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Casa mia ad Alassio, per la prima volta da decenni, è rimasta senza gatti. Mi pare giusto cogliere l’occasione per ricordare in questa sede i felini che hanno abitato in quella casa. Preparate i fazzoletti, sono quasi tutte storie tristi.

Minnie e Felicia: i primi gatti domestici arrivati dalle nostre parti (prima c’erano stati alcuni gatti selvatici a cui davamo da mangiare) erano una coppia di gatte, probabilmente sorelle, particolarmente tenere e carine. Non sono durate moltissimo, una di loro due, mi pare Felicia, è stata investita da una macchina di fronte a me in un freddo giorno invernale del 1983 (causandomi, come potete immaginare, uno shock non indifferente). Casa mia ha un ampio giardino, e gli animali lo sfruttano abbondantemente; il lato negativo è che possono arrivare anche alla strada, dove purtroppo, come si vedrà, finiranno quasi tutti i gatti. Minnie invece è scomparsa nel nulla.

Mimò: Mimò probabilmente è il gatto a cui sono stato più affezionato. Arrivato da noi come cucciolo, si riteneva che fosse una femmina (coi gattini capita!) ed era stato battezzato Mimì. Una volta scoperta la verità, si era pensato di lasciarlo col suo nome, adatto anche ai maschi (“Mimì metallurgico ferito nell’onore”), ma alla fine è prevalso il partito della maschilizzazione in Mimò. Mimò era piuttosto piccolo di taglia,  quindi nella stagione degli amori finiva sempre riempito di botte dai gatti concorrenti; era di color bianco e nero, quindi veniva quasi spontaneo pensare a Silvestro. Comunque, dopo che una volta è tornato davvero tanto malconcio, dopo che il veterinario l’ha rattoppato abbiamo deciso di zac!, e Mimò non è stato più Mimò per intero. Mimò, come la grande maggioranza dei miei gatti, è morto sotto una macchina nell’estate 1991, quando io e mia sorella eravamo a Sassello. Ci è stato millantato che era scomparso, e solo l’anno scorso mia mamma ha deciso che eravamo abbastanza grandi per sapere la verità.

Adelina: i miei lettori più fedeli sanno che io avevo una zia chiamata Adelina. Quando ci siamo trovati di fronte questa gatta bianca e abbiam dovuto battezzarla, ci è parso che il nome della zia fosse perfetto per lei. Abbiamo telefonato ad Adelina (la zia, non la gatta), per sapere se si sarebbe offesa, ma il nome era quello, e pochi nomi sono stati più azzeccati. Adelina infatti è sempre stata una gatta vecchia, anche da giovane; si muoveva come un’anziana signora, mangiava sempre e solo bocconcini secchi, era aggraziata ed educata, non brillava per scaltrezza e dava affetto solo quando voleva. Adelina è vissuta molto a lungo, e, indovinate un po’, è morta sotto una macchina, quando probabilmente era ormai troppo rincoglionita per attraversare la strada. Ho trovato io il corpicino della gatta (facevo l’università, al tempo), e non ho avuto cuore di seppellirlo: è una cosa di cui mi pento e vergogno, ma l’ho messa in un sacco e l’ho buttata nella spazzatura.

ChoCho: beh, non poteva andarci bene proprio con tutti i felini. ChoCho è stata probabilmente la gatta più longeva che abbia frequentato Casa Ventimiglia, e sicuramente la più antipatica. Alcuni gatti sono affettuosi, altri di meno, ma ChoCho, anche se ogni tanto veniva in braccio a fare le fusa, era calcolatrice, furba e approfittatrice. Tanto furba che probabilmente è stata l’unica bestia a sopravvivere alla strada, e si è spenta di vecchiaia in giardino, dopo un giorno di agonia. Nonostante la sua antipatia, ci è dispiaciuto lo stesso.

Mimina: Mimina era la gatta di mia nonna Luisa nel senso più totale. La seguiva dappertutto, e quando lei si allontanava per un po’ di tempo (magari per andare in vacanza), al suo ritorno la trovava offesa. Era inoltre tanto affettuosa con mia nonna quanto poteva essere scontrosa e addirittura aggressiva nei confronti di altri. Mia nonna è mancata nel 2001, e Mimina è venuta a vivere in campagna da noi. Ha avuto un po’ difficoltà ad abituarsi al nuovo ambiente, e soprattutto alla mancanza della sua padrona, ma poi ha iniziato a dispensare affetto un po’ sussiegoso anche ai suoi nuovi ospiti. Non per molto purtroppo: la solita strada se l’è portata via dopo pochi mesi. E’ stato quando se n’è andata Mimina che mia nonna ci ha lasciato completamente.

Jaeger: un’altra meteora, Jeager è forse il gatto che ha lasciato il ricordo migliore. Anche se fu voluto fortemente da mia sorella, Jaeger è diventato subito il gatto di mio padre. Il babbo non ha mai amato particolarmente i gatti, ma quando lui e Jaeger si son incontrati, si son fissati un momento e son diventati subito amici. Il fulvo Jaeger (“cacciatore” in tedesco) era un perfetto esempio di “nomen omen”; tra i vari gatti qui citati, solo Adelina ogni tanto prendeva qualche topo, mentre Jaeger era una vera macchina da caccia: topi, lucertole, gechi, enormi falene, uccelli,  nulla sfuggiva ai suoi artigli. Ed era anche un gatto affettuosissimo, tanto che portava sempre il frutto della sua cacciagione in casa per far vedere quanto era stato bravo. Jaeger un giorno è scomparso, e dopo una settimana mia sorella ha addirittura affisso manifesti nel vicinato per capire se fosse da qualche parte. Un signore ci ha detto di averlo trovato al bordo della strada, investito da una macchina.

Ghost/Betordo:  Betordo, detto Betty, era il gatto di mia nonna Amelia, e probabilmente è stato il gatto più sfortunato del lotto. La nonna aveva voluto un gatto, ma non fu mai soddisfatta di Betordo; diceva che era un fifone antipatico, e in effetti quando andavamo a trovarla si rifugiava in cima agli armadi. Come è successo per Mimina, quando mia nonna ci ha lasciato ci siamo presi Betty. Il giorno dopo, questo gatto era già scomparso. Diversi giorni dopo, mia mamma aprì la mia camera da letto di bambino, ormai inutilizzata, e ne spuntò fuori un gatto quasi impazzito dalla sete e dalla paura. Gli strani rumori che si sentivano in casa nei giorni precedenti erano i tentativi di Betordo di uscire dalla sua prigione: oltre il danno, la beffa, la povera bestiola è stata ribattezzata Ghost. Per i primi tempi Ghost si è fatto vedere solo per mangiare, ma col tempo ha preso confidenza ed è diventato domestico, riuscendo un gatto un po’ sospettoso ma nel complesso di buona compagnia. Poi, è arrivato Quick, il mio attuale cane, che si è conquistato tutto il territorio. Ghost, terrorizzato, ha iniziato a vivere in giardino, nelle zone non raggiungibili da Quick, e pian piano si è rinselvatichito, tornando solo per mangiare, sempre con due occhi spalancati dallo spavento, e anzi, a volte approfittando dell’ospitalità del vicinato per star lontano da casa più giorni. Poche settimane fa, Ghost non si è più fatto vedere. O è stato adottato definitivamente da una casa senza cani, o non è più tra noi. In ogni caso, spero che questo povero gatto ora sia finalmente in pace.