) Io, come spesso capitava, l’avevo fatto alla bell’e meglio; conoscendo i vari schemi ero andato un po’ a naso per trovare i nominativi, ma non mi era nemmeno passato per la testa di scartabellare il dizionario per trovare tutti i significati. E che palle!
Probabilmente il break di Natale 1988/89 non era andato bene per la professoressa, o forse viceversa le era andato troppo bene, fatto sta che al ritorno a scuola era incazzata come un’ape, e si sfogò nel modo più semplice: interrogando. Per primo chiamò il buon Ferrando. Già dall’inizio si capì che cercava la rissa, dal modo sgarbato in cui poneva domande, limtandosi a verificare se il compito a casa era stato effettivamente fatto. In particolare, inoltre, pretendeva i significati delle parole, cosa di cui non mi ero preoccupato. Dopo pochi minuti di agonia, mandò l’interrogato a posto con 4. Iniziai a sudare freddo: io non avevo ancora il voto del “secondo giro” ed ero uno splendido candidato! Chiamò invece Gravellone; il sollievo però fu solo momentaneo, perché Matteo durò lo spazio di un paio di termini e fu cacciato via con un bel 3. Era tempo di un’altra vittima.
Ricordo con precisione la scena. La prof scorreva il registro con le sue unghie lunghissime (la soprannominavamo, con scarsa fantasia, “Freddy Krueger”) con aria sadica e andava sempre più in basso, verso il fondo dell’elenco, dove, all’ultimo posto, stava “Ventimiglia”.
Non credo di aver avuto mai così paura in vita mia come in quei momenti. Ripensandoci, se fossi stato chiamato non sarebbe successo nulla di grave, avrei preso un votaccio e magari un’insufficienza in pagella nel primo quadrimestre. I miei si sarebbero arrabbiati un po’ e poi sarebbe finita lì. Eppure, ancora oggi, con quasi vent’anni in più sulle spalle, se ripenso allo sguardo arcigno della prof di latino mentre esaminava i nomi sul registro ho un brivido.
Come sarà chiaro, non fui chiamato, ma la sorte toccò a Tortora, immediatamente prima di me nell’elenco alfabetico. Sonia era preparata, se la cavò benino e la prof, più calma, quel giorno non interrogò più.
Epilogo:
La cosa non mi servì da lezione. Continuai a fare i compiti alla belin di cane, rendendo il minimo indispensabile. La vita non funziona come i romanzi.