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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
ìS, taiF itassofotuA è oilgem!

Quand’ero bambino la famiglia Ventimiglia possedeva due automobili. La macchina grossa, quella guidata quotidianamente da papà, era una Opel Kadett prima verde e poi blu (evidentemente papà si era trovato bene), la macchina piccola invece era di solito usata da mamma, ed era una splendida Panda color crema con tettuccio apribile, dal quale, in estate, a volte era concesso sporgersi durante i tragitti. Alla faccia della sicurezza, era un’esperienza divertentissima.
Sul vetro posteriore della Panda era attaccato un lungo adesivo, che attraversava il lunotto per intero e che recitava: “Sì, Fiat Autofossati è meglio!”. Si trattava di un’astuta idea del concessionario che si pubblicizzava attraverso le vetture vendute. Mi chiedo solo ora perché non avessimo rimosso quello stupido adesivo, ma in fondo è stato meglio così.
Infatti la decalcomania era trasparente e, vista da dentro, la scritta appariva al contrario (il cosiddetto “effetto aznalubma“) . Io e mia sorella, relegati nel sedile posteriore, avevamo deciso che “ìS, taiF itassofotuA è oilgem!” era una frase multilingue:

Non avevamo però deciso quale fosse il significato della babilonica espressione. Forse, leggendola ad alta voce a mezzanotte, compare il diavolo.

Nota a piè di articolo: gli specialisti di specchi e simmetrie avranno notato l’anomalia per la quale la frase veniva ribaltata parola per parola ma non nel suo complesso. Non so spiegare perché leggessimo “ìS, taiF itassofotuA è oilgem!” e non, come sarebbe più naturale, “oilgem è itassofotuA taiF, ìS”. Forse, semplicemente, suonava meglio.

De nuevo tu? – Parte II

Continua (e finisce, state tranquilli!) la panoramica dei libri sui quali mi sono soffermato nella mia gioventù.

Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain: per qualche misteriosa ragione, da giovane non mi è mai capitato sottomano il libro gemello di Tom Sawyer, Le avventure di Huckleberry Finn, universalmente ritenuto superiore. L’ho letto e apprezzato solo nel 2006 finendolo sul traghetto per Cefalonia, ma qua stiamo parlando di Tom Sawyer, quello meno bello, quindi smetto di divagare. Tom Sawyer ce l’avevo, in un cartonato marrone illustrato (poche illustrazioni, giusto una dozzina, ma sufficienti per rovinarsi il piacere di immaginare i personaggi a proprio piacimento), e mi era piaciuto un pacco, e l’ho riletto quelle 5-6 volte. In particolare, amavo la parte finale con l’avventura nelle caverne, che mi lasciava sempre col fiato sospeso…come se non sapessi come andava a finire!
Come particolare inutile, si sappia che la prima volta che l’ho preso in mano ho sperimentato una cabala particolare: si prende la prima e l’ultima parola del libro; se questi due vocaboli, letti di seguito, formano una sintassi coerente, allora il libro sarà bello. Mi ero imposto di farlo per tutti i libri. Non l’ho mai più fatto per altri, né ricordo se la cabala avesse dato risultato positivo o negativo. Miserabile fallimento.

Guarda e scopri gli animali della preistoria: io da piccolo non volevo fare l’astronauta, o l’esploratore, o il calciatore: volevo fare il paleontologo. Purtroppo, nella mia classe e tra i miei amici nessuno condivideva la mia passione per i dinosauri: la cosa è assai strana, perché ho scoperto dopo che sono un oggetto di culto molto comune tra i bambini, quindi l’anomalia non ero tanto io ma piuttosto l’insieme dei miei conoscenti. Avevo però la miseria di due libri sui dinosauri (più i frammenti ne Il grande libro del Sapere), dei quali il mio preferito era Guarda e scopri gli animali della preistoria. Beh, alla seconda rilettura non c’era molto più da scoprire, li conoscevo già, quindi avrebbe dovuto mutare titolo in Guarda gli animali della preistoria.
Ad ogni dinosauro quel libro dedicava due pagine: quella di sinistra aveva un’illustrazione a tutta pagina e il box Lo sapevate che…, quella a destra era dedicata ad informazioni più dettagliate sul lucertolone in questione. La citata sezione Lo sapevate che… era costituita da una serie di curiosità del tipo “…che l’anatosauro aveva oltre 5000 denti?”, tutte corredate rigorosamente dai puntini di sospensione all’inizio e il punto interrogativo alla fine. Io mi sentivo in dovere di rispondere mentalmente “sì” ad ognuna di esse, raramente “no” se ripassavo qualche rettile meno interessante, come l’ittiosauro che sembra troppo un pesce per essere figo come un dinosauro vero.

Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien: ok, ammetto che la mia frequentazione de Il Signore degli Anelli esce un po’ dal seminato de “i bambini vogliono sempre le stesse cose” e si riconduce invece a patologie più geek tipo i trekker o i Marvel zombie o i fan di Star Wars o, in tempi più recenti, appunto i fan di Tolkien. Ho letto il romanzo in questione per la prima volta in prima media, per la seconda volta nell’estate tra la seconda e la terza media, e poi, dalla prima liceo al secondo anno di università, una volta all’anno. Era quasi diventato un rito: in autunno, più o meno nello stesso periodo in cui Frodo parte per la sua avventura, attaccavo Una festa a lungo attesa e arrivavo tipicamente a I rifugi oscuri verso Natale. Poi mi son stufato.

La famosa invasione degli orsi in Sicilia, di Dino Buzzati: libercolo in rime e illustrato (credo da Buzzati stesso), per anni mi ha suggerito che Buzzati fosse principalmente uno scrittore per bambini. E poi l’altro suo libro che avevo visto in casa era Poema a fumetti! Dovrei rileggerlo, ma da quel che ricordo era una tipica satira della società umana mascherata sotto forma di animali. Un buon esempio di libri per adulti che piace anche ai bambini, o viceversa.

Tutta Mafalda di Quino: un giorno un’amica di mia mamma piombò a casa con un regalo per i bambini: Tutta Mafalda, la raccolta completa delle strisce su questo personaggio. Io ignoravo completamente di che si trattasse, tanto che, cercando il nome dell’autore sulla copertina, decisi che era un certo Bompiani. Il povero Quino se fosse morto si rivolterebbe nella tomba, quindi si limiterà a rivoltarsi nel letto. Mi son potuto così tuffare nell’Argentina degli anni ’60, un universo a me sconosciuto, così lontana sia nel tempo che nello spazio. Era un mondo colmo di riferimenti che non coglievo: i Beatles, Fidel Castro, Nixon, la guerra del Vietnam, la tartaruga chiamata Burocrazia (da piccolo dicevo “burocràzia”, non sapendo di cosa si trattasse) e, come scoprii più tardi, un’ovvia ragione per la mancanza di riferimenti espliciti alla politica interna argentina, se non la percezione generale di una società ricca di contraddizioni e con un disagio diffuso e difficile da esprimere. Mafalda ha lasciato un’impronta molto marcata sul mio modo di vedere le strisce: al di là della battuta, se non le vedo calate nella società e nel mondo contemporaneo mi paiono insipide. Persino i Peanuts.

Alba del domani, a cura di Isaac Asimov: sottotitolato La fantascienza prima degli anni d’oro, si tratta di un bel volumone cartonato in cui Isaac Asimov introduce una serie di racconti di fantascienza degli anni ’30, pubblicati su riviste pulp. Non sorprenderà nessuno sapere che la parte migliore del volume sono i cappelli di Asimov, in cui, tra autobiografia, divagazioni e vanagloria racconta l’intreccio tra l’evoluzione della letteratura di fantascienza in America e la sua gioventù. In inglese “fantascienza” è “science fiction”, narrativa scientifica (a pensarci, l’opposto del termine italiano!), ma i racconti, da questo punto di vista, erano ingenui e stupidini: no! anche se il modello comunemente proposto per gli atomi assomiglia ad un sistema solare, non è plausibile che rimpicciolendosi si scopra che è veramente un sistema planetario perdipiù popolato da omini strani! Il territorio della fantascienza è il verosimile, non l’impossibile! Ciononostante, o magari appunto per questo, erano racconti che avevano il giusto mix di esotismo, di avventura e di scorrevolezza per poter essere apprezzati da un giovane lettore. E infatti li apprezzai, li lessi, li rilessi e li rintintin. Se riuscite a tralasciare questo agghiacciante calembour, concluderò dicendo che non invece non ho mai letto un granché della fantascienza dei cosiddetti anni d’oro. Mi son limitato a quel che veniva prima: un po’ come se vedessi e rivedessi “Il colosso di Rodi” senza affrontare mai i western di Leone.

Misteri della vita LXXVII: Quattordic’anni

Non so se la regola è ancora valida, ma ai miei tempi (quand’ero alle medie, diciamo) era vietato l’uso dei videogiochi nei bar o nelle sale giochi ai minori di 14 anni non accompagnati. La fascia di età 10-13 anni era probabilmente quella più avida di “giochini elettronici”, e vietarla a loro è un po’ come vietare per legge ai bambini di andare sullo scivolo o ai vecchietti di guardare i lavori in corso. Siamo in Italia, ed era una regola raramente fatta rispettare, ma mi sono sempre chiesto quale fosse la motivazione che ha spinto il legislatore a una norma così assurda.

Ai tempi l’ipotesi che girava era “perché si fanno scommesse“. Mah! A parte che non ho mai conosciuto nessuno che facesse dell’azzardo del tipo “scommetto 10.000 lire che non riesci a passare il primo diavolo a Ghosts ‘n’ Goblins!”, chi vuole davvero scommettere lo fa su qualunque cosa (“5.000 lire che la prossima macchina è bianca!”), non ha bisogno di una scusa del genere.

La mia ipotesi è un po’ diversa: per un buco legislativo, i videogiochi sono stati equiparati ad altri tipi di intrattenimenti usualmente presenti nei bar, come il biliardo, i giochi di carte, le freccette, che sono tipicamente destinati agli adulti. Non che ci sia nulla di male se un dodicenne si fa una canasta al Bar Sport, ma un legislatore bacchettone (una specie che è sempre stata molto florida, e che ora non è certo in via di estinzione) la può vedere in modo diverso. Una volta catalogati in questo modo, il passaggio alle sale giochi, quando sono nate, è stato immediato.

O magari, più semplicemente, è una cosa nuova che piace alle nuove generazioni e non a quelle vecchie, quindi è malvagia e va limitata, se non proibita?

Lucca Animation Festival

Ricevo ed inoltro questo articolo scritto dal prode Kumagoro che millanta 10 buoni motivi per venire a Lucca Animation dal 22 al 26 aprile 2008. Tuttavia, poiché sono pur sempre tra i primi in classifica in Google per la ricerca “malvagio”, mi pare obbligatorio smontare ogni singola argomentazione, affidando al mio lato Cartman questo compito. Dopo aver fatto questo, da bravo schizofrenico, mi contraddirò e il mio lato Angioletto dirà perché l’argomentazione è valida. E poi, come nei peggiori film americani, i due saranno d’accordo su qualcosa…leggete!

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1. Perché è la prima edizione di un festival internazionale dell’animazione che per dimensioni, metodi e intenti si pone già come l’Evento Fondamentale in Italia.

cartman.jpgMa questo non significa che lo sarà davvero.

avatarxx.png Ma vale la pena scoprirlo.

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2. Perché si svolge all’interno delle mura della città vecchia, così come la Lucca Comics di novembre, ma in maniera più concentrata: due grandi cinema a un paio di minuti l’uno dall’altro, tensostruttura con mostra+bookshop+zona incontri nell’annessa Piazza Napoleone (la piazza grande di Lucca, quella dei padiglioni editori dei Comics), e altri spazi contigui per mostre, incontri e quant’altro.

cartman.jpg Il che vuol dire che saremo tutti uno appiccicati l’uno all’altro e i bar della zona finiranno le pizzette alle 10 di mattina.

avatarxx.pngIntanto c’è da mangiare la zuppa di farro che spacca. E quella non finisce.

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3. Perché il concorso di quest’anno, chiamato Premio dei Premi, raccoglierà tutti i corti e i lunghi più premiati del decennio, ed è quindi l’ideale per chi se li fosse persi o non avesse frequentato molti festival in questi ultimi anni.

cartman.jpg Chi invece, come il sottoscritto, li avesse frequentati si rivedrà sempre gli stessi corti.

avatarxx.png E dai che Harvey Krumpet, Atama Yama e Jasper Morello non ti stanchi mai di rivederli!

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4. Perché la grande retrospettiva sulla musica (6 programmi) offre l’occasione di vedere in azione leggende come McLaren e Fishinger, ma anche altre cose che si inoltrano nel campo più ovvio del narrativo-descrittivo, da Bugs Bunny a Björk, partendo dal fondamentale Mazzuolo di Pietro Gabriele.

cartman.jpg Cioè come han fatto ad Annecy nel 2006. I soliti italiani che copiano i francesi!

avatarxx.png Se il Lucca Animation Festival riesce ad essere paragonabile ad Annecy, si stappa la sciampagna!

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5. Perché l’Estonia (altri 6 programmi di megaretrospettiva) è veramente uno dei posti più interessanti del mondo. E Mati Kütt e Priit Pärn (fra gli altri) sono dei geni assoluti.

cartman.jpgDove sei stato quest’estate in vacanza?” “In Estonia!” “Ah, beato te! Io ero al mare alle Maldive…”

avatarxx.png Perché, alle Maldive fanno animazione? L’Estonia è un paese giovane, dinamico, ricco di idee. E l’animazione ivi prodotta è originale e coloratissima. Più di quella maldiviana, almeno.

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6. Perché Aleksandra Korejwo, che ha realizzato la sigla e beneficia di una rassegna personale nonché di un workshop dimostrativo, anima in stop motion del sale colorato usando una penna di condor, con questi risultati.

cartman.jpg Su questo non si può ribattere. Una penna di condor è una penna di condor, i risultati si vedono.

avatarxx.png L’hai detto, fratello.

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7. Perché Gianluigi Toccafondo, che ha realizzato i manifesti e beneficia a sua volta di rassegna e di una spettacolare mostra, è senza dubbio il migliore animatore italiano degli ultimi trent’anni.

cartman.jpg Bella forza, è l’unico.

avatarxx.png Su, su, non è vero. C’è fermento in Italia, sta nascendo qualcosa e Toccafondo è, in ogni caso, un autore considerato valido a livello internazionale.

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8. Perché i film britannici contemporanei, raccolti nella sezione Animation Now di quest’anno, sono la dimostrazione che la Gran Bretagna ultimamente spacca.

cartman.jpg E per gli spettatori, dopo le proiezioni, assaggio obbligatorio della fine cuisine d’oltremanica: pudding e porridge per tutti!

avatarxx.png E haggis! (Ok, nemmeno io posso difendere il cibo inglese…)

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9. Perché chi non celebra il centenario della nascita di Tex Avery, festeggiato con il meglio del suo meglio, è un puzzone.

cartman.jpg Ma lo può festeggiare benissimo a casa sua, seduto comodo di fronte alla tv.

avatarxx.png Certo, e perché andare al cinema quando puoi scaricare i film in DivX? L’esperienza del grande schermo e la visione collettiva aggiungono sempre tantissimo alle visioni. E per un genio come Tex Avery…

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10. Perché tutto ciò è offerto (fra gli altri) da tre dei commentatori più assidui di questo ameno blog. E non è un pesce d’aprile.

cartman.jpg Non vedo perché dovrebbe esserlo, oggi è il 4 aprile!

avatarxx.png Sciocchino!

cartman.jpg & avatarxx.png E inoltre, ci dovete essere perché ci sarà gran parte dei commentatori assidui di questo blog. Volete scoprire che voce ha Kotekino? Volete sapere se Golosino è davvero bello come dicono? Vi piacerebbe verificare se Chicca è una bionda vera? E avere la gioia di scuotermi la mano? Beh, almeno tre su quattro li potrete avere al Lucca Animation Festival, che si terrà a Lucca dal 22 al 26 aprile 2008.

Enciclopedia Stronza XXIX: Vecchinofono, Eucapone, Guramayon

Vecchinofono: strumento musicale brevettato nel 1923 da Gorlan Yeppez, inventore croato. Per suonare il vecchinofono è necessario un suonatore (detto “vecchiettista”) e un certo numero di signore anziane. Il vecchiettista inizia a percuotere i suddetti soggetti con una mazza di legno d’acero (detta in gergo “la Punitrice”) in modo che i versi emessi siano confacenti alla volontà dell’esecutore e, ovviamente, allo spartito musicale. Nel 1926 il fratello di Gorlan Yeppez, Pirtan Yeppez, brevettò una variante in cui al posto di comuni vecchette vengono utilizzate suore, chiamandolo “suorofono”. Il successo di questa nuova versione fu così travolgente che al giorno d’oggi nessuno ricorda più il vecchinofono, oscurato dalla fama della sua imitazione, e la genialità di Gorlan è stata dimenticata.

Eucapone: semidio semidimenticato della mitologia greca, Eucapone è figlio naturale di Zeus e di una ragioniera di Biella. La leggenda narra che Zeus, sceso dall’Olimpo tra i mortali sotto forma di corriere dell’UPS, si invaghì della bella Samantha del reparto buoni mensa e che, dopo averla sedotta, scappò in sella ad un Ciao volante. Il frutto di questa relazione peccaminosa fu Eucapone. Non vengono narrate leggende su questo semidio perché Eucapone nella sua vita non fece assolutamente nulla di interessante. Gli dei dell’Olimpo non perdono un’occasione di canzonare Zeus per il suo figlio poco riuscito, intonando canzonacce e tirandogli vecchie e coppini. Al contrario di quanto si creda, il re degli dei non è particolarmente rispettato dai suoi colleghi.

Guramayon: mostro della tradizione giapponese utilizzato per spaventare i bambini capricciosi: “Se non mangi tutto il tuo katsudon, chiamo il Guramayon”. Il dottor Katsushiro Mosho è riuscito a raccogliere tutte le leggende sull’essere e ne ha stilato il seguente ritratto: il Guramayon è un mostro-robot gigante ad energia solare a forma di scimpanzè che spara missili dalla bocca e fa puzzette dall’odore di parmigiano stagionato. Non si sa altro in proposito perché in effetti il Guramayon è un’invenzione della mamma del dottor Mosho.

De nuevo tu? – Parte I

Ogni tanto sento dire da qualche parente o conoscente sconsolato provvisto di pargoli qualcosa del genere: “E’ incredibile! Guarda continuamente <Bongo>“, dove <Bongo> è una variabile che indica un film la cui qualità non è importante. Ricordo come esempi reali I figli del capitano Grant per le figlie di Gianni o Spider-Man per il mio cuginetto Elia (mio zio trionfante gli portò Spider-Man 2 ma a Elia non poteva fregarne di meno, lui voleva Spider-Man!) o ancora La Compagnia dell’Anello per un amico del mio amico Alessandro. Similmente si sente dire “E’ incredibile! Vuole sempre che gli racconti la stessa storia!” o, per bimbi più acculturati, “E’ incredibile! Legge continuamente lo stesso libro!”.
Ma no, non è incredibile. Non so se la cosa è pedagogicamente nota, ma io ho notato come i bambini amino ritrovare nelle storie quello che già conoscono . Il fatto che molte opere a loro dedicate siano ripetitive o seguano certi schemi predefiniti ne è una conseguenza, ma spesso il bambino vuole ritrovare addirittura le stesse parole.

Io non faccio eccezione. A casa mia non c’è mai stata grande abitudine di raccontare favole, ma quando succedeva, crollasse il mondo se era qualcosa di diverso da Cappuccetto Rosso o Biancaneve. Inoltre quand’ero piccolo i videoregistratori esistevano solo nelle case dei più facoltosi early-adopter, quindi non avevo possibilità di rivedere sempre gli stessi film. Ma per le letture…beh, non credo che sia passato qualcosa tra le mie mani senza che io l’abbia letto almeno due volte. Ogni singolo numero di Topolino veniva riletto più volte, ma persino fetecchie come Trottolino o Tarzanetto venivano ripassate. E poi c’erano alcuni volumi che avevo periodicamente tra le mani.
Ad esempio:

Io Paperone e Io Topolino: bella forza, direte voi, sono una collezione di storie mozzafiato di Carl Barks e Floyd Gottfredson! Li ho ripresi in mano non molto tempo fa, e mi son sorpreso a rendermi conto di come le storie mi tornavano in mente con le esatte frasi, rimaste sepolte solo sotto un velo di polvere. Credo che questi volumi siano molto diffusi nella mia generazione, tanto che credo che quasi tutti sappiano che un rubino striato vale molto di più di un rubino a pois, che Lampo Nero è danaro sicuro, che un cavallo da corsa se non vince finisce alla fabbrica di colla, e che una manciata di terra può valere di più di una luna tutta d’oro. I due volumi in questioni sono stati talmente consumati che sono stati ricopertinati da un rilegatore, e comunque qualche sedicesimo volante c’è tuttora.

Il grande libro del Sapere: ai miei tempi c’era una collezione maligna di libri dal dorso giallo della collana “I grandi libri del…”, che più o meno entravano in tutte le case. Erano probabilmente considerati un regalo “semplice” per regalatori svogliati. Io ne possedevo tre: della Natura, della Mitologia (che poi era un pallosissimo dizionario mitologico) e del Sapere. Quest’ultimo era il mio preferito, anche se non ricordo quale fosse il tema primario del volume; ricordo tuttavia che le sezioni di scienza erano le mie favorite, e in qualche modo sapevo dove aprire quel volume da 500 pagine nel punto giusto per ripassarle. Alas, non ricordo quasi nulla dei testi come erano scritti lì, ma suppongo che abbiano fornito una base per case che poi ho reimparato e approfondito in seguito.

I ragazzi della valle misteriosa v.1: ah! Mettetevi comodi! Pur sforzandomi, non riesco a capire perché io abbia letto così tante volte I ragazzi della valle misteriosa v.1. Tale volume, un cartonato bianco illustrato, narrava delle peripezie di Eva e Pietro, due orfanelli che, per sfuggire a qualche mal specificata persecuzione andavano con gli zii a fare gli eremiti nella misteriosa Valle Misteriosa. Gli zii morivano durante il viaggio, e i due si ritrovavano a vivere come nella preistoria, abitando in una caverna, accendendo il fuoco con le pietre e difendendosi dalle fiere. Il volume 1 finiva con il capitolo “Pietro beve il sangue dell’orso”, ovviamente per acquisirne la forza dopo averlo ucciso. Non ho mai saputo come andasse avanti e tantomeno come finisse la storia, cosa che rende ancora più incredibile il fatto che lo rileggessi spesso, ma mi aspetto che a un certo punto i persecutori arrivassero nella Valle e/o che sbocciasse l’amore tra i due (stile Laguna Blu). Qualche tempo fa ho cercato in rete qualche informazione per vedere se esisteva in commercio il seguito o perlomeno trovare un riassunto, e ho trovato qualcuno che citava lo “sceneggiato tv più beghino mai prodotto”. Ho quindi capito che il libro era una riduzione di una qualche produzione televisiva anni ’70 e, che, anche se non ricordavo alcun elemento esplicitamente religioso nel primo volume, in effetti i nomi di Eva e Pietro probabilmente non erano scelti a caso. Comunque sia, non so tuttora come finisca. Pazienza.

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