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Annecy 2007 parte terza: Di bello e di brutto

Infine, caro il mio stremato pubblico, una piccola selezione delle cose che ho visto e che mi hanno colpito, nel bene e nel male (più nel bene, giusto per non essere troppo masochisti). Partiamo dai lungometraggi.

Khan Kluay di Kompin Kemgunird (Thailandia) : appunto, iniziamo con una cosa brutta (…vedi sopra) ma particolare. Khan khan.jpgKluay è la storia di un tenero elefantino, circondato da simpatici amici, che vuole diventare un Elefante da Guerra e massacrare più gente possibile. La sensibilità thailandese al tema è evidentemente diversa dalla nostra, tanto più che non si capisce chi siano i nemici, ma il cortocircuito con l’estetica disneyana è affascinante. Per il resto, il film fa cagare, da ogni punto di vista.

Aachi & Ssipak di Bum-Jin Joe (Corea del sud): film coreano ultracolorato, ultraviolento e ultraschizzato. Ai miei compagni di visione è piaciuto, io me ne sono andato dopo 20′; non so bene perché, ma ha toccato qualche corda che mi ha particolarmente disgustato.

Film Noir di D. Jud Jones e Risto Topaloski (Stati Uniti): questo film mi ha lasciato profonde ombre di dubbio. Come si puòfilmnoir.jpg presagire dal titolo è un film noir, un hard boiled, ambientato in una Los Angeles notturna, come da migliore tradizione. Quello che non si capisce è se la pioggia di stereotipi da noir sia voluta o meno: nemici con le pistole che mancano sempre, l’eroe che se le tromba un po’ tutte, amnesie, chirugia plastica, il detective privato con la segretaria innamorata e poi l’apoteosi, accolta con un’ovazione, dell’immancabile film snuff. Tecnicamente il film è peggio che scadente, ma la visione non mi ha annoiato. Tuttavia, non ho ancora capito se mi sia piaciuto o meno. In fondo, credo di no.

One night in one city di Jan Balej (Repubblica Ceca): un film est-europeo a pupazzi. Scene di disperazione di fronte agli incomprensibili, pallosissimi tre episodi. Quasi fantozziano.

Cortometraggi in concorso.

jeu.jpgJeu di Georges Schwizgebel (Svizzera): Schwizgebel è un buon sperimentatore di cortometraggi. Tipicamente le sue opere sono costruite con qualche sorta di carrello tridimensionale che esplora un mondo deformando le prospettive. Non lontanissimo dai principi del cubismo, in fondo. Di solito i suoi corti hanno un canovaccio narrativo, ma in questo caso si è lasciato andare ad una serie di immagini. Immaginifico, bello, fa venire il mal di mare.

isabelle.jpgIsabelle au bois dormant di Claude Cloutier (Canada): la parodia delle fiabe, da Shrek in poi, è diventata un tema piuttosto di moda, tanto che ormai è più facile vedere uno spoof di una favola che una favola stessa. Ebbene, Isabelle è una parodia di una fiaba, ma va citato perché è particolarmente divertente.

James Monde di Soandsau (Francia): il corto più deriso del festival. James Monde ti insegna a non gettare le pile usate per terra, altrimenti poi le margherite ti mangiano (così non rende: il messaggio era serio!) Metà del pubblico si è premurata di disseminare Annecy di pile usate.

Madame Tutli-Putli di Chris Lavis e Maciek Szczerbowski (Canada): tradizionalmente ci si prepara alle visioni dei tutliputli1.jpgcortometraggi per non essere presi alla sprovvista da opere potenzialmente pericolose, nel senso di “moleste alla visione”. In generale quest’ultime sono quelle di lunghezza superiore ai 10 minuti e provenienti da paesi a rischio (Cina, Polonia, Italia…) o muti, perché potenzialmente più noiosi. Inoltre la tecnica a pupazzi è, da esperienza, più a rischio di sfracellamento di marroni. Madame Tutli-Putli ricade quindi nella categoria “pericolosa”: lungo (17′), muto e a pupazzi. Ciononostante, è un gran bel corto. Una donna con un carico enorme di bagagli prende un enorme e velocissimo treno, nel quale, nonostante le sue precauzioni, i ladri le ruberanno le valigie. Appare chiaro presto che si tratta di una metafora della morte, narrata con gusto e con un’atmosfera inquietante per i silenzi contrapposti al rumore del treno.

gameover.jpgGame Over di PES (Stati Uniti): PES è noto per le sue animazioni degli oggetti più impensati (la sua opera più famosa è Roof sex). Questo corto manda in sollucchero i trentenni, ricostruendo videogiochi dei primordi (Pac-Man, Asteroids, Space Invaders…) con cibo e altri oggetti quotidiani: spassoso e accolto da un’ovazione.

Do It Yourself di Eric Ledune (Belgio): il premio UNICEF parla di bambini, ma se ci fosse un premio dedicato all’impegno civile in un senso più ampio, credo proprio che Do It Yourself sarebbe stato un ottimo candidato. Il narratore di questo corto legge brani da un manuale della CIA ad uso dei dittatori sudamericani che spiega metodologie di tortura, fisica e psicologica; quello che rende efficace il messaggio è che alla narrazione sono accompagnate immagini che, in un contesto differente, si sposerebbero correttamente a quanto si racconta. Ad esempio, nel brano che suggerisce di andare a prendere i prigionieri all’alba si accompagnano immagini di pesca. L’ho visto due volte, e la prima me lo sono dormito. Tutti possono sbagliare.

bernd.jpgBernd und sein Leben di Stephan Flint Muller e Ingo Schiller (Germania): il ritorno di Stephan Flint Muller, il pazzo amatissimo autore di Bow Tie Duty for Squareheads. Questo corto è più equilibrato, più animato, verrebbe da dire quasi più professionale e maturo, ma la vena di follia non è venuta meno. Non è un capolavoro, ma è comunque da vedere e da goderselo.

Qualcosa dal povero programma di Panorama:bees.jpg

The girl who swallowed bees di Paul McDermott (Australia) : pur essendo non proprio un buon lavoro. questo corto si fa notare con un’estetica che ricorda quella del primo Tim Burton, delle filastrocche per bambini con rime un po’ ingenue, storie un po’ dark che parlano di freak.

Laika 1957 di Khai-dong Luong e Bruno Bonhoure (Francia): grazie a Laika 1957, ora sappiamo che la cagnetta Laika è stata scelta per la sua missione perché è lei stessa che ha sempre voluto andare nello spazio (e poi morire lì di una morte orribile).

forecast.jpgForecast di Adriaan Lokman (Paesi Bassi): signore e signori, ecco il vincitore morale del premio “Corto molesto” per Annecy 2007. Va detto che quest’anno la selezione non è stata un granché foriera di cortometraggi noiosi, presuntuosi e odiosi, ma Forecast ha dato non poche soddisfazioni. L’autore, tra l’altro, è persino il vincitore di Annecy 2002 con Barcode, ma in questo caso ha ben pensato di proporre 9 minuti e mezzo di nuvole in brutta CG condite con musica fastidiosa. Quasi commovente nella sua fastidiosità.

Un paio di segnalazioni dalla televisione.

ruby.jpg Ruby Gloom “Unsung Hero” di Robin Budd (Canada): dell’unico programma TV che ho visto mi è piaciuto non poco l’episodio mostrato di questa serie, una sorta di famiglia Addams con protagonisti mostrini ragazzini in formato kawaii con non pochi riferimenti alla cultura “emo”. La puntata proiettata parlava di una partecipazione ad un festival rock in stile Lollappalooza da parte dei mostrini ragazzini in questione: carino, ma mi chiedo cosa un pubblico di pre-adolescenti (a naso il target di Ruby Gloom) possa conoscere del fenomeno dei festival rock degli anni ’90.

Allez raconte di Jean-Cristophe Roger (Francia): tratto dal fumetto del mio idolo Lewis Trondheim, è una serie tv di brevi episodi, ognuno dei quali racconta una favola come narrata da papà Trondheim ai suoi figlioletti. Lo spirito del fumetto è mantenuto e la parte grafica ispirata all’estrema sintesi di Parrondo è buona; le fiabe sono quindi assai poco tradizionali e tendenti al grottesco, ma ovviamente la qualità delle trovate del fumetto è superiore. Ciononostante, qualche sgignazzata per “Il paese delle caccole di naso” me la son fatta.

Per concludere, qualche parola sui film di scuola.

teleferic.jpgTelerific Voodoo di Paul Jadoul (Belgio): l’idea è buona: una civiltà cresce all’ombra di un conto alla rovescia di cui gli uomini sono consapevoli. Arrivati allo scadere dello “zero”, in un clima di suicidi di massa e isteria collettiva, non succede nulla e la vita continua. Qualche dubbio sulla realizzazione, ma Teleferic Voodoo ha colpito abbastanza. Musica techno spinta, realizzazione in 2d e 3d.

The cleaner di Dustin Rees (Svizzera): curiosa e tenera questa realizzazione elvetica, che racconta una serie di amori che nascono e muoiono mentre uno spazzino continua a fare il suo lavoro inconsapevole di quello che gli succede intorno.

Bob, Weiss, Eletvonal, Programme du jour: c’è un tema che è molto caro ai giovani animatori, tanto che ogni anno ci sono più corti che lo trattano: i pericoli dell’uniformità di pensiero e il tentativo di sfuggirne da parte di pochi individui illuminati. E’ probabile che chi decide di seguire una scuola di animazione in qualche abbia tendenze “alternative”, più o meno sincere, e quindi il tema viene abbastanza da sé. Bob è un buon lavoro, Eletnoval e Programme du jour sono meno interessanti e Weiss fa cagare.

All’anno prossimo, con un’edizione dedicata all’India. Gulp.

4 Comments »

  1.  MonsterID Icon

    Inevitabili commenti saccenti da parte mia. In ordine di comparizione.

    Khan Kluay: era un buon film, altro che cagata. Per bambini, naturalmente, con i messaggi che ogni bambino thailandese deve imparare fin dalla più tenera età: “Impegnati con giudizio, non tradire gli amici e spilla copioso il sangue del nemico sul campo di battaglia”. Mi ha lasciato perplesso solo il design, con gli elefantini pacioccosi e colorati. Ma forse serviva a fare da contrasto con il sangue sul campo di battaglia. Se avessi seguito bene la storia, avresti capito che il nemico era il principe di un regno confinante, e il tutto era tratto da una pagina di storia thailandese.

    Aachi & Ssipak: era il miglior lungo di tutto il festival, insieme ad Azur & Asmar. Forse perché entrambi hanno i nomi dei due protagonisti nel titolo.

    Film Noir: sì, gli autori celiavano, l’hanno detto in conferenza stampa. Sono due serbi sfuggiti a Milosevic. Il loro prossimo film si chiamerà “Western” e sarà un’altra summa dei cliché del genere.

    Jeu: Schwizgebel non usa la macchina da presa virtuale, i suoi sono film analogici, dipinti su cel. E’ soltanto un maestro dei movimenti prospettici. Se lo cercate su YouTube trovate un po’ di cose interessanti. Molto consigliato.

    Madame Tutli-Putli: l’aspetto fondamentale era il design dei pupazzi, in cui erano innestati occhi in ripresa dal vero che li rendevano vivi e inquietanti. Gli autori si sono rifiutati di rivelare il segreto della loro tecnica. Probabilmente comprende omicidi e pratiche occulte compiute sugli sventurati che si trovano a passare fuori dalla loro magione, di notte.

    Game Over: il sito di PES l’avevo citato già nell’altro post, ma lo ripeto volentieri perché il ragazzo va sostenuto: http://www.eatpes.com.

    Dei non citati, segnalerei almeno il ritorno di Koji Yamamura (uno degli autori più premiati del decennio), con la sua giustamente allucinata riduzione di A Country Doctor di Kafka, che meritava più di quanto ha raccolto (niente). Ma quest’anno si è avuta una discreta prova per vari nomi già illustri che avevano film in concorso o panorama: Bill Plympton con il suo primo corto non basato sulle gag, Konstantin Bronzit e Juan Pablo Zaramella, entrambi in versione “estrema sintesi di linee e concetti”, e Michaela Pavlatova, con un Carnevale degli Animali di Saint-Saens usato come pretesto per gustose metafore erotiche. Alexander Petrov, invece, continua gli stucchevoli dipinti su vetro resi famosi dal troppo premiato “Il vecchio e il mare”, e stavolta ci infligge una storia russa di amori e bildungsroman ottocenteschi.

    Comment di Kumagoro • 20 Luglio 2007 02:47

  2.  MonsterID Icon

    … solo per ringraziare xx per l’ico nuova :)
    appena mi resusicita la postazione a casa leggo tutto!
    saluti ecumenici,

    Comment di parigina sberluccicosa • 24 Luglio 2007 10:25

  3.  MonsterID Icon

    Prego. Torna qua, che discutere con Kuma non è divertente (cioè, in generale lo è, ma ci siamo già detti tutto dopo le visioni e ripetere gli scambi in pubblico è pleonastico).

    Comment di xx • 24 Luglio 2007 14:52

  4.  MonsterID Icon

    Ma tu SEI pleonastico!

    (no, un attimo… quella forse sono io… ah, no! Io sono ripetitiva, non pleonastica. Thanks God! E ora sono anche creazionista, vedi là!)

    Comment di Iridella • 24 Luglio 2007 15:28

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