E’ venerdì, e come sempre si conclude, per noi squallidi impiegatucci, una settimana di lavoro. Eppure, al termine della prima settimana in cui lavorai, appena laureato, all’inizio di ottobre 1994, io tremai. Il fatto è che nessuno mi aveva detto se la settimana di lavoro era dal lunedì al venerdì o dal lunedì al sabato. Cazzo ridete, il contratto metalmeccanico stabilisce che si lavora sei giorni a settimana, è per questo che se Natale cade di sabato molti di noi rimangono con un pugno di mosche, mentre se cade di domenica abbiamo un ricco giorno pagato in più! Mi è sempre sfuggito, tuttavia, con quale gabola si lavori per “solo” cinque giorni, ma meglio così, che diamine. Il sabato mattina ci ho da fare il lungo lento, e ho bisogno di un paio d’ore per correre con calma.
Beh, per tornare al mio aneddoto, ero ragionevolmente certo che il sabato non si sarebbe lavorato, ma non completamente certo, e mi sentivo troppo fesso per chiederlo ai colleghi. Cioè, immaginate uno che vi arriva e vi chiede: “Senti un po’, ma domani si lavora?”. Vi conosco, prendereste un’ora di permesso per andare a procurarvi il catrame e le piume! Io le piume saprei dove prenderle, basta sventrare un cuscino o un piumino, ma il catrame non saprei dove andarlo a comprare. Probabilmente finirei per andare da un cantiere e chiedere a un membro dei Village People: “Mi scusi, dovrei impiumare un tizio che ha chiesto se domani si lavora, non è che mi presta un po’ di catrame? Grazie mille!”.
E quindi, dimostrando rara astuzia, passai il venerdì pomeriggio con le orecchie tese per captare eventuali frammenti di conversazione che dicessero “Buon weekend, ci vediamo lunedì!” o “Mah, è inutile iniziare a fare queste cose adesso, poi dopo due giorni perdiamo il filo” o, viceversa, “Ne parliamo nella riunione di domattina!” o “Forza che domani finisce la settimana e poi abbiamo un ricco giorno di riposo!”. Afferrai qualche frammento del primo tipo e andai a casa sereno. Poi, il giorno dopo, mi alzai alle 6.30 perché dovevo andare a Savona a farmi dare un certificato di un tipo di cui nel tribunale non conoscevano l’esistenza. Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta… (putroppo per voi)
Ovvero, un elenco brutale di opere universalmente o quasi ritenute capolavori o autori universalmente o quasi ritenuti genii che a me invece non mi mi piaciano. Il tutto senza motivazioni o quasi, giusto per fare caciara.
Musica
Iniziamo con la musica moderna, o quasi. E’ ben noto che io NCUCDM, ma, cristiddio, i Doors sono quanto di più palloso ci sia sulla faccia della Terra. Più di Finlandia di Sibelius. Se non c’era Morrison a fare il sex symbol maledetto e morire giovane, erano dimenticati da decenni. E i Genesis? Marò, quanto sono inascoltabili, loro e le loro emanazioni! Tutti così turituritù quanto siamo bravi! Per non parlare di quel fesso di Sting, ma chi si crede di essere? Con quella sua vociaccia e la sua faccia da schiaffi? Taccio infine per gli U2, il cui successo planetario proprio non riesco a spiegarmi.
Sono più canonico negli apprezzamenti della musica classica, con due grandi eccezioni: Wagner, che nonostante faccia bum! proprio non mi piace, e Mozart. Con qualche piccola eccezione, trovo Mozart una femminuccia che fa gnegnegnè.
Cinema
Qua ce n’è un po’ per tutti i gusti. Tralasciamo gli stronzetti sperimentatori che scimmiottano Von Trier, anche lui fessacchiotto ma per lo meno con coscienza, perché sono in tanti a pensarla come me. Questi in fondo sono gli unici che mi fanno sbavare dalla rabbia: non dimenticherò l’incazzatura che mi ero preso con Funny Games. Non ho mai sopportato l’espressionismo tedesco, mi addormento solo a pensarci. Più sorprendentemente, perché è più vicino a quella che è la mia sensibilità, trovo noiosissimo anche Akira Kurosawa. Non sono riuscito a finire di vedere quello che molti considerano un gioiello del cinema italiano, Berlinguer ti voglio bene di Bertolucci con Benigni. E, pur apprezzando in generale Pupi Avati, trovo che il titolo de La casa dalle finestre che ridono sia la cosa migliore di un film per il resto proprio scemo. Che altro? Ah, sì, non vado pazzo per Chaplin, ma lo sopporto; Truffaut e tutta la Nouvelle Vague li ritengo enormemente sopravvalutati; spegnerei volentieri il Rocky Horror Picture Show a metà e per concludere con cose più recenti ho trovato Avatar e Inception due minchiate galattiche. Puff!
Letteratura
In letteratura sono un po’ meno iconoclasta. Cioè, ci sono un sacco di scrittori ritenuti importantissimi dalla critica di cui non me ne può fregare di meno: che so, per citare a caso, Musil, Virgilio, Moravia. La differenza rispetto alle altre forme di comunicazione è che ci vuole un sacco di tempo per leggere i libri, ed è necessario operare scelte. Quindi, non è che non mi piaccia Musil, è che proprio non lo so, non ho ancora avuto uno stimolo abbastanza forte per dedicare sei mesi della mia vita a leggerlo. Eppure qualche autore considerato “cult” che a me fa cagare c’è: Pennac, innanzitutto, come romanziere. Lo tollero nei suoi saggi/pamphlet, ma trovo che come narratore sia talmente tronfio e pieno di sé da risultare insopportabile. Anche Baricco, ma qui è più la persona che lo scrittore a essere antipatico. E poi…ehm, Douglas Adams. Forse è la nausea da nerd-citazione, forse il fatto che l’ho letto tutto insieme e mi è risultato proprio stucchevole, ma non ne posso più.
Televisione
Guardo così poca televisione (per non dire nessuna televisione!) che il mio giudizio non ha molto senso. Eppure, non ho mai tollerato Serena Dandini e la banda di Avanzi, Tunnel eccetera. Persino Corrado Guzzanti smette di farmi ridere dopo una decina di secondi, ma è proprio la Dandini che mi è antipaticissima. Trovo Renzo Arbore, più volte chiamato il Salvatore della TV, spocchioso e sopravvalutato. E i Gialappa’s hanno detto tutto quello che avevano da dire già dal 1994. Beh, ci sarà una ragione se non guardo tv, no?
Cartoni animati
(parliamo di serie tv “classiche” , per così dire)
Le serie animate giapponesi anni ’70-’80 mi piacciono molto, quindi posso ritenermi di bocca buona. Eppure, qualche mostro sacro che non mi va giù c’è, eccome: innanzitutto Gundam. Gundam ha due difetti macroscopici: si prende troppo sul serio, e non è né carne né pesce tra l’essere una serie di SF seria e una serie robotica per bambini. Il risultato è che è incoerente, contraddittoria nello stile e faticosa da seguire. Lady Oscar! Ma qui distinguiamo, suvvia. La seconda metà, quella diretta da Osamu Dezaki, è un capolavoro. La prima metà, quella che ricalca maggiormente il manga, quella detta “i capricci di Maria Antonietta” è proprio noiosa, e solo la meravigliosa qualità grafica ne salva la visione. Capitan Harlock. Ok, la poesia dello spazio profondo. Ok, l’antieroe dallo spirito libero. Ok, le donne che bruciano come carta. Ma per due, tre, puntate. 48 sono una tortura!
Arti figurative
Ossignur, mi piacciono, cerco di imparare, ma sono tuttora poco preparato…beh, gli impressionisti non mi impressionano un granché. Raffaello non mi impressiona un granché. Dalì non mi impressiona un granché (sì, ho finito i sinonimi, e allora?)
Fumetti
Infine, i fumetti (arbitrariamente separati dalla letteratura). Qua ci ho dovuto pensare parecchio, ma una conseguenza del fatto che i fumetti sono la forma d’espressione che mi piace di più consiste anche nel fatto che non mi vengono in mente “mostri sacri” che proprio non mi vadano giù. Certo, c’è qualche piccola incrinatura tra me e la critica “ufficiale”: trovo Maus di Spiegelman sopravvalutato (e apprezzato soprattutto perché fumetto sull’Olocausto); non amo moltissimo Grant Morrison e Warren Ellis; l’intero movimento Mètal Hurlant francese mi lascia un po’ indifferente, persino Moebius; ritengo che Manara sia il dio delle donnine ma che non sia capace di scrivere due parole e che Crepax sia un fessacchiotto; penso che Magnus sia uno dei migliori disegnatori mai esistiti ma abbia sprecato la sua carriera a disegnare le cazzate di Max Bunker, nonché gli ultimi anni a illustrare minuziosamente un Tex di rara imbecillità; trovo di un’insopportabile antipatia i personaggi di Ai Yazawa. Ma in fondo sono un lettore abbastanza allineato, suvvia.
Ancora roba etnica da queste parti, gente, e ancora una roba che potete usare per la pausa pranzo. D’altronde, se volete i ravioli della nonna li chiedete alla nonna, non vi rivolgete mica a Pinguini in cucina.
La nonna non ha mai fatto i ravioli, al massimo gli agnolotti. E poi non ho capito, con tutta la roba buona che c’è in Italia perché dobbiamo andare a fare le cose straniere?
Ma andiamo con ordine. Non son mica tanto sicuro che questa ricetta abbia qualcosa a che fare con il Brasile, ma nel libro di ricette che mi è stato regalato a Natale la spacciavano come tale. Io l’ho provata, mi è piaciata, l’ho modificata leggermente (come sempre, ho la presunzione di saperla più lunga del redattore delle ricette ), l’ho rifatta e ve la propongo.
Lo sanno tutti che le ricette vanno seguite passo per passo, se cambi qualcosa poi non viene bene.
Che poi a me il Brasile non è mai stato simpaticissimo, se devo confessare, come già dissi in Razzismo. Mi ripeto e rincaro la dose: ci hanno i calciatori che vogliono tutti giocare in attacco, ci hanno l’Amazzonia che tutti chiamano il Polmone Verde e l’immagine mi fa un po’ schifino, ci hanno il Carnevale che è una festa che mi è proprio antipatica, e soprattutto ci hanno i ragni più grossi del mondo, quindi in Brasile non ci voglio andare. Però l’insalata di riso alla brasiliana è un sacco buona. Fatela anche voi, è facile.
Ma non ti vergogni a dire tutte queste sciocchezze? Il Brasile è un paese ricco di storia e di cultura.
Prepararsi
Vi darò la ricetta per una sola persona. L’insalata di riso brasiliana è un piatto triste che va consumato davanti a un monitor (vedi sotto “mangiare”). Eccone gli ingredienti:
75 g di riso. Io uso il basmati, mi pare che ci stia benissimo.
“Mi pare”…la ricetta cosa diceva? E ti pare che in Brasile usano il basmati? Usa il riso brasiliano, vedrai che viene meglio!
30g di piselli surgelati. Risparmiate e prendete quelli di marca-supermercato. Sono buoni lo stesso.
I piselli devono essere freschissimi e sgranati con le vostre mani, altrimenti il piatto viene uno schifo.
75g di gamberi sgusciati. Io, che sono un morto di fame e che non amo maneggiare il pesce crudo, compro quelli surgelati dai negozi di pesce surgelato. In tal caso, pesatene 100 g, o anche qualcosina di più, e scongelateli prima: qualche minuto nel microonde sarà sufficiente.
Non so nemmeno da che parte cominciare per dirti tutte le cose sbagliate…gamberi freschissimi, e se costano meno di 60 € al kg non vanno bene.
mezza mela: la Melinda è perfetta, ma una volta che avevo solo le mie amate Pink Lady ho usato una di queste, e evviamente il piatto è venuto ottimo. Consiglio solo di evitare mele farinose, devono essere croccanti.
E allora facciamo le cose a caso, sperimentiamo con quello che ci pare!
il succo di mezzo limone: confesso che io uso quello già spremuto che intanto si conserva un sacco.
Si conserva un sacco perché ci ha i conservanti. E poi come faccio a sapere quant’è il succo di mezzo limone? Ci sono limoni più e meno succosi!
mezzo avvocato: la gag del giorno è chiamare “avvocato” quelli che i non-spiritosi chiamano “avocado”. Che sia maturo al punto giusto, mi raccomando.
Intanto l’avvocato è una professione dignitosissima che non deve essere presa in giro, e poi se si chiama “avocado” perché devi chiamarlo con un altro nome? E poi, dell’altro mezzo che me ne faccio?
Sale, pepe, acqua
E l’attrezzatura:
Una pentola bassa e larga col suo coperchio
Un cucchiaio di legno
Un coltello
Un fornello
(facoltativo) Un forno a microonde
(No, non è che Ignazio non abbia nulla a che ridire su tutto questo, ma l’ho mandato a prendere l’aceto di banane in cantina. Anche se non mi servirà, almeno sto un pochino in pace…)
Eccomi! Ma a che ti serve l’aceto di banane?
Basta! E’ una ricetta che chiede davvero poco!
E allora non sarà mica tanto buona…
Cucinare
Intanto metto le mani avanti: il modo in cui vi farò preparare il riso non a tutti piace. Io sono nemico di coloro che, per fare l’insalata di riso (o di pasta) passano il riso (o la pasta) sotto l’acqua fredda dopo la scolatura per fermare la cottura. A me piace che si senta l’amido e non mi disturba il riso colloso, anzi, forse mi piace anche di più, mentre trovo che lavandolo dopo la cottura finisca per non sapere di niente. E’ per questo che vi faccio preparare il riso a mo’ di risotto semplificato, invece che con la tradizionale cottura e scolatura. Se siete contrari a questo approccio, probabilmente siete belgi o aglioti o Ignazi.
Secondo me è meglio lavarlo, ma che te lo dico a fare, intanto fai come ti pare…
Una parola prima di iniziare, ché vi conosco che voi iniziate a cucinare prima di aver letto tutto e poi vi ritrovate nei guai: se usate i gamberi surgelati e non avete un forno a microonde, metteteli a scongelare prima. Non ci vorrà molto, un’oretta o poco più, ma i gamberi vanno scongelati.
E se li prendete freschi, non c’è bisogno di scongelarli. Uff, si stanca avere sempre ragione.
Mettete nella pentola il riso con i piselli ancora surgelati e copritelo d’acqua, appena sopra la superficie del riso. Salate, ma, attenzione, meno di come salereste l’acqua per la cottura tradizionale. Qualche chicco di sale grosso e poco più. Accendete il fuoco basso basso, mescolate e coprite. Ogni tanto sollevate il coperchio, girate il riso e, se si è asciugato troppo, aggiungete acqua.
Con la normale cottura in tanta acqua non hai questi problemi. Butti il riso e non ci pensi più.
Mentre che il riso cuoce, se non avete ancora scongelato i gamberi, fatelo ora. Quando il riso è vicino alla cottura (a seconda della qualità, ci metterà dai 10 ai 15 minuti), aggiungete i gamberi e fateli cuocere insieme al riso e i piselli. E’ il momento più delicato: i gamberi devono cuocere giusto un paio di minuti, altrimenti poi si striminziscono. Quindi, metteteli al momento giusto.
Dieci o quindici minuti?!? Insomma, qui non c’è precisione, la cucina è un’arte di precisione!
A questo punto assaggiate il riso per vedere se è cotto ma non i gamberi, dai, ce ne saranno cinque o sei, se li mangiate ora poi non ve ne rimangono più abbastanza! Quando è cotto a vostro gusto, spengete il fuoco e fatelo raffreddare. Notare che quest’approccio alla cottura vi fa anche risparmiare di sporcare lo scolapasta e lo snervamento dei chicchi di riso che vanno dappertutto quando scoli.
Ma che discorso è?!? Si cucina in base al gusto, alla tradizione, alla joie de vivre, non in base a quante pentole si sporcano!
Il riso deve raffreddarsi, e ci metterà circa 20 minuti. In questo periodo, fate qualcos’altro. Magari guardate una puntata di una sit-com. A me piacciono un sacco le sit-com.
A me le sit-com fanno schifo perché ci hanno le risate registrate. Guardate piuttosto un telegiornale.
Quando appaiono i titoli di coda, attaccate con gli altri ingredienti. Sbucciate e tagliate a cubetti la mela, e aggiungetela al riso. Poi passate all”avvocato… anzi, prima di passare all’avvocato mi dilungherò un pochino su questo frutto. Ho scoperto che mi piace solo di recente, grazie a una ricetta di fajitas non canoniche passatami da Seriruccio (che probabilmente arriverà anche qui prima o poi) che prevedeva il guacamole, salsa a base di avvocato. In precedenza non mi piaceva perché l’avevo assaggiato da piccolo quando zio Attilio, che lavorava e risiede tuttora in Africa, portò a Sassello un campione di diversi frutti tropicali, che allora (metà anni ’80) erano introvabili. Mi piacquero il mango e la papaia, ma risultai disgustato dall’avvocato…perché lo mangiammo come frutto, e non come verdura (a cui è più assimilabile). E mangiato da solo a morsi, burroso com’è, in effetti non fa un po’ schifino. Ma per fortuna l’ho riscoperto di recente, e ora sono un pochino più ricco.
Ma…ma…e tutto questo cosa c’entra con la ricetta? Io ora ho perso il filo!
Eravamo rimasti alla preparazione dell’avvocato. Tagliatelo a metà per il lungo, scartate il nocciuolo che non è buono da mangiare, sbucciatelo e tagliatene a dadini metà. Aggiungete i cubetti alla sbobba e mettete subito il limone, subito subito!, altrimenti l’avvocato diventa nero, come lo zio di Willy il Principe di Bel Air. Per completare, pepate e mescolate il tutto.
Sì, ma non mi hai ancora detto che farne dell’altra metà dell’avocado.
Questa volta era tutto più facile del solito, vero?
Sì, ma io ho un mezzo avocado che mi avanza.
Mangiare, bere e impatto anale
Come un po’ tutte le insalate di riso, questo piatto non è pensato per essere mangiato in casa. Io mi sentirei scemo a mangiarlo in un piatto su una tavola correttamente apparecchiato : se proprio non mangiate in ufficio (magari perché avete la mensa, o andate al bar, o magari perché non lavorate in ufficio) e non avete voglia di aspettare il tiepido aprile per un picnic, come minimo sbattete il riso in un contenitore da asporto e mangiatelo davanti alla televisione. Per favore.
Anche se me lo chiedi per favore, il rispetto per se stessi e la buona creanza impongono di apparecchiare la tavola con tutti i crismi e di mangiare con la tv spenta.
Pultroppo, se mangiate in ufficio non potrete berci un granché insieme: e nonostante sia già un caleidoscopio di sapori, vi proibisco di berci sopra Cocacola. Quindi, acqua. Se invece avete la possibilità di sbevazzare qualcosa di serio, consiglio un bianco bello fresco, magari un Gewurztraminer.
Il vino è un dono d’Iddio, ma va bevuto con molta moderazione.
Tra tutti i piatti che ho presentato, probabilmente questo è quello con l’impatto anale più innocuo. E’ vero che c’è l’avvocato che è un frutto molto grasso, ma è pur sempre un frutto; riso, piselli, quattro gamberetti…il resto è tutto leggero leggero. Se lo mangiate in pausa pranzo, nel pomeriggio sarete belli produttivi.
Io non posso essere produttivo senza sapere cosa me ne faccio del mezzo avocado avanzato! Ehi, che fai con quel minipimer? Gulp! Gasp! Aiut!
(finale splatter)
Ogni tanto mi chiama qualcuno al cellulare sbagliando numero. Capita a tutti. Ma perché quelli che sbagliano con me sono sempre di Napoli? C’è una congiura sotto il Vesuvio per farmi sbavare dalla rabbia e sbattere il cappello per terra dalla frustrazione?
Non ho un’opinione precisa, informata e ragionata sulla protesta studentesca in atto contro la Riforma Gelmini: da un lato sono convinto che spesso i ragazzi protestino solo per protestare e far casino, dall’altro sono anche convinto che sia un bene che facciano così, al di là del fatto che sia una riforma corretta o meno. Insomma, se non rompono le palle i ragazzi, dove andremo a finire?
D’altra parte, la mia esperienza di protesta studentesca (in quanto studente, è necessario specificare. Sì, ci sono anche i non-studenti che protestatno cogli studenti) è stata assai limitata. Quasi niente al liceo: ai miei tempi (mi son diplomato nel 1993) non c’era la moda delle occupazioni periodiche pre-natalizie; quella sarebbe arrivata in seguito. C’erano invece occasionali scioperi contro guerre o simili (ricordo il mio saggio professore di italiano che ce la menava “Domani non c’è lezione perché andate a far cambiare idea a Bush“, aggiungendo però “è giusto che lo facciate” – per la cronaca, era Bush padre) o quando non c’era il riscaldamento: “Fa freddo! Sciopero!”, che poi io avevo sempre caldo e far lezione con 15° non mi pareva una tragedia, ma vuoi mettere un’occasione per saltare una possibile interrogazione?
All’università, durante il secondo anno, nacque invece un movimento di protesta. Io non partecipai, che diamine, ci avevo da studiare, ma ricordo che l’Aula di Legno, situata presso la facoltà di Biologia in Viale Benedetto XV a Genova, fu occupata. Non cambiò assolutamente nulla in quell’aula, che era già pensata per chi voleva studiare o socializzare più che per far lezione, però in più qualcuno ci dormiva di notte. E un giorno decisi di prendere parte a una manifestazione. Contro cosa si manifestava? Non avevo capito bene, ma era un’esperienza che mi interessava fare, e potevo permettermi di saltare un giorno di lezione. Ciò che ricordo di quel corteo è lo slogan “Su, su, su! Le tasse vanno su! Occupiamo e non paghiamo più!”, dal che deduco che probabilmente il casus belli degli scioperi era stato un aumento delle tasse universitarie. Tutti noi ricordiamo il Famoso Aumento delle Tasse del 1995, vero? Vero? Ah, no? Beh, probabilmente allora non era un aumento così radicale. A me suonava un po’ strano, perché non capivo in che modo l’aumento delle tasse potesse essere risolto non pagandole o impedendo di far lezione nell’Aula di Legno. Comunque sia, si scandiva ripetutamente quello slogan e ogni tanto si correva in avanti facendo finta di caricare la polizia che, con gran pazienza, ci guardava come se fossimo un po’ scemi. Il corteo condusse in un’aula vicino a via Balbi dove si tenne un’assemblea dal sapore sessantottino. Qui rimasi poco perché fumavano tutti, l’aria era davvero irrespirabile e iniziavo a sentirmi male. E poi ero inquieto per solidarietà con una ragazza che aveva preso la parola, era nervosissima, tremava addirittura e, sebbene dicesse cose un po’ sciocchine (“siamo noi gli avvocati del domani e quindi dobbiamo essere responsabili”) mi sembrava scorretto che tutti le ridessero dietro.
E quindi sono uscito, ho respirato aria pura e ho smesso con la protesta studentesca. Ero anziano già a 21 anni, e questo è tutto quello che ho da dire sulla protesta studentesca.
Ovvero, un post anale che più anale non si può.
Niente best dell’anno, da queste parti. Fredde cifre, e qualche piccola considerazione.
Cinema
(fonte: il mio foglio excel dei film visti)
Nel corso del 2010 ho visto 47 film, di cui 29 al cinema, 12 in DVD e 6 in DivX (ovviamente rippato da film di cui possiedo legalmente il dvd :) ). Nessuno in tv né in VHS. Tantomeno in Betamax o Superotto.
La media in cazzetti (da 1 a 5, 1 il minimo e 5 il massimo) è 3.9, quindi piuttosto alta. Curioso, non mi sembrava. Tutti i film sono stati visti a Genova, con l’eccezione di due film visti a St. Moritz.
Ho visto davvero pochi film, invero, quest’anno. Colpa di una programmazione cinematografica un po’ scadente e, soprattutto, dei telefilm che assorbono tutto il tempo libero di fronte alla tv! Cionostante, la performance è stata migliore del 2009 (con la sua misera quantità di 35 film visti), ma lontanissima dai fasti di anni come il 2001 (162 film) o il 2002 (addirittura 202 film!).
Libri
(fonte: il mio account su Anobii.com)
Durante l’anno ho letto 23 libri per un totale di 11214 pagine: solo un libro ogni 15 giorni, ma un libro di ben 487 pagine. In realtà la cosa si spiega col fatto che ho terminato la lettura di quel mostro che è la Recherche di Proust, che conta circa 3000 pagine, e che avevo iniziato nel 2009. Infatti c’è un abisso di differenza rispetto alle letture del 2009, che contava solo 16 libri per 4854 pagine.
Fumetti
(fonte: il mio db di fumetti)
Ho cercato di ridurre un po’ gli acquisti (e le letture) di fumetti per concentrarmi di più su altre attività, e nel 2010 ho acquistato “solo” 260 albi, per una spesa totale di 2357.41 euri: la spesa media per albo così alta (9.06 euro) nasce dalla riduzione dei manga acquistati e dalla collana settimanale Gli anni d’oro di Topolino che mi è costata 9.99 euri alla settimana per buona parte dell’anno. Gli americani hanno fatto la parte del leone quest’anno con 102 albi per una spesa di 1188.93 euro, laddove i manga sono stati solamente 84 per 441.23 euro. 36 gli italiani, 25 i franco-belgi (maledetti belgi!), 9 gli “altri” (ci son cose strane come norvegesi o tedeschi!) e, con la crisi dell’Eura, solamente 3 sudamericani.
Il fumetto più lungo sono le 380 pagine del bellissimo Il grande male di David B., il fumetto più costoso i 35.99 del pomposissimo cartonatone della cronologica di Bloom County.
Corsa
(fonte: il mio account su runningahead.com)
Nel 2010 ho corso 1807.2 km , per un totale 164 ore, 42 minuti e 8 secondi (ho cioè corso per quasi una settimana intera). Se fossi partito da Genova, sarei arrivato quasi a Siviglia a trovare Serirone, ma arrivato a 40 km dalla meta sarei tornato indietro perché in fondo non mi interessava così tanto andarlo a trovare.
La velocità media è stata pertanto 10.97 km/h, prestazione non eccellente. Infatti, rispetto al 2009 ho corso 130 km in più, ma in tutto l’anno, su una decina di percorsi abituali, ho stabilito solo due record di velocità: 37’05” sul Giro Sciacca, un percorso medio-breve ma ricco di salite ripidissime (un bel risultato, anche se scendere sotto il 37′ mi sarebbe piaciuto un sacco) e 45’52” sui 21 giri rip. che poi è una specie di interval training sulla media distanza. L’allenamento più lento è stato ancora su un Giro Sciacca, all’inizio di settembre, con un tempo di 44’16”, oltre 7′ oltre il record fatto pochi mesi prima.