Albenga, gennaio 1989
In prima liceo avevo una professoressa di latino molto, per così dire, umorale. Non che fosse puramente malvagia, ma a volte, quando aveva le balle girate, riusciva in atti di sgarbo che non mancavano di sorprendere tutti. Capitavano quindi, in modo imprevedibile, scene del genere:
– Prof, ci ha portato i compiti in classe?
– Li porto quando mi pare e piace! Non devo mica rendere conto a voi del mio lavoro!
Nelle vacanze di Natale l’insegnante in questione aveva dato come compito a casa un esercizio lunghissimo e molto noioso. Era costituito da una serie di decine e decine di termini della terza declinazione declinati in qualche caso, dei quali bisognava trovare il nominativo e indicarne il significato (ad esempio: corpore, nominativo corpus, significato corpo) Io, come spesso capitava, l’avevo fatto alla bell’e meglio; conoscendo i vari schemi ero andato un po’ a naso per trovare i nominativi, ma non mi era nemmeno passato per la testa di scartabellare il dizionario per trovare tutti i significati. E che palle!
Probabilmente il break di Natale 1988/89 non era andato bene per la professoressa, o forse viceversa le era andato troppo bene, fatto sta che al ritorno a scuola era incazzata come un’ape, e si sfogò nel modo più semplice: interrogando. Per primo chiamò il buon Ferrando. Già dall’inizio si capì che cercava la rissa, dal modo sgarbato in cui poneva domande, limtandosi a verificare se il compito a casa era stato effettivamente fatto. In particolare, inoltre, pretendeva i significati delle parole, cosa di cui non mi ero preoccupato. Dopo pochi minuti di agonia, mandò l’interrogato a posto con 4. Iniziai a sudare freddo: io non avevo ancora il voto del “secondo giro” ed ero uno splendido candidato! Chiamò invece Gravellone; il sollievo però fu solo momentaneo, perché Matteo durò lo spazio di un paio di termini e fu cacciato via con un bel 3. Era tempo di un’altra vittima.
Ricordo con precisione la scena. La prof scorreva il registro con le sue unghie lunghissime (la soprannominavamo, con scarsa fantasia, “Freddy Krueger”) con aria sadica e andava sempre più in basso, verso il fondo dell’elenco, dove, all’ultimo posto, stava “Ventimiglia”.
Non credo di aver avuto mai così paura in vita mia come in quei momenti. Ripensandoci, se fossi stato chiamato non sarebbe successo nulla di grave, avrei preso un votaccio e magari un’insufficienza in pagella nel primo quadrimestre. I miei si sarebbero arrabbiati un po’ e poi sarebbe finita lì. Eppure, ancora oggi, con quasi vent’anni in più sulle spalle, se ripenso allo sguardo arcigno della prof di latino mentre esaminava i nomi sul registro ho un brivido.
Come sarà chiaro, non fui chiamato, ma la sorte toccò a Tortora, immediatamente prima di me nell’elenco alfabetico. Sonia era preparata, se la cavò benino e la prof, più calma, quel giorno non interrogò più.
Epilogo:
La cosa non mi servì da lezione. Continuai a fare i compiti alla belin di cane, rendendo il minimo indispensabile. La vita non funziona come i romanzi.