Recita l’immortale sigla di Arnold (Diff’rent Strokes) in italiano:
Arnold Arnold combinaguai,
una ne pensi,
cento ne fai.
Il che mi pare perfettamente sensato: Arnold è un piccolo scavezzacollo che combina guai ad istinto. Ne pensa una sola, ma poi ne fa cento perché, data la sua genialità nel settore della birbanteria, non ha bisogno di pianificare le sue scorribande: quando è lì, gli vengono in mente. Che negretto spassoso!
In seguito però ho scoperto che c’è un adagio comune che dice “una ne fai e cento ne pensi”, ad indicare che il soggetto in questione ne fa una, ma mentre la fa ne pensa altre cento. Se queste cento vengono poi effettivamente fatte oltre che pensate, ognuna ne genererà altre cento, e al terzo giro saremo già a 10101 guai combinati!
Mi chiedo quindi quale delle seguenti sia vera.
a) la sigla di Arnold è una parodia di tale detto, che implica che Arnold oltre ad essere un mariuolo è anche uno che rivoluziona il mondo della monelleria
b) la sigla di Arnold si sbaglia. In tal caso, Odia gli stupidi se ne occuperà.
c) il detto comune in realtà è posteriore alla sigla di Arnold e la estremizza.
d) sono sempre esistiti entrambi i detti, Arnold ne ha solo scelto uno.
e) tutto questo è irrilevante e faresti meglio a dedicarti a cose più serie (questa era troppo facile)
Oggi si parla di proverbi e in particolare di quello che recita Un bel gioco dura poco. Mi raccomando, pronunciatelo a mo’ di zia Adelina, scandendo le parole e possibilmente agitando l’indice verso l’interlocutore.
Perché un bel gioco deve durare poco? Se un gioco (o, andando oltre la metafora, qualunque tipo di attività) è bello, allora parte della sua beltà dovrebbe consistere anche nella sua longevità. Oppure è una questione etica? Quello che sembra suggerire il proverbio è “ragazzi, va bene divertirsi, ma con moderazione. Quindi, giocate pure ma poi torniamo ad occuparci di cose serie.” Paradossalmente, però,vale anche il contrario: “Ragazzi, tutto e subito! Un bel gioco, adesso, e per poco! Vivi forte, muori giovane e lascia un bel cadavere!”
In sostanza, ce n’è per tutti i gusti, e mi son risposto da solo. Ma se io voglio giocare a lungo, come faccio? Devo per forza giocare ad un gioco brutto? Vita infame…
Questo credo che sia il mistero più imbecille che abbia mai escogitato, ben di più di quello dei benzinai gay (del quale, peraltro, non sono ancora convinto). Tenetevi forte.
Martedì 19 febbraio 2008, correndo dalle parti di Quinto a Genova, ho colto un frammento di conversazione tra due signori, uno dei quali asseriva con voce nostalgica e divertita: ” E ti ricordi Pastorino?”. Non potevo fermarmi e non so se l’interlocutore se lo ricordasse, ma mi è venuto in mente un pensiero profondo: non ho mai conosciuto nessuno chiamato Pastorino, ma in almeno tre luoghi diversi sono certo di aver sentito parlare negli stessi toni di un Pastorino mattacchione. Poteva essere un ex-collega andato via, un ex-amico che giocava a calcio, un ex-compagno di sbronze, in ogni caso rigorosamente ex, e non più presente, e forse un mito anche per questo.
Ma Pastorino esiste davvero? Ed è sempre lo stesso?
(ok, non mi aspetto risposte sensate!)
Domanda di cazzeggio attira-gonzi: che rapporto c’è tra Ken e Big Jim (ovvero, Giacomone)? Sono amici, nemici, o semplici conoscenti? Ok, prima che andiate su Wikipedia a cercare i dettagli vi dico che so che la risposta giusta è che sono due linee di giocattoli differenti, una dedicata alle bambine e una ai maschietti, e ovviamente non hanno nulla in comune.
Eppure non posso non pensare che due giocattoli della stessa casa produttrice, prodotti negli stessi anni e rappresentanti esseri umani nella stessa scala, non siano stati escogitati per interagire in qualche modo. Alcuni ritengono che si tratti della stessa persona, in versione borghese e in versione militare. I più pensano che Ken stia con Barbie ma che quest’ultima gli faccia le corna con Big Jim. I più maliziosi sospettano anche che Ken si vendichi in un rapporto morboso con Skipper (“Sì, B., tranqui, faccio io da babysitter a Skipper mentre tu vai al corso di uncinetto…ma non è la quarta volta questa settimana?”).
Ma la realtà è ben differente: Ken è omosessuale, e Barbie è la sua fag hag e la sua beard (si imparano un mucchio di cose sui gay vedendo Sex & the city e Ugly Betty!). Barbie fa coppia fissa con Big Jim, del quale Ken è innamorato senza speranza. Barbie lo sa, ma siccome è un po’ stronzetta se ne frega. E Skipper non c’entra niente, che cavolo, avrà quattordici anni! Un po’ di serietà, gente!
Concludo citando a sproposito una battuta delle mie battute preferite, ad opera di Gene Gnocchi: “Big Jim ha un fratello alcolista. Si chiama Big Gin”.
Ovvero, una serie di misteri che nessuno si è mai chiesto.
Di cosa sa la buccia delle banane?
Qual è il Pokèmon più bravo a giocare a scacchi?
Chi ha inventato l’asse del cesso sollevabile?
Come si fa ad avviare una sezione del fan club ufficiale di Loredana Bertè?
Quante penne biro si possono scaricare scrivendo in un giorno?
Il cocktail fatto con vino rosso, blu di curaçao, succo di mela e angostura è buono?
Quante formiche conta il formicaio più a nord di Cairo Montenotte?
Chi si impegna a cercare la risposta a queste domande verrà elargito del Mongolino d’Oro. Era da quando andavate alle medie che non sentivate più il Mongolino d’Oro, vero?
Alassio, 1984 circa
Un giorno, venne un signore a scuola a regalare a tutti gli alunni un album di figurine. No, non era un pederasta né si trattava di una promozione della Panini, tantopiù che l’album era completo di tutte le figurine, e la Panini non è mica così scema. Ok regalare gli album, lo faceva anche con Topolino, ma non le figurine, quelle te le devo comprare! Quell’album era invece un po’ sfigato: innanzitutto perché le figurine non erano autoadesive, ma bisognava attaccarle con la colla, e poi perché era un album educativo. Il fine di quel dono era infatti di insegnare ai giovani virgulti l’educazione stradale: come attraversare la strada, come andare in bicicletta in modo sicuro, rispettare i semafori eccetera. Incollando le figurine, avremmo quindi imparato una serie di basilari nozioni di sopravvivenza. Bella iniziativa, bravi, però…
Tutto ciò che ricordo legato a questa iniziativa è un’allegra domenica pomeriggio passata ad incollare figurine, e solamente un insegnamento:
“Camminare sulla sinistra è pericoloso! Camminare sulla sinistra di sera è pericolosissimo!”, riferito alla circostanza di un pedone che cammini sul ciglio di una strada priva di marciapiede. Già da allora mi ero chiesto cosa ci fosse di così pericoloso nel camminare a sinistra: nell’ipotesi di una strada diritta, sulla sinistra c’è il vantaggio di vedere meglio i mezzi che arrivano incontro, mentre sulla destra arrivano di spalle. Nel caso di strada con le curve, invece, il lato migliore dipende dal verso della curva: se verso destra, è meglio camminare a sinistra, se verso sinistra, camminare a destra. Camminando infatti sulla destra e trovandosi in una curva verso destra, un’automobile potrebbe trovarsi all’improvviso dei pedoni senza poterli scorgere prima.
E’ anni quindi che mi chiedo il perché di quel consiglio sciagurato. L’unica ipotesi che son riuscito a formulare è che quell’album fosse una traduzione di un testo inglese che, per un errore di adattamento, consigliava ciò che è più corretto nei paesi con la guida a sinistra. Tuttavia non ricordo altri errori simili, ad esempio, nella procedura per attraversare la strada (“guardare prima a sinistra, poi a destra, e poi ancora a sinistra”).
Insomma, perché camminare a sinistra sarebbe pericoloso?