“Ok, abbiamo capito che ad Annecy ti sei divertito un sacco anche al di fuori delle sale. Ma hai anche visto qualcosa di buono?”
Eccerto! Un sacco di roba bella, non poca roba mediocre e anche roba brutta. Come tutti gli anni, come in tutti i festival sufficientemente ricchi. Intanto possiamo dire che l’edizione 2011 del festival di Annecy rimarrà negli annali per essere l’edizione PoPo. Non perché ci fosse roba brutta di popò, per carità, ma perché c’era una quantità esagerata di corti provenienti dalla POlonia e dal POrtogallo, e perché la giuria era composta da una POlacca, da una POrtoghese, e da PES. E infatti ha deciso PES, come giustamente faceva notare un mio sidekick nei commenti della parte I. Ma questo riguarda soprattutto i cortometraggi. Di quelli parleremo dopo, questo è solo un teaser scritto da quell’abile orchestratore di emozioni che sono io. Oggi parliamo di lungometraggi e di programmi televisivi. Partiamo dai film.
Probabilmente la cosa migliore che ho visto quest’anno è stato Tatsumi, di Eric Khoo (un singaporese, curiosamente), un film fuori concorso. Come suggerisce il titolo, si tratta di una biopic di Yoshihiro Tatsumi, celebre fumettista giapponese inventore dei gekiga (manga per adulti, non nel senso di “con tette e culi” ma nel senso di “con temi maturi”), inframmezzata con racconti brevi tratti dall’opera di Tatsumi. L’animazione un po’ spartana si sposa benissimo con la durezza dei temi e con la storia di un Giappone che vive il suo boom nel dopoguerra anche dal punto di vista dei fumetti. Gli applausi più lunghi del festival (anche se la sala non era pienissima) e ovazione al regista presente in sala.
L’unico film uscito ad Annecy che secondo me vedremo nelle sale italiane è il Gatto del Rabbino (Le chat du rabin) di Joan Sfar e Antoine Delesvaux, tratto dal bellissimo fumetto omonimo di Sfar stesso. Io a Sfar ci voglio un sacco di bene perché è amico di Trondheim e perché è quasi altrettanto eclettico, e attendevo molto questo film. In un curiosissimo 3D (si fa una sorta di messa in scena a pannelli senza spessore) racconta una storia di popoli, religioni, avventura, amore in un’Africa più leggendaria che mai ma vista con l’amore di chi l’ha conosciuta. Un po’ troppo lenta la prima parte (accanto a me un tizio si è messo anche a russare!), ma la seconda metà è a dir poco strepitosa. Ha vinto il Cristallo come miglior film.
Io avevo dato come vincente tra i lunghi Chico & Rita di Fernando Trueba, Javier Mariscal e Tono Errando. Mi pareva la tipica produzione che piace alle giurie: una storia adulta, con tanta buona musica, un design originale e ottima animazione. E invece la storia tragica con finale lieto del pianista cubano e della sua bellissima cantante nei giorni subito prima la rivoluzione castrista ha vinto solo un premio minore.
Altro discreto film è Colorful di Keiichi Hara. Classico anime su adolescenti in ambientazione scolastica, parla di disagio e di mancanza di comunicazione, usando come tema la reincarnazione di un’anima nel corpo di uno studente che aveva tentato il suicidio. Un pochino troppo lungo e il plot twist è prevedibilissimo, ma è un buon film.
Altre brevi menzioni: The Prodigies – la Nuit des enfants rois di Antoine Charreroyn (immagine a sinistra), una specie di X-men francese (obbligatorio, ogni volta che se ne cita il titolo, fare tunz tunz tunz). Ottima regia, ma pessimo design con personaggi legnosissimi e pochissimo espressivi. Jib (The House) di Mi Sun Park, Eun Young Park, Ju-young Ban, Jae Ho Lee e financo Hyun-jin Lee, storia coreana di una casa da abbattere e degli spiriti buoni che la abitano, originale e interessante ma alla fine poco riuscito. Den Kaempestore Bjorn (Il grande orso) di Esben Toft Jacobsen, favoletta danese di un orso gigante che gira con gli alberi sulla schiena, poco incisivo ma non disprezzabile.
E poi quest’anno mi son deciso a guardare i programmi televisivi. Era da un po’ di anni che la saltavo, visto che finiva sempre che ci dormivo un sacco. “Ragione in più!” mi son detto questa volta, “i pisolini sono una bella cosa!” ed eccomi qua. Ho visto la tv e ho saltato completamente tutti i programmi dei film di scuola, ché alla fine mi lasciano insoddisfatto per la scarsa maturità degli studenti (cioè: sono bravi, hanno idee, ma la giovane età preclude loro di poter dire qualcosa di davvero interessante). Ma vediamo qualche programma televisivo sparso meritevole di menzione.
The Amazing World of Gumball “The Quest”, di Mic Graves e Ben Boucquelet: meritatissimo vincitore del Cristallo per la TV. E’ matematico: a mettere insieme animaletti antropomorfi ultra-kawaii che fanno gli occhioni coi tirannosauri si ottiene uno spasso infinito. Rido ancora a pensare a certe gag. Spero proprio che lo importino in Italia, merita davvero.
Zig & Sharko “Surprise partie” di Darrag O’Connel: premesse ancora più assurde per questa serie franciosa (che è stata sotto gli occhi di tutti perché era sul retro dei badge): uno squalo e una sirena vivono come marito e moglie sulla terraferma, e una iena, aiutata da un granchio, vuole mangiarsi lei quando lui si distrae. Folle, funambolico, ricco di azione slapstick, quasi un cartone Warner dei bei tempi.
Angelina Ballerina “Angelina’s Indian Lunchtime” di David Doi: che succede quando il maschietto nella compagnia di ballo dice che ne può più della rappresentazione all’ora di pranzo di “Mouselina” (che sarebbe poi un incrocio tra Cenerentola e la Bella Addormentata, se ho ben capito) e tocca a lui scegliere? Ovviametne che si rappresenta il Ramayana, il poema epico indiano. A differenza di Sita sings the blues, però, vuole anche utilizzare ritmi, canzoni e strumenti indiani. Scemino, ma l’animazione del ballo è sorprendente e la qualità generale di questo prodotto per bambine è ottima.
Aqua Teen Hunger Force “Rubberman” di gente che non si merita di essere nomitato: segnaliamo anche qualcosa di proprio brutto. Rubberman. Una serie “per adulti” con un mostro nato da preservativi usati, siringhe, popò e simili. Non è che è brutto perché parla di cose brutte, è davvero brutto, scemo e inutile. Calci nel culo e ripassare Bambi!
Robot Chicken “Star Wars Episode III” di Chis McKay : mai visto nulla di Robot Chicken, non amo Star Wars in generale (no, nemmeno la trilogia originale) ed Episode III è non poco imbecille. Però questa è un’ottima parodia, ci sono delle gag molto divertenti, citazioni sparse ma non a casaccio in stile Griffin e anche qualche idea registica (sospetto copiata, ma non ci giurerei). Ne ho dormito un pochetto, ma mi è parso un buon lavoro.
SamSam “Mega Gino” di Tanguy De Kermel: rapida citazione per Mega Gino, il supereroe italiano coi baffi che frega i lavori al papà supereroe di Sam Sam. “Salga sulla mia Materazzi nuova”. Lol.
Next: cortometraggi come se piovesse
Non ci penso nemmeno a spiegarvi cosa diamine è il festival di Annecy. Cercatevelo.
Poche storie, per me andare ad Annecy è assai di più che vedere un sacco di cartoni animati. E’ un rito che esula da ciò che c’è da vedere e che si compone di una serie di gesti tradizionali che compongono, nel complesso la Annecy Experience.
E quest’anno, com’è andata? Beh, giudicate voi dalla checklist:
- Passare ad Alessandria e deridere il quartiere Cristo…check!
- Far aspettare Spacca ad Alessandria almeno una mezzoretta in modo che possa far amicizia col kebabbaro, sperimentare i nuovi panini di McDonald o cercare un chiodo della Vera Croce…check!
- Far pausa pranzo a Courmayeur e mangiare la pizza nella pizzeria Il Tunnel…check! (nota: quest’anno hanno corretto i menu e non c’è più il top of rape, ma la pizza è proprio ottima e abbondante e sono molto gentili)
- Fermarsi al primo autogrill francese a comprare una bottiglietta d’acqua che, coi vari refill alle fontane, ci accompagnerà tutta la settimana…check! (ri-nota: l’unica volta che questa fase è stata saltata hanno vinto i bambini sudanesi. Mai più)
- Sentirsi quasi arrivati quando si scorgono le mandrie di vacche savoiarde…check!
- Arrivare in città e sbagliare strada per arrivare al Bonlieu…check!
- Parcheggiare per prendere l’accredito e rimanere lì giusto qualche minuto oltre i 30′ gratuiti…check!
- Corsa sul lungo-lago…check!
- Mangiare la tartiflette la prima sera nel ristorante davanti alla sala Pierre Lamy…check!
- Non dormire la prima notte a causa della suddetta tartiflette che canta la Marsigliese nello stomaco…check!
- Pranzo alle vecchiette…check…ma per l’ultima volta. Non fanno più insalate ma solo piatto del giorno, e dall’anno prossimo sarà depennato dalla Annecy Experience.
- Pranzo all’Happy People, il bar dei finocchi di Annecy ahimè, è stato letteralmente murato. La piazzetta dove stava ora non esiste più è c’è un negozio.
- Inveire contro Chez Bernabé, che non ci ha fatto nulla di male ma che lo odiamo a priori…check!
- Scorgere il tizio uguale ad Alan Moore…check!
- Scorgere il belga coi baffi che sembra Asterix e gira con le magliette dei festival anni ’80… check!
- Farsi spennare dal pub del Pirata per la biretta post-proiezione serale a prezzi oltraggiosi…manca! Pazienza, abbiamo trovato di meglio!
- Mangiare una tartare e poi pisolare pesantemente alla proiezione successiva…check!
- Prendere una pausa da una proiezione per andare a fare la spesa dei cadeaux al Monoprix…check!
- Fare previsioni sui vincitori leggendoci attentamente le biografie dei giurati e cannare tutto…check!
- Tenere il badge tutta la settimana senza interruzioni (da svegli, almeno) e toglierselo solo quando, dopo la cerimonia di chiusura, ci si siede per la cena…check!
- La domenica mattina, prima di partire, passare a fare scorta di croissant e pain au chocolat da surgelare…check!
- Fermarsi di nuovo sulla via del ritorno a Courmayeur e mangiare polenta e spezzatini vari dal ristorante La Padella…check!
Però, affinché non si dica che ci limitiamo alle tradizioni, ci sono anche delle nuove scoperte interessanti che probabilmente saranno integrate nelle Annecy Experience dei prossimi anni:
- Birra in piedi all’aperto davanti all”affollatissimo e coolissimo Café des Arts…check!
- Cena dal ristorante dove danno le patate fritte a stufo…check!
- Indicare la gente (“Ehi, guarda quello là che capelli buffi!” – indicandolo col dito) correndo il continuo rischio di essere menati…check!
- Fare nuove conoscenze interessanti…check!
Ah, e poi ho visto un sacco di bei cartoni animati. Ma di questo parleremo nella prossima puntata.
Trovate una deduzione dalle seguenti inutili informazioni:
Ho scoperto che mi piacciono i pomodorini freschi come ingrediente della pizza.
Però alla pizzeria Il Focone della Fiumara di Genova te li mettono a fine cottura, e non è la stessa cosa.
La notte scorsa avevo una zanzara in camera.
Detesto la pubblicità alla radio perché ha sempre voci troppo caricaturali.
Lunedì mi hanno cambiato il contatore Enel.
Questa sera vado a un corso di torte salate.
Nel gruppo dei miei colleghi, il prossimo compleanno è il mio.
Non mi ricordo mai cosa significa sesquipedale. Lo cerco, annuisco e poi lo dimentico.
Ieri sera alle 18.15 il panetterie in Vicolo Canneto il Lungo di fronte al Carrefour a Genova aveva già finito il pane.
Io non sono biondo.
Buon lavoro!
Da bambino ero un gran fifone per quanto riguarda i film horror. Non che ne guardassi spesso, ma ogni volta che vedevo qualcosa che mi spaventava, finiva che di notte non dormivo e, a un certo punto, rassegnato, andavo dai miei: “Mamma, papà, non riesco a dormire”. Quei due santi, che sapevano ciò che succedeva, mi ospitavano nel lettone e io dormivo. Loro, probabilmente svegliati nel cuore della notte e magari anche un po’ spaventati dal brusco risveglio (nonché più stretti del dovuto), invece probabilmente ci mettevano un sacco a riaddormentarsi.
Una volta mi è capitato di vedere Poltergeist e non ho dormito per tre giorni. Da allora non l’ho mai più rivisto: nel 2005 ne ho comprato il dvd ma sta ancora lì incellofanato. Ho paura che se lo scellofano poi emette un’aura che mi fa paura. Guardarlo, non se ne parla nemmeno! Per fortuna, comunque, avevo abbastanza di buon senso da evitare i film più terrificanti, ma il problema era che i babau si annidavano ovunque. Ad esempio, in film che sfiorano l’horror solo in modo marginale: non ho dormito due notti dopo Ghostbusters per la scena delle braccia che escono dal divano; o anche, prima di un film, al cinema, hanno passato il trailer di Ammazzavampiri (era primavera, e per diversi giorni mi svegliavo di notte e non mi riaddormetavo più fino all’alba, quando i vampiri tornano a casa); passi poi Gremlins, che è in effetti un horror per ragazzi, ma persino i pupazzoni di Labyrinth mi avevano tenuto sveglio.
E poi, c’è stato il Fantasma delle Gocce d’Acqua. Venni a conoscenza di questo simpatico signore in un programma animato sulle fiabe di tutto in mondo realizzato in silhouette (i più bravi potranno dirmi di cosa si tratta di preciso, io non ho voglia di fare ricerche) quando ero ancora in età prescolare, e non ho la minima idea di cosa facesse. So solo che mi bastava ricordare la frase del narratore “e ogni volta che senti delle gocce d’acqua…” per avere un sacco paura, anche senza sentire delle gocce d’acqua (e che diamine, non vivevo in una grotta!). Probabilmente quello che più mi inquietava era l’associazione tra qualcosa di comune e innocuo (le gocce d’acqua) e il soprannaturale.
All’età di 12-13 anni, probabilmente con l’arrivo dei baffetti da preadolescente, all’improvviso smisi di aver paura. Tuttavia, qualche anno dopo, quando giocavo a D&D, creai come mostro il Fantasma delle Gocce d’Acqua, magari anche un po’ per esorcizzarlo definitivamente. Non ricordo assolutamente cosa faceva questo mostro. Probabilmente l’ho esorcizzato come si deve.
(O, se preferite, Pippo Yong mi fa una pippa)
Courmayeur, giugno 2009.
Ci sono molti riti che riguardano il modo in cui vivo il festival di Annecy. Tra di essi i noiosissimi report, la tartiflette della prima sera, il pranzo alle vecchiette, la derisione del quartiere Cristo di Alessandria quando si passa a prendere Spacca, e la sosta pranzo a Courmayeur. Abbiamo infatti scoperto che a Courmayeur fanno un’ottima pizza in almeno due ristoranti distinti. Uno all’andata, e uno al ritorno. In quello dell’andata, ho colto questa perla. Quindi, se volete essere stuprati nel modo migliore, scegliete la pizza coi friarelli.
Quest’altra foto è stata presa pochi giorni fa a Copenhagen, in un ristorante spagnolo. Perché io e i miei sidekick Lapo e Botty siamo finiti in un ristorante spagnolo in Danimarca? Beh, mettiamola così: gli smørrebrød sono ottimi e hanno un nome molto buffo, ma il turismo in Nord Europa non è propriamente turismo enogastronomico. Si prende quel che si trova. E quella sera abbiamo trovato paella a 99 DKK, che per una città costosa come Copenhagen è poco (circa 13 euri). La paella era buona ma non molto abbondante, quindi abbiamo preso il dolce. E c’era questo. Perdonate la pessima foto fatta col cellulare in tutta fretta, ma già le cameriere ci odiavano perché abbiamo preso la paella economica invece del menu tapas a 399 DKK (50 euri) che era la scelta di tutti gli altri avventori e mi pareva scortese fotografare ridendo il loro menu. Ciononostante, non riesco assolutamente a capire come la torrija (che non so cosa sia, tra l’altro), possa diventare “Warm poor Knights of Windsor” (tiepidi poveri cavalieri di Windsor). Non ho fatto ricerche per non spoilerarmi. Illuminatemi.
(Per tacer della decottopia)
(e della camicia)
(Avrete tutti la stessa espressione – e forse anche gli stessi capelli)
(Ora anche la celiachia può dimagrire con la tisanoreica – e la decottopia)
(Emetterete un’aura muscolosa)
E con un testimonial simile, avete ancora dei dubbi?