Uno scheletro nell’armadio: da bimbo, ero juventino. Con la maturità tipica di chi si interessa di calcio quando parla di calcio, battibeccavo col mio compagno di classe Enrico che, invece, era interista. Tra di noi quindi si sprecavano le gag del tipo “Juve di merda che il vento ti disperda” o “Avanti popolo alla riscossa, degli interisti vogliam le ossa” o ancora “Ho letto su un bidone che la juve è un campione. Ho letto su un giornale che l’Inter è un maiale. Ho letto su un diario che è tutto all’incontrario“.Un giorno Enrico, trionfante, mi spiazzò con “Che puzza, che tanfo! La juve è entrata in campo! Che aria, pulita, la juve è uscita!”. Smaccato, non seppi che rispondere, ma escogitai di rivalermi su mia sorella, che era milanista.
Appena giunto a casa, la apostrofai: “Che puzza, che tanfo! Il Milan è entrato in campo! Che aria, pulita, il Milan è usc…ma porc!” Indispettito dalla rima errata causa genere maschile, mi sfogai giocando con la pallina schizofrenica per un paio d’ore.
Ripensando all’episodio, mi son chiesto: in che modo si decide se le squadre di calcio sono di genere maschile o femminile? In linea di massima vale la regola che se una squadra eredita il nome della città (Palermo, Torino, Livorno) o una sua variazione (Milan, Genoa), allora è maschile, altrimenti è femminile (Juventus, Inter, Lazio, Sampdoria). Mirabile eccezione a questa ipotesi è la Roma… ma sono convinto la regola sia differente. Non credo inoltre che c’entri il nome della squadra per esteso (Milan Associazione Calcio, Genoa football and cricket club).
Warning: ogni commento che, a mio insindacabile giudizio, viri verso rivalità calcistiche verrà impietosamente stigmatizzato. E quando io stigmatizzo, stigmatizzo!