Misteri della vita XCVII: Le anime tradotte
Questa credo che abbia una risposta sensata, ma una volta tanto più che essere pigro non so dove reperire le informazioni. Siate creativi!
Parliamo di cartoni animati (no, non “cinema di animazione”. Proprio di cartoni animati.) e precisamente dell’ondata di serie giapponesi arrivata in Italia tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80, durante il regno delle tv private locali. Mi sono sempre chiesto chi traducesse i dialoghi di quelle serie, la cui versione italiana era, in generale, palesemente realizzata in fretta e in economia. Direi una delle tre:
- C’è stato un periodo di superlavoro per i traduttori italiani dal giapponese. Una serie di signori compìti che si dedicava all’approfondimento di Mishima o degli haiku medioevali all’improvviso ha dovuto confrontarsi con Pugni a razzo e orfanelli sfigati. Quest’ipotesi mi pare poco probabile ma è la più divertente.
- I giapponesi non sono poi così scemi, e vendevano i propri prodotti già tradotti magari non in italiano, ma in una lingua più umana come potrebbe essere l’inglese, il francese o il tedesco. La mediocre qualità generale dei dialoghi potrebbe derivare da questo doppio passaggio. Questo caso è praticamente sicuro nei casi di serie arrivate da altri paesi europei, come per Goldrake giunto dalla Francia, ma in tal caso il problema si sposta oltralpe.
- I dialoghi venivano inventati. Magari i musi gialli fornivano un riassunto in lingua umana di ogni puntata, ma era qualche sagace dialoghista a far quadrare tutto mettendo in bocca ai personaggi quello che gli sembrava più coerente.
…Oppure c’è qualche altra possibilità che non ho contemplate. Beh, lavorate! Devo mica fare tutto io, qua?