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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
C’era una volta Bernacca

Ho sempre detestato i proverbi. So di non esprimere una gran rivelazione, ma quella saggezza in pillole così conformista, così semplicistica mi ha sempre irritato, tanto che, a chi mi dice "i proverbi sono la saggezza dei popoli" vorrei sempre rispondere: "Popoli di merda!". Purtroppo non sempre è possibile dire tutto quello che si vuole, quindi limitiamoci all’esprit d’escalier.
Tralasciando per ora i proverbi "etici", quelli che vogliono insegnare il comportamento, la cui disamina è particolarmente complessa, vediamone qualcuno di quelli più vicini all’uomo comune e parliamo un po’ di alcuni proverbi meteorologici.

Rosso di sera, bel tempo si spera. Rosso di mattina, la pioggia si avvicina.
La prima parte ha abbastanza senso. Se il tramonto è rosso, significa che il sole, basso sull’orizzonte, attraversa uno spazio di atmosfera limpida piuttosto ampio, e quindi a ovest non ci sono nubi. Dato che le perturbazioni in Italia di solito giungono da occidente, il proverbio ha un certo senso, tanto più che si prende persino lo scrupolo di dire "si spera". È la sua controparte mattiniera che invece non ne ha alcuno! Il ragionamento vale anche all’opposto: se all’alba il cielo è rosso, a est è limpido, ma questo non implica che debbano arrivare delle nubi da altre parti! Si può forse trovare una motivazione nell’atavico catastrofismo italiano, per cui se tutto va bene allora non può durare.

Quando XXX mette il cappello, YYY prendi l’ombrello.
Questo è un proverbio paradossalmente molto localizzato ma anche molto diffuso. Si prenda un paesucolo e si sostituisca XXX con un’indicazione geografica da quelle parti da cui provengono di solito le perturbazioni, e YYY con il mestiere più diffuso cent’anni fa in quel luogo. Si otterrà uno splendido proverbio: i più filologici potranno aggiungerci una spolverata di dialetto per insaporirlo. Ad Alassio è "Quando Capo Mele mette il cappello, pescatore prendi l’ombrello", anche se dubito che i pescatori si facessero grossi problemi di qualche goccia d’acqua. Similmente, a Sant’Anna Pelago, sull’appennino modenese, dicono "Quando il Cimone mette il cappello, contadino prendi l’ombrello".

Marzo marzo pazzerello, guarda il sole e prendi l’ombrello
Secondo il detto, a marzo il tempo è variabile. In realtà non è particolarmente vero, la stagione delle piogge in Italia è più verso novembre o nella primavera più avanzata, ma pazienza. Quello che in realtà il proverbio vuole dire è che, guardando il sole, si diventa ciechi, e quindi si prende l’ombrello per usarlo come bastone per non vedenti.

Cielo a pecorelle, pioggia a catinelle
Non ho nulla in contrario a questo proverbio, che probabilmente ha un fondo di verità, ma ho un problema personale: non ho la minima idea di come sia fatto un cielo a pecorelle! Più o meno tutte le nuvole sparse possono aver la forma di pecore, ma quali, di preciso, sono definite "a pecorelle"? E allora, popoli saggi dei miei coglioni, come la mettiamo?

Piove e c’è il sole, il diavolo fa l’amore.
(variante per me meno interessante: le vecchie fanno l’amore)
Questo proverbio, di per sé poco interessante perché esprime una verità banale ma incontestabile (la pioggia col sole è un evento raro), si porta tuttavia dietro un aneddoto interessante.
Sassello, estate 1985 o giù di lì. Piove e c’è il sole.
Marco P.:"Qualcuno è morto".
Io: "Eh?"
Marco P.: "Piove e c’è il sole, il diavolo si è sposato. Quindi qualcuno deve essere morto e deve essere finito all’inferno."
Io non ero a conoscenza del proverbio, quindi la gag mi era incomprensibile. Trovo spassoso il fatto che a Marco avessero insegnato una versione edulcorata del proverbio: prima ci si sposa, poi, al massimo, se proprio non se ne può fare a meno, si fa l’amore! Tuttavia, non credo che il diavolo si faccia di questi problemi; piuttosto, se si vuol fare una battuta con questo detto si può sfoggiare la variazione: "Piove e c’è il sole, c’è in corso una messa satanica con un caprone nero che stupra una vergine". Certo, suona meno bene.

Un anno di pinguini (che puzza!)

Oh, che palle, il post del compleanno: lo fanno tutti i blog. Questo, che è un blog che ama pensarsi atipico (anzi, forse non è neanche un blog in senso comune, ma vallo a spiegare a tutti gli amici che non vogliono leggermi perché "non mi piacciono i blog"), magari poteva risparmiarsi il consueto articolo in cui, approfittando della ricorrenza, si tirano le somme. E invece no. Così va la vita.
Mi piace pensare di scrivere per me, e non per compiacere i miei lettori. Questo è solo parzialmente vero: da un lato, lo ammetto probabilmente senza stupire nessuno, controllo il numero di visite e sono contento quando c’è qualcuno che mi legge e magari che mi commenta. Non vi tedierò con le mie analissime statistiche, ma sappiate che siete in lenta ma irregolare crescita (picco massimo a luglio. Imbecilli, andate al mare invece di leggere Pinguini!). Per ora circa 15 al giorno, all’inizio eravate 10. Se il trend dell’aumento del 150% annuale persiste, datemi qualche secolo e supero Selvaggia Lucarelli e Beppe Grillo. Il successo di pubblico è pertanto minuscolo, quasi trascurabile, ma tiro avanti per la consapevolezza che chi mi legge in generale lo fa con piacere. Basso indice d’ascolto, alto indice di gradimento, avrebbero detto una volta in Rai. Così va la vita.
D’altra parte, scrivo quello che mi pare, tirando fuori dei mattonazzi che probabilmente non legge nessuno ma che mi piace pubblicare solo perché si tratta di pensieri che mi frullano per la testa da anni, ed è ora che vengano tramandati ai posteri. Ovviamente, sto pensando alla serie sui Negazione che presto porterò a compimento (eh, così va la vita), ma probabilmente anche quella sulla Settimana Enigmistica è del genere. L’unico vincolo che cerco di pormi è di evitare di raccontare quello che mi capita giorno per giorno o di commentare l’attualità: per queste cose avete l’imbarazzo della scelta, se invece volete un fesso che vi racconti aneddoti della sua infanzia (vero che ridete con me e non di me? vero?),che esponga i suoi dubbi su un mondo a tratti incomprensibile o che vi faccia notare cose che avevate sotto il naso, mettetevi comodi. Ho ancora un sacco di cazzate da sparare. Così va la vita.

Doni del cielo

Il Signore Iddio non ci ha creati tutti uguali, e a ognuno di noi Egli ha donato delle capacità particolari. Maradona sa palleggiare coi limoni, Berlusconi sa raccontare le balle, Peter North può…ehm, sorvoliamo. In genere si tratta comunque di talenti che possono essere sfruttati per avere successo economico o sociale, come nei tre esempi citati.
E a me cosa ha donato Domeniddio? Come minimo, io possiedo i seguenti quattro talenti:

(Sì, vabbé, c’è poi il dettaglio che le persone più intelligenti di me che conosco si contano sulle dita di una mano (1), ma questo è marginale. Come siete pignoli!)

(1) No, non conosco meno di cinque persone.

L’amara storia di Vincenzo e Catullo

Mi capita relativamente spesso di essere in metropolitana a Milano. Io ho una piccola ossessione nell’occupare il mio tempo, e quindi sui mezzi pubblici tendo a portarmi un libro da leggere, rifiutandomi di donare anche un solo neurone a Metro, Leggo e City. Purtroppo, però, in caso di troppo affollamento o di frequenti cambi, il libro viene scomodo e quindi mi rivolgo ad un’arte minore, la musica, ascoltando qualcosa con le cuffie. Ciononostante, lo sguardo vaga e inevitabilmente si confronta con le pubblicità che stan sopra le teste dei fortunati che si son seduti(1). Quello che mi sorprende è come le categorie di reclame siano piuttosto limitate; non si vedrà mai la pubblicità di un formaggino o di un’automobile, ma quasi sempre una delle seguenti:

Case: in particolare si tratta quasi sempre complessi residenziali poco fuori città, dipinti come un paradiso di natura e tranquillità a pochi minuti dal centro. Magari è proprio così, ma a me posti del genere mettono i brividi.

Master e corsi professionali: già, stai andando ad un lavoro che non ti piace e ti paga poco, per migliorare la tua posizione ci vuole un master! Curiosamente, accanto a master di new economy, di real-time marketing, di fist-fucking e di business communication, campeggia saltuariamente il faccione di Tullio de Piscopo che dà ingloriosamente lezioni di batteria e percussioni.

Mobili: sempre in superofferta, come è quasi legge fin dai tempi di Aiazzione. Poco interessanti,in generale, si distingue solo un negozio di futon e arredamento giapponese che non parla mai di sconti. Eh, se si vuol essere alla moda, bisogna soffrire dormendo per terra e pagare di più.

Sostegno alle gravidanze: il pannello Madre Segreta è tanto tempo che mi attira, perché mi son sempre interrogato sulla necessità di un’associazione del genere (sponsorizzata dalla Provincia di Milano). Ci sono così tante ragazze che si trovano incinte, in un contesto familiare potenzialmente ostile alla situazione, e non sanno a chi rivolgersi? Beh, probabilmente sì. La mia esperienza diretta non ha conosciuto problemi simili, ma chiaramente ciò è dovuto al fatto che vivo e ho vissuto in una parte della società meno esposta a piccole grandi tragedie come queste. O forse il punto chiave è un altro: di recente ho notato un’altra associazione simile, questa volta palesemente cattolica e, soprattutto, chiaramente antiabortista. Forse è questa la chiave di lettura: prevenzione dell’aborto. Ho dei dubbi che sia corretto finanziare enti simili con soldi pubblici, ma magari sbaglio l’interpretazione.

Insomnia Karaoke Pub: questo mi colpisce sempre, ma in termini negativi. Si tratta di un semplice pub che ha optato per una strategia di marketing aggressiva. Nulla di male, ma lo slogan è "si canta, si beve, si scherza e poi…! ci sono Vincenzo e Catullo" (la punteggiatura è proprio così). Si tratta quindi di un tentativo di riprodurre l’atmosfera del "solito bar", del "bar di Mario", in termini puramente artificiali. Ma chi sono Vincenzo e Catullo? Perché dovrei dare fiducia a questi due signori? Sarà la mia naturale misantropia, ma diffido istintivamente di chi si pone subito troppo in confidenza.

(1) A parte questo, la fenomenologia della metropolitana di Milano è estremamente articolata ed interessante. Non escluderei di approfondirla, se non che probabilmente nel prossimo futuro capiterò più raramente da quelle parti. Beh, pazienza.

L’angolo della poesia

Rosso di sera, bel tempo si spera
Componimento neoclassico

Se, quando il carro del divino Febo, (1)

facitore delle trirase mura
d’Ilïo insieme al fratello d’ambrosia
che l’Itacense divo maledisse, (2)
costringendolo a vagare per anni
tanti quanti il figlio d’Ilio figli ebbe (3)
in due volte del Sagittario
è condotto dal suo solerte auriga
verso il meritato riposo scuro
dopo viaggio faticoso del dì
destinato a fornire luce e foco
pei mortali il cui fine è soffrire, (4)
la volta celeste, che coprirassi (5)
presto di lagrime calde e bagnate (6)
pel decesso triste del divo Achille,
si colora della tinta vermigna
del liquido vitale degl’omini (7)
che sì spesso è versato nella sabbia (8)
per cagioni non relate a Pallade, (9)
allora i nostri cori or sì puri
s’innalzano al cielo nella speranza,
la quale, non sia mai dimenticato,
è l’ultima padrona del destino,
che il futuro, sì incerto e mai previsto,
se non per il dono di vaticinio
di quel sacro oracolo consacrato (10)
pello stesso immortale di cui sopra,
ci riservi un aere luminoso
sereno e di color cotal ceruleo (11)
a sembrar quello dell’iridi chiare
dei lumi di quei pagani popoli
che barbari scendono assieme alla Bora (12).

Note:
(1): Il sole, il carro di Apollo
(2): Si parla di Ulisse e Poseidone
(3): 20 anni: Prima (il figlio d’Ilo) generava 10 figli all’anno
(4): allitterazione f
(5): volta celeste: segue dal "se" del v.1
(6): le stelle; allusione erotica
(7): il sangue
(8): alliterazione "s"
(9): senza ragione (Pallade, dea della saggezza)
(10): L’oracolo di Delfi, consacrato ad Apollo
(11): alliterazione "c"
(12): bel finale epico

La lotta

Mafalda guarda la TV. Suo padre le si avvicina da dietro.
– Cosa stai guardando, Mafaldita?
– La lotta!
– Ma come la lotta? Non vedi che è un teleromanzo?
– Sì, appunto. La lotta dello sceneggiatore per non cadere nelle grinfie dell’intelligenza.

In realtà non c’entra niente, ma trovo la striscia di Quino meravigliosa. Volevo invece rendere testimonianza da queste parti della silenziosa titanica lotta che si svolge nel palazzo del mio ufficio a Genova.
L’ascensore ha una targhetta che testimonia come responsabile dell’installazione e della manutenzione sia una ditta chiamata Filippo Rolla, il cui logo è una sigla FR. Un Anonimo Amanuense trova spiritoso aggiungere a penna le lettere "ocio" a seguire. Effettivamente si tratta di una trovata che reca con sè matte risate, rallegrando buie mattinate destinate alla noia lavorativa. Pensate, entri in ascensore di cattivo umore e leggi "frocio"! Come ti cambia la mattina!
Purtroppo c’è chi non è di questo avviso, e un Anonimo Censore cancella le quattro lettere in questione. Dubito che si tratti del portiere o dell’impresa di pulizie, sono più propenso a ritenerla opera di un beghino scandalizzato dalla questione.
Ma il Grafomane Mascherato non si arrende, e dopo pochi giorni la sua gag preferita torna a far capolino, riniziando il ciclo e sfidando le ire dei benpensanti. Insomma, una metafora dell’eterno avvicendarsi delle fazioni, della lotta tra il bene e il male, del ciclo naturale delle maree, della luna e delle stagioni.
Oggi, venerdì 30 settembre, siamo appena entrati in fase "pulita".

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