Quando faccio la doccia, mi insapono sempre per primo il petto e poi le braccia. Il resto del corpo non segue uno schema preciso: ogni doccia è quindi diversa, e ogni lavaggio mi provoca il brivido dell’eccitazione di scoprire nuovi schemi per rendermi lindo.
Mi metto sempre per prima la scarpa sinistra. Quando mi capita di mettermi per prima la destra (ad esempio, se è l’unica che ho a portata di mano) mi sembra di fare qualcosa di sbagliato. Al contrario, mi tolgo sempre prima la scarpa destra e poi la sinistra: ne consegue che la mia scarpa sinistra è tenuta indossata più della destra e dovrebbe consumarsi di più. E invece no. Strano il mondo. Tutto ciò mi ricorda Linus in una celebre striscia dei Peanuts: “Mi son messo sempre per prima la scarpa sinistra. Oggi ho messo per prima la destra e sai una cosa? La mia vita non è cambiata!” per dire che la vita è composta di tanti piccoli fattori insignificanti che però la rendono lo stesso interessante.
Similmente, salgo sempre sulla motoretta dal lato sinistro. L’altro giorno ho sentito un signore dire a suo figlio che si fa così (quindi lo fanno tutti, non solo io) perché una volta i gentiluomini avevano la spada e la tenevano sulla sinistra e quindi veniva più comodo salire a cavallo da quel lato: una storia simile a quella che spiega il motivo per cui in strada si tende a camminare sulla destra. Può darsi, ma io non ce lo vedo un gentiluomo con la spada salire in motoretta.
Quando dormo da solo (molto spesso, ahimé), mi auguro la buonanotte ad alta voce: “Buona notte!”. Però non mi rispondo.
Non riesco a fare a meno di studiare strategie complesse per mangiare. Ad esempio, osservo il cibo che ho nel piatto e faccio in modo che l’ultimo boccone sia una parte che mi piace di più. Se mangio la pasta alla carbonara ci sarà sempre un pezzo di pancetta bello rosa nell’ultima forchettata; se mangio le patate fritte, si concluderà con una più bruciacchiata. Tuttavia la parte meno buona non può essere mangiata da sola per prima, perché altrimenti ridurrei il godimento complessivo. Del tipo, se ho un piatto di carote e piselli (le carote mi fanno cagare, i piselli mi piacciono), farò in modo di mangiare prevalentemente carote nella prima fase, ma non solo carote. Altrimenti potrei svenire dallo schifo.
Leggo i quotidiani dall’ultima pagina alla prima. Credo sia un residuo di quando ero piccolo e le uniche pagine che leggevo erano quelle dello sport e, secondariamente, quello dello spettacolo (anzi, quelle di “spettacolo, cultura e varietà” come recitava sabaudamente la Stampa vent’anni fa). Tali pagine stavano verso il fondo e così erano più facili da raggiungere.
Vado a farmi tagliare i capelli dallo stesso barbiere da quando avevo 12 anni, non perché mi stia simpatico, perché lavori bene o sia economico, ma perché sono troppo pigro per spiegare ad un nuovo barbiere come voglio i capelli. Al mio fido parrucchiere invece posso dire “il solito” e confidare del fatto che non si metta a chiacchierare e finisca il suo lavoro il prima possibile. La bottega del barbiere stimola la mia misantropia.
Dice questo: "Ho fame."
Dice questo: "Non c’è pane."
Dice questo: "Come faremo?"
Dice questo: "Ruberemo."
Dice questo: "Icca icca, chi ruba si impicca!"
Si tratta di una sorta di filastrocca per bambini da fare sulle punta delle dita, partendo dal pollice, che mi pare mi fosse stata insegnata dalle suore all’asilo.
Inizia con un ciccione (Pollice, appunto) che ha fame. Sei già grasso, ora basta, stringi la cinghia! E invece no: innesca una drammatica discussione che testimonia la rapida discesa all’inferno di chi è socialmente svantaggiato. Conclude l’intervento di Mignolino che rompe i marroni, con una sentenza memorabile che ricorda che, anche se indigenti, non bisogna mai dimenticare la propria statura morale. Dovrebbero scriverlo nei tribunali: al posto di "La legge è uguale per tutti", dietro i giudici dovrebbe campeggiare "Icca icca, chi ruba si impicca".
Quello che la filastrocca non dice è che Anulare e Medio hanno picchiato Mignolino a morte mentre Indice faceva il palo, e poi Pollice se l’è mangiato.
Che Natale difficile! No, non si tratta degli usuali problemi delle feste: andare a cercare i regali, il traffico, il pranzone in famiglia, Una poltrona per due in televisione, l’ipocrisia dilagante. Queste cose le accetto e in fondo mi divertono anche abbastanza, pur se con un certo distacco.
Ciò di cui sto parlando è la decisione riguardo al fare o meno un post di Natale da queste parti. Gli anni scorsi ho ignorato bellamente la festa poiché mi son dato la regola di staccarmi il più possibile dall’attualità (il mio è un blog che si picca di essere Universale), ma poche cose son più divertenti di rompere le regole, soprattutto se autoimposte. Insomma, io sto divagando: non è da me fare dei banali auguri di Natale, ma nemmeno disprezzare la festa come i più snob fanno (sono circa al livello 2, secondo l’analisi sui bastian contrari ). Quindi, facciamo che vi faccio gli auguri il giorno dopo. Auguri di Buon Natale!
Avete ora la possibilità di interpretarli come:
a) auguri laici: un augurio di buone feste fatto dopo la festività religiosa lo priva del suo significato spirituale ma non della sua sincerità
b) auguri spiritosi: perché sono il primo a farveli per il Natale 2007
c) auguri ironici: faccio finta di farvi gli auguri ma in realtà non li sto facendo
d) auguri sarcastici: perché Natale è passato e non ha senso fare degli auguri per qualcosa che è già successo
e) auguri distratti: questo fesso se ne è dimenticato e ora cerca di farci fessi con questa pappardella
f) auguri pigri: (variante del precedente) questo fesso è a corto di idee per i suoi articoli del piffero e ora cerca di farci fessi con questa pappardella
g) meta-auguri: parlando del significato degli auguri, faccio riflettere sul significato degli stessi
h) auguri amarcord: da piccolo facevo la battuta che Santo Stefano era il mio giorno preferito perché "mancano solo 364 giorni a Natale", battuta a cui nessuno rideva. A ragione, ovviamente.
Direi che avete l’imbarazzo della scelta. Se non vi basta, tenetevi pure gli sms in serie che i vostri conoscenti hanno inviato a tutta la loro rubrica. Però il giorno giusto.
Le pizzerie sono posti divertenti. Non solo perché di solito fanno da cornice a serate con amici passate a ridere e scherzare e mangiare il piatto più buono del mondo (la pizza, appunto), ma anche perché è solo in pizzeria che è possibile applicare i seguenti gai stratagemmi.
Quando siete in pizzeria:
- controllate come viene scritto “würstel” nel menù. Le grafie più gettonate sono “wustel” o “wrustel”, ma è anche facile trovare “wustrel”, “wrurstrer”, “wurlstrer” e qualsiasi combinazione di “l” e “r” la fantasia del gestore possa aver escogitato. Questo fornirà matte risate per qualche secondo.
- scandagliate a fondo il menù. Oltre le solite otto-dieci pizze che hanno tutti, di solito ne vengono proposte una ventina che non prende mai nessuno. Questo capita perché gli ingredienti che stanno in effetti bene sulla pizza sono limitati, e limitate sono le combinazioni efficaci di essi. Buone le acciughe, buono il prosciutto, meno buono prosciutto e acciughe. Eppure c’è sempre una sequenza di pizze strafarcite di tutti gli ingredienti più assurdi, con nomi fantasiosi spesso derivati dalla pizzeria, dal pizzaiolo o dalla sua fidanzata. Il divertimento, in questo caso, sta nel leggere con passione le invenzioni dello chef di turno, per poi deriderlo e prendere una margherita. “Ehi, guarda, c’è la pizza cinese, con pollo, peperoni e ananas! Dai, prendiamola!” “Tu sei scemo. Per me una quattro formaggi rossa.”
- dopo aver tenuto aperto il menù per mezzora, fino a quando l’amico più prepotente ed affamato non ve lo abbia sottratto di mano, e aver declamato ad alta voce la vostra scelta (“Io prenderò una prosciutto e funghi” “E chi se ne frega!”), cambiate idea all’ultimo momento. Le espressioni basite dei vostri compagni di pizza saranno impagabili (veramente di solito nessuno se ne accorge, ma è divertente pensare che sia una bella gag).
- un tocco di classe è ordinare un calzone pronunziandolo “cazzone”, immaginando che il cameriere faccia una faccia stupita. Di solito non la fa, probabilmente è abituato ad avere a che fare con gli imbecilli.
- mangiate la pizza in modo buffo. Tagliarla a fette e mangiarla con le posate o le mani di per sé non reca allegria, quindi siate creativi. Potete iniziare con l’ustionarvi col formaggio bollente (meglio, fatelo fare allo zimbello della compagnia). O mangiare prima tutta la crosta e poi andare verso l’interno (tecnica “lo squalo” di Moreno R.). Ancora, potete scartare le croste salvo poi mangiarle per ultime perché avete troppa fame. Infine, assai spassoso è chiedere la pizza con un certo ingrediente per poi scartarlo (visto fare: prende la pizza al salmone e poi scarta amorosamente tutti i pezzettini di salmone).
- al momento del dolce, ridete forte quando il cameriere declamarà a macchinetta i soliti dolci che hanno tutte le pizzerie (“tartufobianco tartufonero tiramisu profiterol meringata pannacotta”). Poi fate la faccia delusa, ma prendete lo stesso qualcosa. Il vostro cameriere ne sarà umiliato.
- il caffè è facoltativo, mentre non potete esimervi dal chiedere un ammazzacaffè. Alla richiesta di quali amari hanno, il cameriere risponderà sbrigativamente “tutti”. Dopo aver provato i vostri preferiti, che non avranno, e aver tentato di ripiegare sui più comuni Averna, Ramazzotti, Jagermeister, Braulio, anch’essi non disponibili, rinunzierete chiedendovi che cacchio di amari hanno e passerete al limoncello. Il divertimento qui è soprattutto del cameriere (che finalmente può vendicarsi), ma è comunque uno spasso vedere la faccia demoniaca che fa quando vi porterà la fetente brodaglia gialla.
- al momento del conto sarete esausti e non tenterete più gag, anche perché c’è poco da ridere quando si paga. Potete però vendicarvi del conto prendendo un biglietto da visita del locale. Il proprietario crederà che vi siete trovati così bene da voler consigliare il locale a tutti gli amici. Lo spasso sta nell’ingannare il pover’uomo.
Ed eccovi fuori, pasciuti e pronti ad una serata in compagnia. Ma guardandovi negli occhi sapete già la verità: il meglio è già passato e nulla potrà essere divertente come una cena in pizzeria…se si applicano le tecniche giuste.
Ancora mondi alternativi, in qualche modo. Mi son sempre chiesto se esiste un modo serio per scoprire veramente tutte le potenzialità nascoste di ognuno di noi (non quindi le supercazzole di "valutazione del potenziale" che usano le aziende) e capire quindi se le scelte di vita che abbiamo fatto sono corrette o meno.
Personalmente, ho provato un po’ di esperienze nella mia breve esistenza, meno di quante avrei volute, più di quante la mia naturale pigrizia avrebbe preteso; so quindi che non avrei mai potuto essere un buon cantante né un bravo oratore, e probabilmente se avessi provato a fare il PR sarei stato una pippa. Sono però certo che avrei potuto fare l’insegnante e me la sarei cavata benino, e forse anche come avvocato o medico non avrei sfigurato completamente.
Ma quello che mi affascina è la faccia nascosta: quello che potrei essere senza sapere se ci sono portato, appunto perché riguarda aree nelle quali non ho assolutamente esperienza né modo di capire se potrei cavarmela. Potrei quindi essere il miglior clarinettista del mondo, o un olimpionico di equitazione (superando il mio disgusto per la puzza dei cavalli, beninteso). Il mondo potrebbe aver perso il più grande compositore di esametri giambici della storia, e Hollywood uno straordinario regista di documentari. O di film porno.
D’altronde, potrei avere talenti nascosti anche per fare del male. Potrei essere un abilissimo torturatore, e chiunque tradirebbe i suoi migliori amici sotto le mie capaci mani. Potrebbe esserci lì fuori una religione assurda che mi aspetta, per la quale potrei rinunciare a tutta la mia vita e rovinare quella di tutti quelli che mi stanno accanto. Oppure l’eccellenza non è nelle mie corde, ma avrei potuto contribuire con semplicità a rendere questo mondo un posto migliore. Magari il Disegno Divino mi riservava un posto come preside di una scuola elementare in cui avrei, con umiltà, aiutato a formare dei bravi cittadini. Se mi fossi dedicato a fare il vinicoltore, nulla esclude che avrei potuto produrre un ottimo vino che avrebbe riscaldato serate tra amici. O, ancora più semplicemente, sarei potuto essere un buon autista di autobus, uno di quelli che aspettano le vecchiette che corrono per fare la spesa e avvertono i passeggeri quando ci sono i controllori (evidentemente sarei stato un bravo autista dal punto di vista dei passeggeri, non dell’azienda!).
O magari niente di tutto questo. Fare il Senior Siebel Consultant è la cosa che so fare meglio, e questo è il migliore dei mondi possibili. Ma, sinceramente, credo di no.
Il suo sguardo guarda lontano poiché egli sa che dopo la cerimonia lo aspettano cibo, birra, amici ed una paletta musicale. Che volere di più?
Auguri di tutto cuore a Renzo "Kotekino" Sala e alla sua deliziosa sposa Mari!
(Un grazie ad Antonello C. per la foto.
E adesso basta roba seria, torniamo a parlare di stronzate!)